Verona, Arena Opera Festival:”Carmen”

Verona, Arena  Opera Festival 2014
CARMEN”
Opéra-comique in 4 atti, libretto di Henri Meilhac e Ludovic Halévy da Prosper Mérimée
Musica di Georges Bizet  
Carmen EKATERINA SEMENCHUK
Micaëla IRINA LUNGU
Frasquita FRANCESCA MICARELLI
Mercédès CRISTINA MELIS
Don José CARLO VENTRE
Escamillo CARLOS ALVAREZ
Dancaïre FEDERICO LONGHI
Il Remendado PAOLO ANTOGNETTI
Zuniga SEUNG PIL CHOI
Morales FRANCESCO VERNA
Primi Ballerini TERESA STRISCIULLI, AMAYA UGARTECHE, ANTONIO RUSSO
Orchestra, coro, corpo di ballo e tecnici dell’Arena di Verona
Direttore d’orchestra   Henrik Nánási
Maestro del Coro Armando Tasso
Coro di voci bianche A.Li.Ve diretto da Paolo Facincani
Regia e scene   Franco Zeffirelli
Costumi Anna Anni
Coreografia El Camborio ripresa da Lucia Real    
Verona, 22 giugno 2014
Carmen1Da sempre l’uomo ha riconosciuto arte e letteratura salvifiche. A maggior ragione in epoca di globalizzazione e di austerity questo assunto dovrebbe quasi considerarsi un dogma di fede. Eppure si direbbe che un’inverosimile debacle culturale si sia abbattuta proprio su quei Paesi che da sempre hanno vantato un patrimonio ed una storia artistica di mirabile vetustà.  Che l’arte possa essere definita, in ogni sua declinazione e forma espressiva, “colpevole” è forse   evidente in seno a qualche traccia ideologica di cui può rendersi portavoce; ed ogni idealismo, sebbene possa anche solo nascere e rimanere nell’empireo, finisce col tracciare possibili linee divisorie. Tuttavia l’arte è fatta di elementi tratti dal mondo fenomenico, cioè dalla realtà più vicina all’uomo e i mezzi che adopera e i contenuti che propone hanno valenza sensibile, cioè toccano fortemente le corde più intime di ogni individuo e quindi lo spirito di un intero popolo che in essa può identificarsi (non dimentichiamolo, l’arte è frutto dell’uomo stesso, una sorta di insito anelito al meglio, all’assoluto). Esiste dunque un sottile file rouge tra volontà politica ed intenti culturali? E se sì, procede di pari passo o in antitesi?
E’ ciò che ci si domanda assistendo al progressivo appiattimento che non risparmia anche Fondazioni di rinomato prestigio, Carmen 2ridotto in nuce a paradossale elemento di spicco. Se, per citare alcuni classicisti, il passato ci riguarda, come mai nessuno pone più l’accento su quanto di salvaguardabile ci fosse in epoche non poi così lontane e che, forse con la giusta considerazione, ci aiuterebbe a superare l’inaridimento verso il quale pare voler confluire in massa la nuova società (o la nuova identità di un Paese)? Questa premessa di “realismo operistico” nasce come una conseguenza dello spettacolo di Carmen, andato in scena ieri sera all’Arena di Verona.  Dato che i generi di Opéra comique e Drame lyrique in quest’opera perdono di nettezza confluendo in un nuovo realismo nel melodramma, modello e parallelo del Verismo italiano, si può affermare che l’allestimento scenico di Zeffirelli contribuisca ad apportare ancora successo per la cura dei dettagli capaci di porre in rilievo non solo le caratteristiche di color locale ma anche quelle Carmen 3psicologiche su cui si avviluppa l’intera vicenda, utilizzando così la musica in modo creativo ma senza contraddirla. Unica nota dolente, particolarmente evidente in una trasposizione scenica così ricca, è costituita dalle montagne di velo mosse dal vento e da gran parte della gradinata retrostante lasciata vuota e visibile al pubblico. Molto funzionali, invece, gli abbellimenti dei cammei di sontuosa vitalità, come ad esempio la parata dei cavalli, i danzatori e le sfilate dei soldati bambini che trovano la loro piena realizzazione in un grande spazio come quello che può permettere l’Arena. Intelligente e utile ai fini acustici la realizzazione di un rialzo a mezza luna sul palco, una sorta di anfiteatro nell’anfiteatro, che aiuta molto per la produzione sonora. Buona ed uniforme la prova fornita dal coro.
