Verona, Arena:”Don Giovanni” inaugura il 90° Festival

Verona, Arena, 90° Festival 2012
“DON GIOVANNI”

Dramma Giocoso in due atti su libretto di Lorenzo da Ponte
Musica di Wolfgang Amadeus Mozart
Don Giovanni ILDEBRANDO D’ARCANGELO
Donna Anna ANNA SAMUIL
Don Ottavio SAIMIR PIRGU
Commendatore PAATA BURCHULADZE
Donna Elvira CARMEN GIANNATTASIO
Leporello BRUNO DE SIMONE
Masetto VINCENZO TAORMINA
Zerlina GERALDINE CHAUVET
Orchestra , Coro, corpo di ballo dell’Arena di Verona
Direttore Daniel Oren
Maestro del Coro Armando Tasso
Regia e scene Franco Zeffirelli
Costumi Maurizio Millenotti
Luci Paolo Mazzon
Coreografie Maria Grazia Garofoli
Nuovo allestimento
Verona, 22 giugno 2012
Un’Arena gremita, fortunatamente in una serata nella quale il caldo torrido ha concesso una tregua, ha fatto da spettacolare cornice alla serata d’apertura del 90° festival lirico veronese, quest’anno all’insegna della novità. Nell’anfiteatro veronese è sbarcato Wolfgang Amadeus Mozart con quell’immenso capolavoro che è il Don Giovanni. Una scelta che ha sicuramente fatto storcere più di un naso e aperto dibattiti e discussioni sulla opportunità o meno di portare un’opera di questo genere nei non certo settecenteschi spazi areniani. A nostro parere il problema non è l’azzardo della scelta ma quello della via scelta per portare l’opera mozartiana in Arena. Già il nome scelto per l’operazione ci fa capire a cosa si è puntato: stupire il pubblico con un impianto visivo di grande impatto. Obiettivo sicuramente raggiunto. Le immagini parlano da sole. Un Don Giovanni  settecentesco nel quale, Franco Zeffirelli, magistralmente coaudiuvato dal costumista Maurizio Millenotti, non ha smentito se stesso: un mastodontico impianto scenico fisso e un’abbondante presenza di figuranti che animano pressochè tutti i due atti dell’opera. Il retro della medaglia di  tanto splendore visivo è però la mancanza di ritmo e tensione teatrale. Le abbondanti 3 ore di musica sono costellate da molti, troppi cambi scena (anche se solo di elementi, addirittura uno prima della scena del breve sestetto finale) che portano oltre che a una costante ma corposa defezione del pubblico, a una ancor più grave mancanza di tensione teatrale.
In questo ha contribuito anche  la concertazione di Daniel Oren. Inutile dire che Mozart, almeno in questa occasione, non appare nelle corde interpretative del maestro israeliano. Le dimensioni dell’orchestra areniana non sono certo “mozartiane” e va lodata la maestria di Oren nel cercare di ottenere un suono di una certa pulizia e il meno pesante possibile. Oren non è stato in grado di galvanizzare i cantanti anzi, il rapporto con le voci è abbastanza alterno e non sempre calibrato. Il limite…anzi i limiti (perchè possiamo anche applicare queste impressioni alla regia) sono l’inerzia, la lentezza nel trattare Mozart e l’incapacità di assicurare una omogeneità interpretativa ai cantanti.
La compagnia di canto è complessivamente valida. Nel ruolo del protagonista Ildebrando d’Arcangelo convince ma non coinvolge completamente.  Ottima la linea di canto, il senso del fraseggio ma, almeno in questo contesto, l’interprete appare poco carismatico. In Leporello, Bruno De Simone, ben conscio di avere un organo vocale ormai sempre più limitato,  sfrutta al massimo le  qualità di fraseggiatore e di attore consumato che lo contraddistinguno, doti che hanno una indubbia presa sul pubblico che gli tributa forse il successo più convinto della serata. In Donna Anna-Don Ottavio troviamo il soprano Anna Samuil e il tenore Saimir Pirgu. La prima canta con una certa eleganza, il fraseggio è però poco incisivo, gli acuti tendenzialmente “fibrosi”, la tecnica poi non di prim’ordine (evidente il  disagio nell’aria del secondo atto). Pirgu è indubbiamente un cantante di grande musicalità e sensibilità. In quanto alla voce non sembra tutta perfettamente a fuoco così come non si capisce esattamente se le sue sono realmente mezzevoci o falsetti.  Nel complesso una prova valida. Carmen Giannattasio ha dato di Donna Elvira un’interpretazione appassionata, anche grazie a un fraseggio sempre incisivo. La voce, tolti gli estremi acuti piuttosto striduli, è ben timbrata e omogenea. La Zerlina di Geraldine Chauvet ha un carattere quasi malinconico. Il suo canto non ha la petulanza o la leziosità dei soprani “soubrette”, ma a volte si avverte una certa mancanza di brio. Vocalmente corretto, ma interpretativamente piuttosto anonimo il Masetto di Vincenzo Taormina. Infine Paata Burchuladze veterano del ruolo del Commendatore (lo aveva anche registrato nel 1986 con la direzione di Von Karajan), ora ha dalla sua solo una non comune potenza d’emissione. Si sono invece accentuati quelli che sono sempre stati i suoi limiti vocali: un timbro intubato, un’emissione dura e ora un suono vistosamente oscillante. Buona la prova dell’orchestra anche se gli archi suonano sempre alquanto flebili. Efficaci gli interventi del Coro diretto da Armando Tasso. Vivo successo di pubblico.
Foto  Ennevi © Arena di Verona