“Rusalka” al Teatro dell’Opera di Roma

Teatro dell’Opera di Roma – Stagione di Opera e Balletto 2014/2015
“RUSALKA”
Fiaba lirica in tre atti su libretto di Jaroslaw Kvapil
Musica di Antonìn Dvoràk
Rusalka SVETLA VASSILEVA
Principe  MAKSIM ASKENOV
Vodnik, lo Spirito dell’acqua STEVEN HUMES
Jezibaba, la strega LARISSA DIADKOVA
La Principessa Straniera MICHELLE BREEDT
Il Guardiacaccia IGOR GNIDII
Lo Sguattero EVA LIEBAU
Prima ninfa del bosco ANNA GORBACHYOVA
Seconda ninfa del bosco FEDERICA GIANSANTI
Terza ninfa del bosco HANNAH ESTER MINUTILLO
Un cacciatore ANTONELLO CERON
Orchestra, Coro e Corpo di Ballo del Teatro dell’Opera
Direttore Eivind Gullberg Jensen
Maestro del Coro Roberto Gabbiani
Regia Scene e Costumi Denis Krief
Coreografia Denys Ganio
Nuovo allestimento
Roma , 27 novembre 2014

Parafrasando il linguaggio in voga tra i giovani di oggi, in luogo della “ventordicesima” annunciata Aida che si ascolta sempre con gran piacere ma nella quale forse è arduo pensare di proporre percorsi di lettura originali e innovativi, il Teatro dell’Opera di Roma ha felicemente fatto cadere la scelta sulla Rusalka di Dvoràk quale spettacolo di apertura per la nuova stagione, affidandone l’allestimento a Denis Krief nelle vesti di regista, scenografo, costumista e realizzatore delle luci. Il titolo ormai di repertorio nei cartelloni europei ma poco frequentato in Italia, sebbene riproposto due volte nell’ultimo ventennio proprio dal Teatro dell’Opera, è una fiaba in musica che costituisce uno dei capisaldi del teatro musicale ceco. Narra dell’amore di una ninfa dell’acqua per un bellissimo principe e del dramma che la scelta di provare a vivere questo sentimento comporterà per i protagonisti, sulla scia di alcuni celebri testi presenti nella tradizione letteraria europea nei quali in vario modo si raccontano le vicende di undine, melusine e sirenette con particolare riguardo alle relazioni o al contatto di queste con la sfera dell’umano. Lo spettacolo dai costi molto contenuti, come è stato ampiamente sottolineato in numerose interviste ed articoli apparsi in questi giorni, è stato concepito con costumi moderni probabilmente per dare un’idea di atemporalità e universalità del messaggio e con una scena unica. La ricostruzione delle varie ambientazioni è stata via via ottenuta con un sapiente gioco di luci e l’impiego di pochissima attrezzeria stilizzata e dal significato immediatamente e chiaramente comprensibile. L’intero impianto scenico è stato realizzato in una sorta di grande scatola di legno chiaro color ciliegio, nel quale i personaggi entrano ed escono attraverso botole ed aperture laterali e gli elementi scenici appaiono e scompaiono calati o ripresi dall’alto. Bellissime le luci la cui tavolozza cromatica è chiaramente ispirata alla pittura di Klimt e al clima viennese contemporaneo al momento in cui nacque l’opera. Il percorso di lettura di questa bellissima fiaba proposto da Denis Krief è chiaramente incentrato sulla rappresentazione simbolica del passaggio dall’adolescenza all’età adulta e sulla scoperta della sessualità, della presa di coscienza del “se” e delle inquietudini e dei timori ad esse legate. Il pubblico viene condotto attraverso il suo svolgimento con una modalità semplice e lineare ma ricca di rimandi e di spunti di riflessione, senza schiacciare in maniera unidirezionale  la ricchezza del testo e senza che l’ottica di lettura pure così esplicitamente proposta, risulti assoluta o impositiva. Curatissima la recitazione dei cantanti i quali in un contesto così volutamente essenziale erano tutti chiamati ad esprimere praticamente solo con la propria voce e la fisicità quanto in altre occasioni viene rimandato anche alla ricchezza o alla capacità comunicativa di scene e costumi. In linea con questa impostazione è apparsa  la direzione di Eivind Gullberg Jensen, chiara nella concertazione, senza sbavature o autocompiacimenti ma sensibile all’involo melodico e attenta nel sostenere la linea di canto dei solisti, mantenendo sempre alta la tensione emotiva e la continuità del ritmo della narrazione musicale. Molto varie, belle ed evocative le sonorità timbriche ottenute dall’orchestra.
E veniamo ai solisti. Molto brava Svetla Vassileva nel ruolo eponimo che ha interpretato con voce morbida, sonora e ben modulata. Bravo anche il tenore Maksim Askenov dalla voce ampia e con acuti sicuri che ha impersonato il ruolo del principe in modo credibile e sinceramente partecipe. Buono anche il basso Steven Humes sia pure con una presenza scenica forse un po’ meno carismatica degli altri ma con voce ragguardevole per bellezza del timbro e ampiezza in special modo nel registro medio-grave. Eccezionale e molto applaudita la strega impersonata da Larissa Diadkova con autorevolezza vocale, buon gusto interpretativo e ottima e coinvolgente recitazione. Molto bene anche il soprano Michelle Breedt nel ruolo della principessa straniera. Nel complesso tutte assai ben risolte le numerose parti minori, con precisione musicale, appropriatezza e soprattutto con la capacità di restare sempre all’interno del racconto e nella dimensione propria della fiaba. Molto curato al solito il programma di sala, mai come in questa occasione prezioso strumento per penetrare meglio in un mondo che sicuramente ormai iniziamo ad assaporare ma nei confronti del quale forse non abbiamo ancora acquisito una sufficiente consuetudine. Alla fine lunghi e meritati applausi per tutti, ad ulteriore dimostrazione, caso mai se ne sentisse la necessità, del fatto che non serve spendere o far spendere tanti soldi per fare del buon teatro. Lo spettacolo a nostro avviso è apparso molto interessante, piacevole e, anche per le tematiche contenute, adatto ad un pubblico di giovani, rappresentati in questa serata inaugurale anche da un gruppo di studenti di uno storico liceo romano e che ci auguriamo di vedere sempre più assidui e numerosi alle nostre prime. In fondo la fiaba è un genere letterario concepito formalmente dagli adulti per i bambini ma con il quale gli adulti stessi a vari livelli di lettura possono divertirsi, sorridere, commuoversi e, soprattutto, riflettere o far riflettere. Foto C.M. Falsini e Yasuko Kageyama