Ursula Farr sings arias

Wolfgang Amadeus Mozart: Giunse alfin il momento (“Le nozze di Figaro”); Carl Maria Von Weber: Einst träumte meiner seel’ge Base (“Der Freischütz”); Albert Lortzing: Es ist um  die Bestimmung (“Die Opernprobe”); Er ist so gut, so brav (“Der Waffenschmied”); Giacomo Puccini: “Sì, mi chiamano Mimì” (“La Bohème”); Nico Dostal: Ich bin verliebt” (“Clivia”); Spiel’ mir das lied von Glück und Treu (“Die Ungarische Hochzeit”); Eduard Künneke: Strahlender Mond (“Der Vetter aus Dingsada”); Franz von Suppé: Einmal möchte ich so verliebt sein (“Die schöne Galathee”);Franz Lehàr: Ich bin eine anstä’dge Frau (“Die lustige witwe”); Mein lippen, die küssen so heiss (“Giuditta”); Rudolf Friml: Indian love call (“Rose Marie”); Ludwig van Beethoven: Oh wär’ich schon mit dir vereint (“Fidelio”).
Bonus Tracks:
Wolfgang Amadeus Mozart: Una donna a quindici anni; In uomini, in soldati (“Così fan tutte”); Giuseppe Verdi: Volta la terrea; Saper vorreste (“Un ballo in maschera”); Giacomo Puccini: O mio babbino caro (“Gianni Schicchi”); Franz von Suppé: Hab’ich nur deine leibe (“Boccaccio”); Friedrich von Flotow: Letzte rose (“Martha”); Robert Stolz: Zwei herzen im dreivierteltakt (“Two hearts in waltz-time”). Ursula Farr (soprano); Wiener Wolksopernorchester, Franz Bauer-Theussl (direttore). Registrazione: Vienna, 1971/1972. T.Time:78.20 1 CD Decca 480 8153
Praticamente sconosciuta almeno al pubblico italiano è il soprano lirico leggero Ursula Farr, autentica soubrette specializzata nel repertorio operettistico ma che qui è chiamata a cimentarsi anche in un più vasto repertorio italiano e tedesco, ai confini del soprano lirico pieno. Accompagnata dall’orchestra della Volksoper di Vienna diretta da Franz Bauer-Theussl – sicuramente brillante ma anche piuttosto superficiale nella resa espressiva. In apertura del programma “Giunse al fin il momento” dalle mozartiane “Le nozze di Figaro” da un quadro perfetto delle caratteristiche della cantante tanto in negativo quanto in positivo. Voce leggera ma timbricamente piacevole e molto musicale che soffre però di una dizione italiana tutt’altro che fluida.  Il gusto poi è cristallizzato in una serie di atteggiamenti vezzosi e manierati mentre sul piano strettamente vocale si nota come la mancanza di peso specifico della voce, con  la discesa al La di “Notturna face” è semplicemente omessa. Despina potrebbe prestarsi meglio di Susanna alle caratteristiche vocali della Farr ma qui è ancora più evidente quella superficialità nella lettura mozartiana che svuota i brani proposti di tutto quel cinismo solo apparentemente leggero che è il loro tratto più autentico e caratterizzante.
Le cose vanno decisamente meglio con i brani tedeschi sia perché non limitata dai limiti di dizione sia perché espressivamente più consoni alle sue corde e se in “Der Freischütz” di Weber la voce è un po’ troppo leggera in quelli di Lortzing (da “Die Opernprobe” e “Der Waffenschmied”) e Flotow (la celeberrima “Letze Rose” da “Martha”) con il loro sapore tutto biedermaier già scivolante per certi aspetti verso l’operetta scivolano in secondo piano le pecche mettendo in evidenza la sicura musicalità e la sorridente leggerezza della lettura della Farr. Caratteristiche queste ultime che vengono a trionfare nei brani prettamente operettistici che sono sicuramente la parte più interessante del programma e quando si arriva alla traccia 6 (“Ich bin verliebt” da “Clivia” di Nico Dostal) il cambio di passo è quanto mai evidente. I complessi della Volksoper rientrano qui nel loro alveo naturale e la voce sorridente, agile e leggera della Farr si dipana con assoluta eleganza sulle note di von Suppé, Künneke, Dostal, Lehár, Stolz facendo sentire pienamente viva quella che fu una delle anime di quel mondo contradditorio e perennemente irrisolto che fu la finis-Austriae fino alla “Rose Marie” di Rudolf Friml in cui l’operetta già scivola nel musical e da cui proviene un brano “Indian Love Call” che con i suoi piacevoli effetti di eco e fra i meglio riusciti dell’intero programma. Tra i rimanenti brani operistici forse i più riusciti sono gli estratti da “Un ballo in maschera” verdiano dove tratteggia un Oscar un po’ lezioso ma giustamente spumeggiante. Alquanto fragili invece la Marzelline del “Fidelio” e ancor più la Mimì puccianiana le cui grandi aperture come “Ma quando vien lo sgelo” mettono decisamente alla corda la voce educata ma troppo leggera della Farr.