Marius Petipa. Del ballet romántico al clásico (Madrid 2020)

Laura Hormigón (ed.), Marius Petipa. Del ballet romántico al clásico, “Publicaciones de la Asociación de Directores de Escena de España” (Serie Debate 29), Madrid 2020, pp. 305. ISBN 978-84-17189-33-4

Nel 2018 si celebrò il bicentenario della nascita del ballerino, maestro e coreografo francese Marius Petipa (1818-1910), di cui tutto il mondo conosce le coreografie che hanno accompagnato e continuano ad accompagnare il repertorio mondiale dei classici della danza: Don Chisciotte (1869), La Bayadère (1877), La bella addormentata nel bosco (1890), Il lago dei cigni (1895), e molte altre. Nei mesi dell’anniversario paesi come Russia, Italia, Inghilterra, Francia e Stati Uniti hanno organizzato diversi eventi per rendere omaggio al personaggio, con mostre, pubblicazioni, conferenze e la ricostruzione dei suoi balletti. Madrid non è stata da meno, pianificando un congresso internazionale di studiosi e professionisti del mondo della danza. L’evento accademico madrileno è stato coordinato da Laura Hormigón, già ballerina professionista, che da molti anni studia la storia del balletto classico, ricostruendo l’attività di singoli teatri o coreografi, ed è autrice di numerose e apprezzate monografie in merito. Dalla raccolta degli interventi del convegno è nato il libro Del ballet romántico al clásico, una miscellanea di testi che documenta, emoziona, ispira il lettore, ma soprattutto trasforma l’immagine convenzionale di Petipa con dinamismo e molteplici prospettive.
Assai nutrito è l’elenco degli studiosi che hanno collaborato alla struttura del volume: Sergey Konaev, esperto di teatro musicale e di balletto (Russia), Bénédicte Jarrasse, docente e studiosa di letteratura (Francia), Boris Illarionov, critico e storico del balletto (Russia), Doug Fullington, storico della danza e musicologo (Stati Uniti), Tatiana Nikitina, traduttrice (Francia), Irina Skulskaya, pianista (Russia), Tiziana Leucci, storica della danza e antropologa (Francia), Idoia Murga Castro, ricercatrice e docente di storia dell’arte (Spagna), Toni Candeloro, ballerino professionista (Italia), Ana Abad Carlés, docente di danza (Spagna), Geraldine Morris, ballerina professionista (Inghilterra), Deborah Kate Norris, ballerina professionista (Inghilterra), Patricia Bonnin-Arias, ricercatrice in comunicazione e pedagogia (Spagna), Rocío Plaza Orellana, storica dello spettacolo (Spagna), Blanca Gómez Cifuentes, storica dell’arte (Spagna), Víctor Sánchez, docente di musicologia (Spagna) e Laura Hormigón, ballerina, dottore di ricerca in musicologia e storica del balletto (Spagna), che è la curatrice del libro.