Poco percepibili gli interventi del comprimariato, forse dotato di voci con non molta proiezione (più a fuoco e discreti Carmen 4Dancario, Remendado, Zuniga e Morales – rispettivamente: Federico Longhi, Paolo Antognetti, Seung Pil Choi, Francesco Verna; decisamente sotto tono e a tratti inudibili Frasquita e Mercedes – Francesca Micarelli e Cristina Melis). Per quanto concerne gli interpreti principali, c’è da dire che il mezzosoprano Ekaterina Semenchuk (Carmen) ha mostrato una distinta capacità espressiva che, non del tutto in luce all’inizio, si è dispiegata con maggiore disinvoltura nel terzo e quarto atto confermando una comoda padronanza delle tensioni drammatiche più che di quelle di sensoriale fascinazione.  La performance di Carlo Ventre (Don José) è parsa pressoché piatta con qualche schiacciamento nella voce; tuttavia vi sono stati dei momenti di interesse timbrico molto evidente in alcuni passaggi di registro che hanno garantito una certa caratteristica brumale dei suoni gravi ed una buona proiezione in spazi ampi dei suoni acuti. Escamillo, interpretato da Carlos Alvarez, ha versato l’attenzione sugli Carmen 7aspetti da vero miles gloriosus tipici di questo antagonista un po’ vacuo, esagerando talvolta con la pretesa di mantenere l’ultimo acuto per tutta la durata delle chiuse orchestrali di ogni suo intervento, scelta questa che non ha nulla di espressivo o legittimando musicalmente parlando ma che, ahimè, risponde fondamentalmente ad una soggettiva volontà di esibizionismo. Una scelta interpretativa gargantuesca? Il personaggio di Micaela fu introdotto da Bizet stesso e non era originariamnete presente nel romanzo di Mérimée da cui è liberamente tratto il libretto dell’opera. Essa rappresenta la trasposizione di un bene angelico in contrasto con la carnalità sensuale del personaggio di Carmen. Per questa sua valenza di pathos lirico, le pagine affidate a tale carattere sono pervase da magnetico incanto che non dovrebbe però scadere in unoCarmen11 scialbo patetismo. Il soprano Irina Lungu, molto apprezzata in Italia, effettivamente riesce a dare il meglio di sè nei teatri italiani piuttosto che stranieri. Dotata di una bella cantabilità che a tratti, ma non sempre, si conface per il ruolo di Micaela, tuttavia perde molto nelle intenzioni espressive e propone sempre gli stessi errori soprattutto quando decide di sforzare la sua voce emettendo così suoni flebili, muscolari e con una sorta di velo d’aria che ricorda una specie di terzo suono tartiniano mal riuscito. Al di là di questo, ciò che purtroppo infastidisce maggiormente dell’artista che, va ricordato, mostra sempre capacità e disponibilità professionali di buon livello, è un’assoluta discrepanza tra il cantare e l’espressione di ciò che dice; è tutto molto elegante ma c’è un’imperitura volontà di non respirare assieme al direttore, di non considerare le valenze espressive di ciò che sta cantando, quasi come se non sapesse cosa stia dicendo e il tutto confluisce in un risultato poco efficace e noioso.
Carmen 10Infine direttore e orchestra. Normalmente, nella realizzazione di un’opera, sarebbe opportuno parlare di un “polmone collettivo”; si intende, con questo, che tutti dovrebbero respirare la musica allo stesso modo e insieme. Il risultato globale dovrebbe essere non solo l’intento di operare in un’unica direzione ma anche rendere ciò evidente sulla scena, facendo sentire ai cantanti che possono respirare insieme al testo, condividendo così intenzioni ed idee.  Il Maestro Henrik Nánási ha mostrato una buona capacità tecnica tuttavia fine a se stessa, senza interesse espressivo e con un certo risultato opaco.   Alcune volontà primeggianti dei cantanti hanno inoltre dato un bel da fare a Nánási visto che di condivisione d’intenti non c’è stata parvenza e dunque il direttore ha dovuto di necessità “smanicare” per far sì che l’impianto reggesse e non venisse smontata l’esecuzione. Un merito può essere stato l’aver scelto dei tempi incalzanti in maniera tale che le ricche armonie della partitura confluissero con una certa naturalezza nella mutevolezza ritmica, lasciando all’immaginazione dello spettatore ambiguità e cambiamento non solo dell’espressione musicale ma anche della psicologia e dei sentimenti dei personaggi. Ottimi i soli dei corni. Foto Ennevi per Fondazione Arena