Jodie Devos: “Bijoux perdus”

Victor Massé: “Que dis-tu ? Je t’écoute et ne puis…Que ton âme inspire la mienne” (“Galathée”); Giacomo Meyerbeer: “Ombre légère” (“Le pardon de Plöermel”); Ambroise Thomas: “Le voir ainsi ! mon âme en est brisée,” (“Le songe d’une nuit d’été”); Fromental Halévy: “À moi, ma cohorte guerrière!… Approchons, approchons ; voici,… Oui, dansez” (“Jaguarita l’indienne”); Adolphe Adam: “Pour rester en cette demeure” (“Le bijou perdu”); Daniel-François-Esprit Auber: “Plus de rêve qui m’enivre” (“Manon Lescaut”); “Le singulier récit qu’ici je viens d’entendre!” (“La part du Diable”); Giacomo Meyerbeer: “Veille sur eux toujours… Allons donc, plus de tristesse”(“L’étoile du nord”); Ambroise Thomas: “C’est un rêve” (“Le songe d’une nuit d’été”); “Oui, pour ce soir je suis reine des fées!… Je suis Titania la blonde” (“Mignon”); Jodie Devos (soprano), Pierre Bleuse (direttore); Brussels philarmonic, Flemish radio choir. Registrazione: Studio 4, Flagey, Bruxelles. Febbraio 2022. 1 CD Alfa 877
Marie Cabel è un nome oggi praticamente dimenticato eppure nella Parigi della metà del XIX secolo il soprano vallone – era nata a Liegi nel 1827 – era l’indiscussa regina dell’Opéra-Comique, il soprano che più di ogni altro incarnava un certo gusto brillante e virtuosistico che dominava sulle scene parigine alternative al grand-opéra. Legata per vincolo matrimoniale a una famiglia di musicisti – il marito era compositore e maestro di canto, il cognato Edmond era stato il creatore del ruolo di Hylas ne “Les troyens” di Berlioz – arrivò a Parigi nel 1848 trovando subito un proprio spazio sulla scena dell’Opéra-Comique fino al definitivo trionfo nel 1853 con “Le Bijou perdu” composta a sua misura da Adam.
Le testimonianze del tempo ci restituiscono l’immagine di una cantante dalla tecnica prodigiosa, capace di sfoggiare sopracuti con impressionante difficoltà e maestra assoluta nel canto di coloratura ma anche capace – nonostante alcuni detrattori al riguardo – di un canto lirico ed espressivo.
Per circa un ventennio la Cabel ha attirato l’attenzione non solo di entusiasti ammiratori – tra cui Berlioz e Pauline Viardot – ma soprattutto di compositori attratti dalla possibilità di scrivere per lei. Tra questi basti ricordare Meyerbeer che dopo averla voluta nel 1854 per una ripresa di “L’Étoile du nord” nel 1857 compose appositamente per lei la parte di Dinorah in “La pardon de Plöermel” destinato a restare uno dei suoi successi più clamorosi grazie soprattutto a un’aria come “Ombre légère” rimasta come pietra miliare per ogni soprano di coloratura. Appositamente per lei scrisse anche Halévy che nel 1855 le destinò il ruolo insolitamente drammatico della protagonista di “Jaguarita l’indienne”. La collaborazione più stabile e proficua fu però quella con Thomas prima come Elisabeth ne “Songe d’une nuit d’été” e poi soprattutto come Philine in “Mignon” (1866) con l’indimenticabile “Je suis Titania la blonde”.
La sorte però è spesso infida e per la Cabel ai trionfi sono seguiti l’oblio e la miseria, la diva che aveva ai suoi piedi a Parigi si spensa sola e dimenticata il 23 maggio 1885 internata alla Maisons-Laffitte.
A riportare in auge questa figura è ora una giovane connazionale Jodie Devos ennesimo prodotto di una nouvelle vague francofona che sempre capace di sfornare talenti come nessun’altra parte del mondo.Il nuovo CD edito da Alfa in collaborazione con la Fondazione Palazzetto Bru Zane offre una carrellata completa sui ruoli interpretati dalla Cabel con particolare attenzioni su titoli poco o punto conosciuti e con uniche escursioni nel repertorio più noto con le inevitabili arie di Dinorah e Philine. Le arie sono eseguite integralmente con partecipazione del coro dove richiesto secondo il rigoroso taglio filologico delle produzioni della Fondazione.
La Devos è accompagnata in questa carrellata dai connazionali della Brussels Philarmonic e del Vlaams Radiokoor diretti con eleganza e senso dello stile da Pierre Bleuse che fornisce il giusto velluto sonoro su cui la voce della Devos si staglia nitida e cristallina.
La Devos incarna alla perfezione il tipo di vocalità che doveva essere della Cabel. Soprano leggero ma non esangue, dal timbro morbido e carezzevole e sorretta da una tecnica esemplare che le permette di salire con disarmante facilità ai sovracuti di vocalizzaree con sublime leggerezza in tessiture iperuranie.
Il programma presenta tutti i ruoli creati dalla Cabel – oltre a quelli già ricordati Manon Lescaut nell’opera di Auber e Toinon in “Le Bijou perdu” di Adam – e quello che affascina e la scoperta di tante brani qualitativamente così apprezzabili capaci di far desiderare una riscoperta almeno di qualcuno di questi lavori.
Un programma così lungo di arie per soprano leggero può risultare alla lunga un po’ sdolcinato ma il gusto e l’espressività della Devos evitano questo eccesso. Difficile selezionare singoli brani da evidenziare, meglio forse lasciarsi andare al gusto della scoperta e della sorpresa, scartare uno alla volta questi piccoli pacchi regalo e lasciarsi incantare dal contenuto. Qualcosa bisogna però pur dire e allora ecco la coquetterie leggere e brillante di “Pour rester en cette demeure” da “Le bijou perdu” – l’opera cui occhieggia il titolo alla registrazione – oppure le due arie più celebri rese non solo in modo vocalmente esemplare ma con una capacità di renderne lo stile espressivo con delicata maestria. “Ombre légère” ha veramente una leggerezza incorporea mentre “Je suis Titania” trasmette una gioiosa energia semplicemente irresistibile.
Tra gli altri brani ci piace sottolineare l’eleganza di “Que ton âme inspire la mienne” dalla “Galathée” di Masse con il suo canto di radioso lirismo che si affianca all’accompagnamento arcaicizzante dell’arpa. L’aria dei gioielli “Plus de rêve qui m’enivre” dalla “Manon Lescaut” di Auber coglie come nessun’altra opera sullo stesso soggetto il carattere più autentico del ruolo sempre sospeso tra il civettuolo e il malinconico unito a un virtuosismo di impostazione ancora tutta rossiniana di cui la Devos fornisce un’interpretazione perfettamente centrata oltre a esibire la già ricordata sicurezza vocale. La grande scena con coro “À moi, ma cohorte guerrière” da “Jaguarita l’indienne” è un interessante esempio di come si possa adattare una vocalità leggera e di taglio virtuosistico ad un brano di carattere eroico e marziale senza però rinunciare alla delicatezza della tipologia vocale qui unita a misteriosi accordi di sapore esotico. I brani rimanenti meritano tutti un attento ascolto, altri gioielli perduti di quello scrigno meraviglioso e ancora in gran parte inesplorato che è l’opera francese.