Teatro Verdi di Padova: “Die Zauberflöte”

Padova, Teatro Verdi, Stagione lirica 2016
“DIE ZAUBERFLÖTE” (Il flauto Magico)
Singspiel in due atti su libretto di Emanuel Schikaneder
Musica di Wolfgang Amadeus Mozart
Sarastro WIHELM SCHWINGHAMMER
Tamino FABRIZIO PAESANO
Pamina EKATERINA SADOVNIKOVA
Regina della notte
CHRISTINA POULITSI                                                                                                      Papagena TEONA DVALI
Papageno JOHN CHEST
Prima dama ALICE CHINAGLIA
Seconda dama CECILIA BAGATIN
Terza dama ALICE MARINI
Monostatos PATRIZIO SAUDELLI                                                                                                                              Oratore PAOLO BATTAGLIA
Primo fanciullo STELLA CAPELLI
Secondo fanciullo FEDERICO FIORIO
Terzo fanciullo MARIA GIOIA
I sacerdote/II armigero CARLO AGOSTINI
I armigero/II sacerdote LUCA FAVARON
Orchestra di Padova e del Veneto
Coro Lirico Veneto
Direttore d’orchestra Giuliano Betta
Maestro del Coro Sergio Balestracci
Regia Federico Bertolani
Scene Giulio Magnetto
Costumi Manuel Pedretti
Padova, 30 ottobre 2016
Piacevole rappresentazione patavina de “Il flauto magico”, con la regia di Federico Bertolani e le scene di Giulio Magnetto. La cornice ha ben poco a che vedere con l’antico Egitto: ci troviamo in quello che sembra essere un vicolo periferico di una grande città, all’ombra di un enorme murales su cui troneggia un’inquietante figura nera e la scritta “Sarastro”. Nel corso della sinfonia iniziale (per la cui esecuzione sono risultati ottimi i tempi scelti da Giuliano Betta) una giovane coppia viene circondata e aggredita da tre loschi figuri, sotto gli occhi di tre donne di vita e di un senzatetto. Mentre la ragazza corre a cercare soccorso, il ragazzo resta sdraiato a terra, dove rimane praticamente per tutta la durata dell’opera. Solo in conclusione di quello che risulta pertanto essere un viaggio mentale del ferito, la coppia si riunirà grazie al provvidenziale intervento di un medico che rianima il ragazzo. Le figure incontrate all’inizio si ripropongono nel corso dell’opera: il senzatetto diventa Papageno, le tre prostitute si trasfigurano nelle tre dame e i tre ragazzini con le bombolette spray saranno i tre fanciulli-guida di Tamino. Ridurre tutto lo Zauberflöte ad una botta in testa può sembrare effettivamente una soluzione di comodo, ma in fin dei conti si rivela un’idea divertente e sbarazzina per dare un taglio meno impegnativo alla quantità infinita di simbologie e allegorie presenti nell’opera, ancora oggi oggetto di discussione da parte di teorici e appassionati di massoneria. Le scenografie risultano altrettanto efficaci e sufficientemente chiare per lo scorrimento della trama. I costumi erano di Manuel Pedretti: certo, le tre dame risultano un po’ troppo stereotipate, il costume arancione di Papageno è tutt’altro che eye-friendly e l’abbigliamento di Astrifiammente si muove rapidamente sulla via della drag-queen: ma siamo in un trip mentale, per cui possiamo accettare (quasi) tutto quello che si svolge nella testa del malcapitato Tamino, interpretato da Fabrizio Paesano.
Il giovane tenore sostituisce più che degnamente l’indisposto Paolo Fanale: nonostante qualche cedimento iniziale, la voce scorre e il timbro leggero risulta gradevole e fresco, ottimo per il ruolo di Tamino. Il volume non è molto, ma si adatta perfettamente alle esigenze del Singspiel. Eccellente la prestazione di Ekaterina Sadovnikova, che si riabilita dopo l’inizio di stagione non proprio positivo nei panni di Giulietta (Capuleti e Montecchi). Nelle vesti di Pamina, la Sadovnikova mostra una grande cura del suono e del fraseggio, risultando senza dubbio l’interprete più espressiva della serata. L’intenso lirismo dell’aria Ach, ich fühl’s, es ist verschwunden è reso con un efficace misto di impeto passionale e grazia che ne fa uno dei momenti meglio riusciti dell’opera. Davvero gradevole l’interpretazione di John Chest, un Papageno divertente ed efficace: la trascinante verve comica del baritono, associata ad un timbro ricco e avvolgente, dona alla sua performance un tocco originale e affascinante. La voce è in splendida forma e il momento dell’incontro con Papagena (una provocante e simpatica Teona Dvali) è irresistibile. L’impervio ruolo della Regina della Notte non sembra creare difficoltà alla brava Christina Poulitsi, che mostra un buon controllo della tessitura, particolarmente nella seconda aria, il temutissimo Der Holle Rache. L’interpretazione poteva essere più sentita, particolarmente a fronte di un volume vocale piuttosto contenuto, ma nel complesso l’artista greca ha stoffa e ancora tempo per arrivare a completa maturazione. Meno convincente Wihelm Schwinghammer nei panni di Sarastro: la voce non sempre ben calibrata, particolarmente nel registro più grave, sembra librarsi con più agilità solo nell’invocazione a Iside, brillando assai meno nei momenti d’assieme. Adeguatamente rozzo e inquietante il Monostatos di Patrizio Saudelli, voce interessante e di timbro ben calibrato. L’oratore era Paolo Battaglia, di cui lodiamo l’ottima dizione. Molto bene Carlo Agostini nel ruolo di I sacerdote / II armigero, efficace Luca Favaron nel ruolo di I armigero / II sacerdote. Le tre dame, ben preparate e di adeguata presenza scenica erano Alice Chinaglia, Cecilia Bagatin e Alice Marini. I tre fanciulli erano Stella Capelli, Federico Fiorio e Maria Gioia, giovani di talento che strappano numerosi applausi al pubblico.  In diverse occasioni siamo costretti a notare scollamenti tra buca e palcoscenico: l’evidente esiguità di prove non inficia comunque quella che è complessivamente una buona performance dell’Orchestra di Padova e del Veneto. Giuliano Betta riesce in ogni caso a tenere le redini della situazione, assecondando le voci – talvolta con fin troppa magnanimità. Meno convincente il Coro Lirico Veneto, preparato dal maestro Sergio Balestracci: le voci non sono sempre omogenee e in acuto tendono a indurirsi, appiattendo drasticamente le sonorità. Grande successo di pubblico per una rappresentazione che dà il giusto slancio alla stagione lirica 2016. Foto Lazio Rinaldi