“Un ballo in maschera” a Santa Cecilia

Roma, Auditorium Parco della Musica, Sala Santa Cecilia, Stagione di Musica Sinfonica dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia 2012-2013
“UN BALLO IN MASCHERA”
Melodramma in tre atti, libretto di Antonio Somma, da Gustave III ou le bal masqué di Eugène Scribe
Musica di Giuseppe Verdi
Riccardo FRANCESCO MELI
Renato DMITRI HVOROSTOVSKY
Amelia LIUDMYLA MONASTYRSKA
Ulrica DOLORA ZAJICK
Oscar LAURA GIORDANO
Silvano MASSIMO SIMEOLI
Samuel e Tom RICCARDO ZANELLATO, CARLO CIGNI
Un giudice CARLO NAPOLETANI
Un servo di Amelia MAURIZIO TREMENTINI
Orchestra, Coro e Voci bianche dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia
Banda Musicale della Polizia di Stato
Direttore Antonio Pappano
Maestro del Coro Ciro Visco
Roma, 10 giugno 2013
Un ballo in maschera “splendidissimo”, per dirla con le parole di Oscar, si è dato in questi giorni all’Auditorium Parco della Musica di Roma per la Stagione dell’Accademia di Santa Cecilia. Il capolavoro di Giuseppe Verdi, presentato nell’ambito delle celebrazioni per il bicentenario della nascita del compositore, rappresenta il fiore all’occhiello della Stagione 2012-2013  che si avvia alla conclusione e, probabilmente, una delle migliori esecuzioni degli ultimi tempi. La perfezione che si è raggiunta in tutte le componenti dello spettacolo è tale che risulta molto difficile trovare qualche imperfezione in tutto l’ensemble. Se si vuole analizzare però gli aspetti ancora più positivi della serata non si può che iniziare a parlare del protagonista, Francesco Meli, il quale ha disegnato un Riccardo magnifico sotto tutti i punti di vista. Un Riccardo di tale livello è difficilmente rintracciabile nel panorama odierno del mondo tenorile. Il suo “Amici miei..soldati” è risuonato squillante di un bronzo che ha riempito la sala; ha proseguito con un “La rivedrà nell’estasi” sognante, intriso di malinconia. Il trapassare dal leggero al melanconico è stato realizzato da Meli in maniera strabiliante. La stretta finale del primo quadro del primo atto “Ogni cura si doni al diletto” è stata risolta con una verve spumeggiante, quindi in “Di’ tu se fedele” del secondo quadro si è fatto più intimo con stupende mezzevoci nella ripresa, e con il temibile “Irati sfidar”, dove Verdi gioca con la vocalità del protagonista facendolo rapidamente scendere sotto il rigo. Poi il ritorno alla leggerezza con un “E’ scherzo od è follia” cesellato in tutte le frasi da un interprete vivissimo, partecipe anche con la gestualità alla creazione di un pezzo da manuale. Vibrante e appassionato nel secondo atto nel duetto d’amore, il capolavoro nel capolavoro Francesco Meli lo ha raggiunto nel terzo atto dove raramente è dato ascoltare un “Forse la soglia attinse” così addolorata, ma di un dolore virile, realizzato con un’emissione squillante che ha letteralmente sconvolto la sala. La successiva aria “Ma se m’è forza perderti” è stata poi eseguita da Meli in maniera stupefacente con una voce che ha invaso la sala progressivamente per poi piegarsi a mezzevoci eteree in uno stupendo “Chiusa la tua memoria nell’intimo del cor”. Grandissimo Francesco Meli anche in altre occasioni, ora  il suo Riccardo diviene uno dei punti di riferimento cui guardare nel futuro come modello interpretativo. L’aver dedicato ampio spazio al protagonista denota la sua “straordinarietà” ma tutti gli altri interpreti sono stati pienamente partecipi alla riuscita di uno spettacolo, che pur in forma di concerto, non ha da invidiare nulla a rappresentazioni in forma scenica, anche per la grande valenza teatrale impressa alla serata dal Maestro Antonio Pappano. Così il soprano ucraino Liudmyla Monastyrska è stata una notevole Amelia: dotata di una voce torrenziale, la sua esecuzione è stata un crescendo. Se nel terzetto del primo atto poteva apparire lievemente monocorde, successivamente nella grande aria del secondo atto “Ecco l’orrido campo…ma dall’arido stelo divulsa”’ la passionalità della cantante è venuta fuori con un’angoscia, grazie al suo timbro dolente ma con una emissione d’acciaio, scolpita a tutto tondo. Stupendo poi come la cantante fondesse il suo timbro più cospicuo con quello più dolce del tenore in un duetto di rara bellezza, così come perfetti sono risultati gli interventi nel prosieguo del secondo atto. Toccante poi l’interpretazione dell’aria “Morrò ma prima in grazia” dove la voce della Monastyrska si è piegata a assottigliamenti lirici molto significativi nel finale della stessa. Grande temperamento drammatico quindi nella scena dell’urna dove, forse i decibel dell’orchestra l’hanno fatta leggermente scolorire in “il feroce decreto mi vuol parte ad un’opra di sangue”.