Il volume è costituito dai contributi di tutti questi autori, di cui si è voluto riportare un’indicazione (anche generale) relativa al campo di studi, per suggerire l’ampiezza degli argomenti e, ancor più, delle prospettive di indagine storica con cui si è fatto il punto sull’arte di Petipa. Il primo pregio del volume è la ricchezza metodologica con cui si presentano l’opera e la fortuna di Petipa, dall’angolazione storica, filologica, stilistica, dei Gender Studies, tecnica (coreografica) e naturalmente biografico-culturale. Tra tutti i capitoli, ci limiteremo a menzionarne due, molto diversi nell’impostazione ma determinanti per comprendere il contesto creativo di Petipa: il primo dei ha carattere eminentemente biografico, l’altro storico-culturale. È la stessa curatrice, Laura Hormigón, a redigere Marius Petipa y sus años en España (pp. 35-71), in cui offre una documentata rassegna storica degli anni in cui il coreografo visse in Spagna (1844-1847), centrandosi tanto sulla sua vita privata come sulla carriera. In effetti, è la ricostruzione delle vicende personali di Petipa a permettere di spiegare sia le ragioni del suo arrivo in ambito iberico (il fallimento del Teatro di Bordeaux, dove lavorava come primo ballerino) sia quelle della sua partenza, che Hormigón dettaglia in modo molto accurato. Va detto che questo contributo costituisce un punto di arrivo nella ricerca sul periodo spagnolo di Petipa, a cui la curatrice aveva già dedicato un’ampia monografia, risalente all’anno del centenario della morte (Marius Petipa en España 1844-1847. Memorias y materiales, Danzarte Ballet S.L., Madrid 2010). E così, il lettore apprende che tra 1844 e 1845 Petipa diventò il ballerino più virtuoso del Teatro del Circo di Madrid, mentre si dedicava allo studio delle danze popolari di varie regioni iberiche (in particolare l’Andalusia) e all’attività di insegnante di danza. Nel 1846, quando era appunto maestro di danza privato presso alcune famiglie aristocratiche della capitale, Petipa si innamorò della sua allieva Carmen Mendoza y Castro, figlia dei Marchesi di Villagarcía. Ovviamente i genitori della fanciulla, che cercavano un buon partito per la figlia, non approvarono la relazione con il ballerino, quindi fecero tutto il possibile per separare la coppia. Come da perfetta tradizione romantica, nel gennaio del 1847 il risultato dell’ostilità familiare fu la fuga dei due giovani, durata circa due mesi e vissuta tra Spagna, Francia e Inghilterra. Il Marchese di Villagarcía denunciò alle autorità dei tre paesi il rapimento della figlia minorenne da parte di un avventuriero francese, cosicché lo scandalo si elevò a questione diplomatica internazionale, che interpellava le forze di polizia, alcuni ministri dei governi spagnolo e francese, fino a giungere alla regina Isabel II. Alla fine Petipa dovette cedere; e, dopo aver riaccompagnato la giovane amante a Madrid, fu costretto ad abbandonare la Spagna e dirigersi verso una terra in cui lo scandalo non rischiasse di danneggiare le sue ambizioni artistiche e professionali; fu per questo che decise di partire per la Russia, terra in cui avrebbe raggiunto la fama di miglior coreografo della sua epoca.
La herencia del Romanticismo y del Orientalismo en el ballet de temática india “La Bayadera” (1877) de Marius Petipa (pp. 143-154) è uno studio di Tiziana Leucci, che ricostruisce la fortuna di un tipo specifico di libretto nel balletto francese. Sin dal XVII secolo, infatti, l’ambientazione indiana iniziò a diventare un motivo ricorrente nel teatro musicale, e il personaggio della danzatrice indiana si trasformò in protagonista di numerosi balletti. Grazie alle cronache e ai diari dei viaggiatori europei in estremo oriente – spiega Leucci – l’interesse per questa tipologia letteraria si amplificò durante il XIX secolo, fino a profilare un personaggio femminile al centro di una tipica vicenda di autosacrificio e superstizione. Non sorprende, pertanto, che anche Petipa scegliesse di creare un balletto di ambientazione esotica, conoscendo bene la predilezione francese per le produzioni di tematica indiana: egli era un attento lettore e si informava costantemente delle tendenze culturali europee. La Bayadère di Petipa celebra il trionfo dell’amore in un contesto religioso opprimente, rendendo omaggio all’orientalismo francese del periodo e giovandosi della cooperazione di altri due artisti straordinari: Léon Minkus per la musica e Sergei Khoudekov per il libretto, su cui egli avrebbe innestato la propria coreografia.
Come questi due, anche tutti gli altri saggi del volume sono di lettura godibilissima per il lettore ispanofono, che ne apprezzerà la chiarezza; ma il libro è indispensabile a qualunque studioso, appassionato e professionista della danza classica, giacché in esso ritroverà le ragioni storiche e culturali che hanno favorito la genialità di Petipa e determinato il consolidamento di un repertorio classico tuttora frequentatissimo.