Teatro alla Scala:”le Spectre de la rose”, “La rose malade”, “Cavalleria rusticana”

Milano, Teatro alla Scala,  Stagione Lirica e di balletto 2013/2014
“LE SPECTRE DE LA ROSE”
Coreografia di Michail Fokin, ripresa da Isabelle Fokine
Musica di Carl Maria Von Weber
Interpreti:  LUSYMAY DI STEFANO, IVAN VASILIEV
Costumi  Léon Bakst
Fondale realizzato da Angelo Sala
Luci  Marco Filibeck
“LA ROSE MALADE”

Balletto di Roland Petit
Supervisione coreografica Luigi Bonino
Musica di Gustav Mahler
Interpreti: MARIA EICHWALD, IGOR YEBRA
Costumi Yves Saint-Laurent
Luci  Jean- Michel Désiré

“CAVALLERIA RUSTICANA”
Melodramma in un atto su libretto di Giovanni Targioni-Tozzetti e Guido Menasci, dal dramma omonimo di Giovanni Verga.
Musica di Pietro Mascagni
Santuzza LIUDMYLA  MONASTRYSKA
Lola VALERIA TORNATORE
Turiddu JORGE DE  LEÓN
Alfio VITALY  BILYY
Lucia ELENA ZILIO
Orchestra e coro del Teatro alla Scala
Direttore Daniel Harding
Maestro del Coro Bruno Casoni
Regia  Mario Martone
Scene Sergio Tramonti
Costumi di Ursula Patzak
Luci Pasquale Mari
Milano, 14 gennaio 2014

Tutti coloro che l’hanno visto, non vedranno mai più sulla scena reale quel volo di Nijinskij dalla finestra accanto al giardino, verso la quale, alzatosi in meno di un battito di ciglia, correva con leggerezza, per poi spiccare il volo come un uccello, sparendo così alto e così lontano che, si immaginava, non sarebbe mai più ripiombato a terra”. Con queste righe nel 1911 Valentine Gross-Hugo descriveva il primo interprete de “Le Spectre de la Rose” ovvero Vaslav Nijinskij che in questo balletto diede prova delle sue eccezionali doti artistiche. Con lo stesso entusiasmo di allora martedi 14 gennaio, abbiamo assistito all’apparizione in scena del ballerino di Vladivostok, Ivan Vasiliev. Il danzatore incanta con la sua straordinaria tecnica il pubblico scaligero. Già alla sua entrata in scena la sala si è abbandonata in uno scrosciante applauso. Ad accompagnarlo nel passo a due di Michail Fokin, su musica di Carl Maria von Weber, la brava Lusymay Di Stefano che sa essere una partner ideale; ballerina dalle aggraziate linee e sempre al servizio della morbidezza del gesto. Il virtuosismo degli interpreti in questa coreografia viene messo sempre a servizio del sentimento e della poesia danzante e Ivan Vasiliev dimostra la sua virilità nella potenza dei salti e i tratti eterei nella curva delicata delle braccia sospese nell’aria: appare realmente come un carnale petalo al vento.
Tutt’altro clima quello de “La Rose Malade”di Roland Petit. Questo balletto è costruito su slanci amorosi e di morte, contrasti di passione e struggimento, due vite che si incontrano in un mondo onirico. Nella scena nuda, due corpi soli, isolati dal resto del mondo, quello della ballerina, in perenne ricerca di sostegno da parte delle braccia del danzatore. Un gioco fragile di frasi quasi preraffaellite, di gesti disperati e di abbandoni colmi di sensualità. “La Rose”, creata nel 1973 per un’ interprete d’eccezione quale Maya Pliseckaja, è un raffinatissimo passo a due dalla morbida grazia. L’impalpabilità è sottolineata anche dalla musica che lo accompagna, il famoso “Adagietto” tratto dalla V di Gustav Mahler: due anni prima Luchino Visconti aveva utilizzato lo stesso brano per un altrettanto decadente capolavoro il film “Morte a Venezia”. Gli interpreti della serata, Maria Eichwald e Igor Yebra, sono generosi interpreti e hanno meritato i ripetuti applausi in proscenio.
La seconda parte della serata prevede la ripresa dell’allestimento di Mario Martone “Cavalleria Rusticana”. Un successo questo che ci sentiamo in buona sostanza di condividere quasi in toto. L’opera di Mascagni è un grande capolavoro. E lo è per la genialità con la quale riesce a conciliare le esigenze drammaturgiche di una partitura che in più di un momento è cupa e tesissima (“Tu qui, Santuzza”) ai più infuocati abbandoni lirici (“Turiddu mi tolse l’onore” e l’addio alla madre di Turiddu), i laceranti strazi dell’anima (“Voi lo sapete, o mamma) agli improvvisi squarci di festa e ironici (“Fior di giaggiolo”, “Viva il vino spumeggiante”). Daniel Harding alla guida dell’orchestra del Teatro alla Scala fornisce un discreta lettura della partitura. Preciso, attento alla ricerca di colori e sfumature nonché alle esigenze del canto, fa brillare l’opera dei suoi molteplici tesori. Semplice ma efficace l’allestimento scenico di Sergio Tramonti che prevede per la scena iniziale un bordello carrellato che attraversa in diagonale il palco. In seguito pochi elementi scenici che indicano interni ed esterni: la piazza e la chiesa sono un “coro di sedie”, mosse e agitate dal coro delle voci. Nel cast vocale spicca la prova di Liudmyla Monastyrska. La voce è bellissima, dal timbro squillante e luminoso. La dizione abbastanza chiara e scandita. Il soprano mette maggior cura nel fraseggio e nelle sfumature tentando spesso, con efficacia la strada della mezzavoce, pur possedendo un volume vocale notevole. Turiddu è Jorge De León, tenore con pasta vocale di spessore e con un registro acuto saldo, anche se all’orecchio a volte risulta forzato ed oscillante. Vitaliy Bilyy interpreta Alfio con voce calda e avvolgente. Nel cast si segnalano ancora la presenza di Elena Zilio (mamma Lucia) e la Lola della bellissima Valeria Tornatore. Da ricordare inoltre i tre bravi attori, Valter Esposito, Elvis Leksani, Costantino Pirolo, nei ruoli del sacerdote e dei due chierichetti. Un grandissimo plauso va agli artisti del coro, preparatissimi e sempre pronti anche dal punto di vista scenico. Foto Brescia & Amisano