Del personaggio di Renato, il baritono siberiano Dmitri Hvorostovsky è un interprete acclamato in tutto il mondo e si è percepita la grande padronanza del ruolo, complice anche una particolare fisicità, che lo ha reso molto volitivo sulla scena, prima come devoto consigliere e poi come marito vendicativo. Così se la prima parte dell’opera è stata eseguita quasi tutta a mezza voce, dal momento della scoperta del tradimento della moglie la sua vocalità si è impennata con grande rilievo drammatico, culmine la famosa aria del terzo atto “Eri tu che macchiavi quell’anima”, resa magnificamente. Anche il mezzosoprano americano Dolora Zajick, nonostante la tessitura di Ulrica graviti su zone profonde del pentagramma di pertinenza più contraltile, ha offerto una prova più che valida nella rappresentazione della maga. Bella rivelazione della serata Laura Giordano, nei panni del paggio Oscar, soprano leggero dotato di bel timbro, che ha affrontato il personaggio liberandolo da tutte quelle sgradevoli incrostazioni della tradizione, rendendo con una freschezza giovanile il lato frizzante del ruolo, con agilità perfette sia in “Volta la terrea” nel primo atto, sia nel più cospicuo “Saper vorreste” del terzo atto e partecipando con acuti squillanti a rendere di rara bellezza tutti i concertati in cui era presente. Tutto ciò aggiunto ad una gradevole presenza scenica che, unita  ad una gestualità quasi teatrale, le ha permesso di realizzare vere e proprie controscene, in particolare con il tenore. Anche Samuel e Tom, rispettivamente Riccardo Zanellato e Carlo Cigni, hanno partecipato in modo preciso, con il loro timbro profondo e con una chiara dizione, alla resa complessiva dell’esecuzione. Di buon livello tutti gli interpreti minori, provenienti dalle file del Coro di Santa Cecilia.
La riuscita meravigliosa della serata è stata comunque merito, oltre che degli artisti, della concertazione del Maestro Antonio Pappano, che ancora una volta ci ha regalato un’interpretazione appassionata del  capolavoro verdiano. Già dal preludio del primo atto è apparsa evidente la cifra espressiva del Maestro: lunghe arcate melodiche che hanno invaso la sala con una precisione nell’orchestrazione di rara bellezza. Il continuo trapassare dal comico al tragico, caratteristico della partitura di Un ballo in maschera, è stato reso perfettamente, con momenti di memoria offenbachiana nella stretta del primo quadro del primo atto, subito seguiti dal sinistro, violento attacco del quadro di Ulrica, dove inquietanti sonorità hanno suscitato profonda tensione. Bellissimi in proposito gli accordi misteriosi che precedono l’inizio di “E’ scherzo od è follia”. Quindi il retorico finale del primo atto reso con maestosa simpatia dal Maestro. Magnifica l’introduzione al secondo atto dove la potenza strumentale evocata ha reso prepotentemente l’intimo travaglio di Amelia; bellissimo l’accompagnamento al duetto d’amore “Teco io sto” dove il grandioso, quasi dissonante accordo sul “T’amo” dei due amanti è stato reso con potenza quasi wagneriana. Ottimo anche il nuovo trapasso orchestrale da tragedia a commedia nel finale del secondo atto, realizzato da Pappano con un’ironia veramente particolare. Infine nel terzo atto, summa della commistione tragicomica, il Maestro ha realizzato un nuovo capolavoro: la levità delle bande fuori scena, intimamente connessa con l’Orchestra, ha determinato una sensazione di teatro nel teatro, di grande impatto sonoro, di carattere quasi pittorico, cui fa seguito la violenta fine del dramma, alla quale  Pappano ha donato ancora un ritmo di tragicità veramente sconvolgente. Un vero capolavoro di impressionismo musicale! L’Orchestra dell’Accademia di Santa Cecilia, in uno stato di grazia particolare ha suonato ancora meglio del solito e ha seguito con precisione le indicazioni del Maestro. Ottimo anche il contributo della Banda musicale della Polizia di Stato, collocata in alto a sinistra, che ha partecipato alla perfetta resa delle Danze del terzo atto. Il Coro dell’Accademia di Santa Cecilia, guidato sapientemente dal Maestro Ciro Visco, ha offerto un’ulteriore prova di bravura nella realizzazione dei numerosi interventi in quest’opera che mette duramente a prova tutte le maestranze. Alla fine di questa grandiosa serata il pubblico ha risposto calorosamente, con ovazioni per tutti, in particolare per il Maestro Antonio Pappano e per il tenore Francesco Meli. Foto Riccardo Musacchio & Flavio Ianniello