Venezia, Teatro Malibran: il Novecento secondo Pizzetti e Sibelius

Venezia, Teatro Malibran, Stagione sinfonica 2016-2017
Orchestra del Teatro La Fenice
Direttore Risto Joost
Pianoforte Alberto Ferro (vincitore del Premio Venezia 2015)
Ildebrando Pizzetti:  Canti della stagione alta per pianoforte e orchestra
Jean Sibelius: Sinfonia n. 5 in mi bemolle maggiore op. 82
Venezia, 7 gennaio 2017
9 ottobre 1912, prima esecuzione assoluta, a Berlino, del Pierrot lunaire di Arnold Schönberg. 29 maggio 1913, prima apparizione, a Parigi, de Le sacre du printemps di Igor Stravinskij.
Due date memorabili, che segnano l’inizio di una nuova fase nella storia della musica, schiudendo nuovi orizzonti al linguaggio  musicale, con le conseguenze a tutti note. Eppure ancora nel 1930 Ildebrando Pizzetti – uno  degli esponenti della cosiddetta Generazione dell’Ottanta, certamente aliena dalle sperimentazioni, che nel frattempo si andavano facendo in Europa – poteva consegnare alle stampe una partitura – I canti della stagione alta – immersa in un’atmosfera serena e pastorale, fondata su un linguaggio diffusamente connotato da un periodare libero da ogni schema preconcetto, legato fondamentalmente all’Ottocento romantico, in cui si coglie, tra l’altro, una felice vena melodica, ancorché riferibile abbastanza spesso ad un impianto di tipo modale; una scelta operata da Pizzetti – come da altri musicisti della sua stessa generazione – per riallacciarsi alla musica antica italiana e svincolarsi dal melodramma – in particolare dalla vituperata Giovane Scuola –, oltre che dall’influenza di Wagner e del wagnerismo.
Con questa composizione – di esecuzione certamente rara – si è aperto il concerto di cui ci occupiamo, a conferma dell’interesse, sotteso alla programmazione della corrente stagione sinfonica del Teatro La Fenice, per il Novecento italiano. E il lavoro pizzettiano si è rivelato per il pubblico una gradevole sorpresa, complice il pianista Alberto Ferro – vincitore, tra gli altri in cui si è imposto, del Premio Venezia 2015 –, validamente supportato dall’orchestra del teatro veneziano, diretta dal maestro Risto Joost. Con nitore, precisione, espressività il giovane solista siciliano ha saputo affrontare la densa scrittura pianistica prevista dall’autore, in un pezzo nel quale la tastiera dialoga spesso alla pari con la compagine orchestrale, che ha la funzione di evocare i suoni, gli echi della natura – la composizione è nata, come si sa, durante un soggiorno estivo sulle Dolomiti – come suggeriscono, tra l’altro, i non rari interventi dei corni, ad intonare, qua e là, tipici – quanto, a dire il vero, un po’ stucchevoli – motivi di caccia. Impeccabile, a questo proposito, la prova offerta dai cornisti dell’orchestra, al pari di quella fatta apprezzare dalle trombe, anch’esse impegnate in significativi interventi, di sapore evocativo, eseguiti in modo altrettanto preciso ed incisivo. Ma tutta l’orchestra si è comportata egregiamente, corrispondendo con profonda comunanza di intenti alla sensibile lettura del solista. Che – festeggiatissimo – ha concesso uno spiritoso bis rossiniano: Petit caprice, in perfetto stile Offenbach.
All’ambiente naturale – il paesaggio nordico nelle diverse stagioni dell’anno, come peraltro suggerisce il titolo apocrifo di “Sinfonia dei cigni”, dal cui volo l’autore sarebbe stato ispirato – si richiama anche la Sinfonia n. 5 di Jean Sibelius, caposcuola della musica nazionale finlandese, un compositore ancora legato al tardo romanticismo ottocentesco, che  non a caso produsse le sue opere più importanti intorno ai primi due decenni del Novecento, senza saper dire più nulla di notevole nel resto della sua vita. Pur mettendo in valore la musica popolare del proprio paese, Sibelius spesso si limita a rievocare in modo allusivo alcune atmosfere legate a quel patrimonio sonoro, ben lontano dall’approccio più rigoroso, in base al quale operarono, a questo riguardo, un Bartók uno Janáček. Composta da Sibelius su commissione del governo finlandese, che  intendeva così celebrare i cinquant’anni dell’insigne musicista, venne eseguita dall’autore stesso l’8 novembre 1915, la data appunto del suo compleanno, dichiarata addirittura festa nazionale. La sinfonia, nella prima versione, era divisa in quattro movimenti, mentre la versione definitiva, che si esegue normalmente, ne ha solo tre, essendo inglobato nel primo movimento lo Scherzo. Esemplare veramente l’interpretazione del maestro estone, al cui gesto chiaro e autorevole, ha corrisposto un’orchestra pienamente all’altezza in tutte le sue sezioni. Ne è risultata un’esecuzione che ha saputo valorizzare i colori ora tenui ora brillanti di questa partitura, fatta di un susseguirsi rapsodico di atmosfere, emotive e ambientali, fino al culmine, rappresentato dall’ultima sezione del terzo tempo, maestosa e fastosa, in cui domina, diversamente dagli altri, un clima di festa individuale e nazionale: la festa di una nazione che coincide con quella di un suo figlio famoso. Sonori festeggiamenti anche da parte del pubblico.