Teatro Regio di Torino: “Carmen” (cast alternativo)

Teatro Regio di Torino, stagione lirica 2019 /2010
“CARMEN”
Opéra-comique in quattro atti su libretto di Henri Meilhac e Ludovic Halévy, dall’omonima novella di Prosper Mérimée.
Musica di Georges Bizet
Carmen MARTINA BELLI
Don José PETER BERGER
Micaëla GIULIANA GIANFALDONI
Escamillo ANDREI KYMACH
Frasquita SARAH BARATTA
Mercédès ALESSANDRA DELLA CROCE
Il Dancaïre GABRIEL ALEXANDER WERNICK
Il Remendado CRISTIANO OLIVIERI
Moralès COSTANTINO FINUCCI
Zuniga GIANLUCA BREDA
Lillas Pastia ALDO DOVO
Andrès MARCELLO SPINETTA
Una guida GIULIO CAVALLINI
Orchestra e Coro del Teatro Regio
Coro di voci bianche del Teatro Regio e del Conservatorio “G. Verdi”
Direttore Giacomo Sagripanti
Maestro del Coro Andrea Secchi
Maestro del Coro di voci bianche Claudio Fenoglio
Regia Stephen Medcalf
Scene e costumi Jamie Vartan
Coreografia Maxine Braham
Luci Simon Corder riprese da John Bishop
Allestimento Teatro Lirico di Cagliari
Torino, 19 dicembre 2019
Il cast alternativo della produzione di Carmen andata in scena al Teatro Regio di Torino (si veda la recensione al cast principale firmata dal collega Giordano Cavagnino) ha visto come protagonista il mezzosoprano Martina Belli, voce belcantistica raffinata e portamento elegante, figura alquanto distante da ciò che si è soliti immaginare come femme fatale. La sua interpretazione, fondata su un pregevole registro centrale e un espressivo accento drammatico nelle regioni acute, è risaltata negli ultimi due atti e in specie nella scena finale, anche grazie a un accorto lavoro di fraseggio. Nei primi atti la figura di Carmen, per essere delineata nella sua natura di avvincente seduttrice, si gioverebbe di un maggior peso nel registro grave e di uno spettro più ampio di risonanze carnali. La Micaëla di Giuliana Gianfaldoni dispone di uno strumento di dimensione contenuta, ma preciso nelle note acute e incisivo nei passaggi forti, che caratterizza con appropriatezza una ragazza ricca di modestia e al contempo di grande determinazione. Il tenore Peter Berger ha interpretato Don José con qualche difficoltà, a causa di una pronuncia francese imbarazzante e uno strumento povero di armonici, che si traducono in una certa insicurezza; nel corso della recita la resa del personaggio migliora, fino a giungere a risultati discreti nel duetto finale, sia grazie a un maggiore controllo dell’emissione, sia per una più realistica coincidenza tra la vocalità dell’interprete e la condizione interiore lacerata di José. Assai più seducente è risultato il torero Escamillo, affidato al baritono Andrei Kymach, che si propone come figura elegante, più dandy che uomo di corrida, con la nonchalance incarnata dalla sua voce rotonda e carezzevole. Gli altri interpreti, comuni al cast principale, si sono disimpegnati con proprietà di linguaggio nelle dimensioni dei ruoli assegnati, ed egregiamente si sono esibite le compagini del Teatro, in particolare il Coro che, nelle sue varie sezioni, trova in questa partitura un impegno considerevole. Circa le scelte esecutive, si è apprezzata la decisione di riaprire ampie pagine di dialoghi parlati, spesso omessi, che rivelano dettagli drammaturgici solitamente dimenticati ma assai rilevanti al fine di comprendere lo sviluppo della vicenda: valga l’esempio di quando Carmen, attendendo José da Lillas Pastia, lo qualifica come stupido, chiarendo come la sua attrazione per lui non si fondi, fin dal principio, sul rispetto della persona amata, e l’opera di seduzione operata dalla donna sia fondamentalmente da lei vissuta come un gioco. Peccato che non siano state reintegrate la pantomina del I atto e la seconda parte del duetto tra il brigadiere e il torero. I tempi, più lenti del consueto, staccati dal direttore Giacomo Sagripanti, associati alle caratteristiche vocali degli interpreti, hanno dato vita a un’esecuzione dell’opéra-comique composta, misurata, a tratti elegante, ma lontana da quel vitalismo mediterraneo travolgente che sedusse Nietzsche e lo allontanò dal teatro wagneriano.