Torino, Teatro Regio:”Così fan tutte”

Torino, Teatro Regio, Stagione Lirica 2011/ 2012
“COSÌ FAN TUTTE”
Dramma giocoso in due atti su libretto di Lorenzo Da Ponte
Musica di Wolfgang Amadeus Mozart
Fiordiligi ERIKA GRIMALDI
Dorabella DANIELA PINI
Guglielmo ALESSIO ARDUINI
Ferrando EDGARDO ROCHA
Despina ARIANNA VENDITTELLI
Don Alfonso NATALE DE CAROLIS
Orchestra e Coro del Teatro Regio
Direttore Christopher Franklin
Maestro del coro Claudio Fenoglio
Carlo Caputo (fortepiano), Relja Lukic (violoncello)
Regia Ettore Scola ripresa da Vittorio Borrelli
Scene Luciano Ricceri
Costumi Odette Nicoletti
Luci Andrea Anfossi
Allestimento Teatro Regio
Torino, 11 aprile 2012

Così fan tutte è il titolo più raffinato e filosofico della trilogia italiana di Mozart; non per nulla è anche quello meno popolare. Tutta l’opera, infatti, è costruita su una trama esilissima – due giovani innamorati fanno una scommessa con un filosofo sulla fedeltà delle proprie fidanzate, fingono di partire per la guerra, e, travestiti, riescono a conquistare in poche ore l’uno la ragazza dell’altro – che è pretesto a Mozart e Da Ponte per portare in scena nell’ottica più disincantata possibile i casi della vita, e per scandagliare i sentimenti, le profondità e le debolezze dell’animo umano. Per questa produzione torinese è stato riproposto l’allestimento del 2003, unica regia lirica firmata da Ettore Scola. Capita spesso, quando un grande regista cinematografico decide di cimentarsi nella lirica, che dia vita ad una regia molto tradizionale: e ciò si è puntualmente verificato in questa produzione, dopo la quale Scola decise che il suo lavoro nel teatro d’opera sarebbe rimasto un unicum. Ciò non vuol dire, si badi bene, che la regia non sia gradevole, anzi è gradevolissima proprio nel suo restituire, con la freschezza di cui è capace la più tipica illusione teatrale (inclusi i fondali dipinti con vedute panoramiche della Napoli settecentesca), l’immediatezza di un mondo passato con tutte le caratteristiche che nel nostro immaginario gli attribuiamo.
La seconda compagnia,  presentava, come capita talvolta nelle squadre di calcio di serie B, un accostamento di giovani di belle speranze con vecchie glorie; e, come capita nei club calcistici, le speranze dell’oggi si rivelano sempre più interessanti delle glorie di ieri. Penso in particolare al versante maschile, dove il tenore Edgardo Rocha (Ferrando) ed il baritono Alessio Arduini (Guglielmo) hanno rivelato buona scaltrezza interpretativa, in specie nella capacità di modificare il proprio stile di canto al momento della loro comparsa in vesti albanesi, giustificando il mancato riconoscimento da parte delle fidanzate. Di Arduini ha positivamente impressionato il confronto con i recenti Puritani lombardi, perché ora lo si è finalmente ascoltato in un ruolo tagliato per la sua voce e le sue capacità di fraseggio. Rocha ha tutte le caratteristiche del tenore rossiniano di grazia, che ha potuto pienamente dispiegare nell’aria «Un’aura amorosa» e nel duetto del II atto con Fiordiligi, mostrando la delicatezza del fraseggio e l’espressività della mezza voce; un Ferrando innamorato e fiducioso che è entrato lievemente in crisi al momento di affrontare l’aria del disinganno «Tradito schernito!», nella quale merita di essere perfezionato il trattamento dei momenti più spinti. Al confronto con i due giovani, il basso Natale De Carolis è stato un Don Alfonso un po’ deludente, nel quale il peso dell’età si specchiava troppo nella voce. È forse bene che De Carolis concentri il suo impegno nell’insegnamento, dove a quanto pare non mancano risultati, considerato che la sua allieva Arianna Vendittelli è stata una Despina assai credibile, brillante il giusto senza mai scadere nella caricatura gratuita (a parte l’eccessiva propensione a far entrare uomini in camera propria dalla finestra, ma questo va imputato alla regia e non all’interprete). Resta da dire delle due protagoniste femminili, il soprano Erika Grimaldi (Fiordiligi), ed il mezzosoprano Daniela Pini (Dorabella). Giustamente, il timbro e la pasta delle voci erano sufficientemente diversi da permettere sempre di percepire l’alterità dei due caratteri, tratto fondamentale ma che non viene messo in luce a dovere in tutte le esecuzioni. Il momento di maggior vicinanza spirituale tra le sorelle è il duetto «Prenderò quel brunettino», reso nella sua leggerezza che rispecchia i caratteri superficiali delle giovani. Altrove, più istintiva e volubile, nonostante la voce di mezzosoprano, è Dorabella; più combattuta e meditativa Fiordiligi. La Pini è stata protagonista di un netto miglioramento nel corso della recita, che l’ha portata dalle acidità del I atto ad un equilibratissimo duetto con Guglielmo per concludere con un intelligente uso di sfumature e smorzature che hanno reso vivida «Amore è un ladroncello». La Grimaldi ha mostrato ottime capacità espressive nei recitativi (in particolare la si è apprezzata in quello, parecchio lungo, che precede «Per pietà ben mio», e con lei non è una noiosa introduzione ma lo svolgimento razionale dei sentimenti che torneranno, come emozione, nell’aria), e sicurezza in tutti i registri, anche se merita di essere perfezionato quello più acuto, ancora un po’ ferino. Il direttore Christopher Franklin, al di là del taglio, usuale ma pur sempre contestabile, del duettino «Al fato dan legge» nel I atto, e dell’aria di Ferrando «Ah, lo veggio, quell’anima bella» nel secondo – tagli che non si sa mai se il direttore vuole o concede –, ha alternato momenti di grazia, nei quali ha saputo assecondare i cantanti nel farsi interprete dello spirito della partitura (come il duetto delle sorelle del II atto cui s’accennava poco sopra), a passaggi in cui l’orchestra, ed in specie la sezione degli archi, è risultata un po’ invadente, rischiando di penalizzare l’espressività delle voci che erano costrette a forzare l’emissione. Le foto di Ramella & Giannese si riferiscono alla prima compagnia di questa produzione.