Wayne Marshall interepreta Debussy, Nyman e Ravel

Trieste, Teatro Verdi, Stagione Sinfonica 2012
Concerto diretto da Wayne Marshall
Orchestra  della Fondazione Teatro Lirico “Giuseppe Verdi” di Trieste
Direttore Wayne Marshall
Sassofono Federico Mondelci
Claude Debussy: “Sarabande” (trascrizione per orchestra di M. Ravel da Pour le piano)
Rapsodie per sassofono e orchestra
Michael Nyman: “Where the Bee Dances” concerto per sassofono e orchestra
Maurice Ravel: “Alborada del gracioso” -“Le tombeau de Couperin”
“Boléro”.
Trieste, 28 settembre 2012 

Una grande serata! Il terzo concerto della Stagione Sinfonica è stato veramente fantastico: peccato per chi non c’era! Anche se, basandosi solo sulla vista, il teatro era bello pieno, quindi tante persone devono esserselo goduto come me. Il programma era veramente appetitoso visto che era basato su opere poco frequentate nelle stagioni sinfoniche del lirico triestino.  La serata del 28 settembre 2012 alla quale ho assistito, si apriva con due brani di Claude Debussy.
Il primo “Sarabande”, una sorta di danza lenta nonchè secondo movimento della suite “Pour le piano”, serve all’Orchestra triestina per entare nello spirito di quel Novecento, quasi contemporaneo, che spesso popola i concerti della sua stagione Sinfonica e meno di quella Lirica. A parte qualche imprecisione iniziale nei fiati, forse bisognosi di maggior riscaldamento, il risultato è molto buono. Nel corso di tutto il concerto ho avuto l’impressione che questo periodo musicale piaccia molti ai Professori dell’Orchestra sia per l’impegno profuso in pagine che tecnicamente parlando ci sembrano piuttosto impegnative, che per il risultato eccellente di un suono nuovo, potente, asciutto ma ricco di emozioni.
Nel secondo brano in programma dell’autore francese, di cui ricorre il 150 anniversario della nascita, appare sul palco il solista Federico Mondelci che interpreta la versione orchestrale scritta da Roger Ducasse nel 1919, anno della morte del compositore. Partitura su commissione per uno strumento poco frequentato da Debussy, venne eseguita postuma e oggi magistralmente presentata da Mondelci. Sembra strano, in effetti, veder apparire un sassofono su un palcoscenico così tradizionale, ma è fantastico lasciarsi rapire dalla bellezza della musica e dall’abilità del solista.
Il meglio deve ancora venire con “Where the Bee dances ” per sax soprano e orchestra composto da Michael Nyman, contemporaneo inglese, noto alle grandi platee per essere l’autore di tante colonne sonore di successo planetario. Si dimostra autore degnissimo di una stagione sinfonica seppur autore di un minimalismo musicale (da molti definito “ossessivismo” in senso spregiativo per la particolare ripetizione dei temi) raramente frequentato dalle grandi orchestre sinfonica. Il complesso triestino sfodera gli strumenti per lanciarsi nell’esecuzione di quello che sembra una sorta di moderno “Bolero” di Ravel che, forse non a caso, concluderà la serata.
Il volume e la quantità di suono che esce dagli strumenti è di tale potenza che un’anziana spettatrice da un palco si lascia scappare involontariamente un “Mamma mia” proprio sull’eco dell’ultima nota, che ho voluto leggere come risultato di un piacevole stordimento e non di fastidio. Su tutta l’orchestra svetta e si stacca la voce del sax alto di Mondelci che anche in questo caso riceve meritatamente un coro di “Bravo” dalla sala anche a ringraziamento per l’energia a rischio della giugulare e l’altissima qualità della sua interpretazione. Alle richieste di “Bis” risponde con la trascrizione per sassofono di “Sirynx” sempre di Debussy, per il quale riceve un’ennesima orda di applausi.
La seconda parte del concerto è dedicata a Ravel e si apre con la piacevole e divertente “Alborada del gracioso” ricca di rimandi spagnoleggianti, molto ben eseguita dall’Orchestra, guidata dall’eccellente maestro Wayne Marshall per il secondo concerto consecutivo. Tanto l’avevo visto composto e diligente nella direzione del precedente concerto Beethoveniano, quanto invece l’ho visto coinvolto e travolto in questa serata: bravo! Meno accattivante “Le tombeau de Couperin” che risente probabilmente della cupezza storica del periodo (in piena Prima guerra mondiale, in cui è stata composta e delle dediche di ogni singolo movimento ad alcuni cari amici di Ravel, scomparsi nell’evento bellico. Chiude il “Bolero”, una pagina che non ha bisogno di alcuna presentazione e che l’Orchestra triestina interpreta magistralmente. Il Direttore chiede ai singoli strumentisti di alzarsi ogni volta che è il proprio momento di proporre uno dei due tempi principali che compone il brano e, man mano che il crescendo sale, si alzano in piedi anche le singole sessioni dell’orchestra in un crescendo che non lascia indifferente l’intero teatro. Il Direttore disattende le numerose richieste di “Bis”, ma lascia il tempo al pubblico in vero delirio, di decongestionarsi dopo l’ascolto di un brano così potente che si conferma composizione attualissima e immortale, in grado di suscitare sempre grandi emozioni e di eccitare gli animi e i corpi.