Napoli, Teatro di San Carlo, “Don Chisciotte”

Napoli, Teatro di San Carlo, Stagione di balletto 2012-2013
DON CHISCIOTTE” 
Balletto in tre atti ispirato all’omonimo romanzo di Miguel de Cervantes
Coreografia e libretto Marius Petipa e Ludwig Minkus,  rielaborata da Aleksej Fadeeĉev
Musica Ludwig Minkus  
Kitri SVETLANA ZAKHAROVA, KINARA ALIZADE 

Basilio MIKHAIL LOBUKH, ALESSANDRO MACARIO
Don Chisciotte FRANCESCO IMPERATORE
Sancho Panza STEFANO ANGELINI
Gamache GIANLUCA NUNZIATA
Lucia, ballerina di stradaALESSANDRA VERNOETTI
Espada EDMONDO TUCCI,  ERTRUGEL GJONI
Mercedes ELISABETTA MAGLIULO
Primi Ballerini, Solisti e Corpo di ballo del Teatro di San Carlo
Allievi della scuola di Ballo diretta da Anna Razzi

Orchestra Giovanile Luigi Cherubini
Direttore Aleksej Baklan
Scene Viaĉeslav Okunev
Luci Amiran Ananeli

Allestimento del Teatro dell’Opera di Stato della Georgia
Napoli, 21 e 23 marzo 2013
Straordinario successo al Teatro di San Carlo per il ritorno del grande repertorio classico. Dopo ben venticinque anni, il Don Chisciotte di Minkus-Petipa torna a far splendere la Danza al Massimo napoletano con l’allestimento del Teatro dell’Opera di Stato della Georgia, per la coreografia di Aleksei Fadeeĉev (figlio del famoso ballerino del Teatro Bol’ŝoj di Mosca Nikolaj Fadeeĉev, nonché Direttore artistico del Balletto del medesimo Teatro nel biennio 1998-2000).
Balletto creato nel 1869 da Marius Petipa in stretta collaborazione con Ludwig Minkus (la coreografia fu poi rivisitata da Alexander Gorsky nel 1900), come scrive Leonardo V. Di Staso «Il Don Quijote rappresenta per Petipa il risultato della maturata collaborazione con Minkus, iniziata nel 1846 con Paquita a Parigi, e il segno tangibile di come la Russia era oramai diventata la patria dell’arte del movimento dei corpi e del gesto simbolico del suono … Il Don Quijote si inscrive … nello sviluppo e nella canonizzazione della danza moderna al cui centro troviamo il Teatro Mariinskij che, insieme al Bol’ŝoj, si erge a tempio e palestra di tale arte…». La rinascenza russa del balletto trova conferma nella scelta letteraria delle trame, tra cui il romanzo di Cervantes al quale Don Chisciotte si rifà, anche se ben poco rimane dell’originale. Nel balletto il vecchio cavaliere è circondato dalla modesta realtà della figlia di un oste, promessa in matrimonio dal padre a un ricco quanto sciocco marchese, e di un barbiere povero ma bello, che in un’atmosfera festante e talvolta grottesca riescono a superare gli ostacoli frapposti alla loro unione. Don Chisciotte, eroe triste ed emblema dell’amore per l’impossibile, scambiando Kitri per Dulcinea è il solo palese richiamo al romanzo di Cervantes, dal momento che nell’economia del balletto la ben più semplice storia d’amore fra Kitri e Basilio eleva i due popolani a personaggi principali, ridimensionando quasi totalmente il significato del folle cavaliere e la valenza delle sue gesta.
Un allestimento così ben riuscito non si vedeva a Napoli da un decennio (ossia dal Romeo e Giulietta di MacMillan), con un corpo di ballo in buona parte composto da giovani che hanno dato il meglio di sé sotto la sapiente direzione di grandi Maestri dell’Est, regalando a noi, spettatori occidentali abituati a godere raramente di una tradizione della danza così pura, momenti di vera estasi. Un cast da urlo – nel vero senso della parola, vista l’enfasi del pubblico – con la zarina della danza mondiale Svetlana Zakharova nel ruolo di Kitri, che ha mandato il giovane pubblico in visibilio fin dalla sua prima entrata in scena. Una lezione di tecnica estrema, senza dubbio la più perfetta del panorama internazionale, una padronanza e una sicurezza quasi sovraumane in cui le “posizioni” sono portate così all’estremo da adombrare la stessa eleganza di cui Zakharova è il ritratto perfetto. Gli infiniti developpes che necessitano di una velocità superiore a quella richiesta dalla musica rompono talvolta la magia del momento, se si vuole ricordare che l’arte della danza non risiede nei gradi di “apertura” di una posizione. Sarebbe questo l’unico neo della splendida e incredibile creatura (neo di cui si accorgono gli addetti ai lavori più esperti, non certo i giovanissimi che stanno lì ad aspettare proprio questo!), che ha dimostrato al pubblico napoletano la sua generosità esibendosi eccezionalmente nella prova d’assieme del 21 marzo, al fine di devolvere il ricavato alla ricostruzione di Città della Scienza. Nel corso di questa prova sono state rimosse per lo più le parti di carattere, ma i due protagonisti non si sono risparmiati e hanno brillato nei principali Pas de deux e variazioni tecniche. Partner della bella Svetlana è stato il primo ballerino del Teatro Bol’ŝoj di Mosca Mikhail Lobukhin, un Basilio di grande tecnica e presenza scenica, che con la sua virile interpretazione e la sua forza comunicativa ci ha proiettati in una dimensione ballettistica di altissimo livello. Virtuosismi ricercati e potenza tipica della grande scuola russa hanno lasciato il pubblico senza fiato.
Altrettanto successo per i protagonisti del secondo cast, ovvero la giovane solista del Teatro Bol’ŝoj Kinara Alizade e il “padrone di casa”, il Primo ballerino ospite Alessandro Macario, in uno dei ruoli che sembra prediligere e che ben si addice alla sua tecnica precisa e limpida, dalle pirouettes perfette e dagli agili tours aerei. Potrebbe, in vero, osare di più il nostro Alessandro, per staccarsi idealmente dalla routine del Teatro di casa e proiettarsi in una dimensione internazionale, non solo per un restyling delle consuete variazioni, ma ancor più dal punto di vista interpretativo. Inizialmente un po’ tesa (e non è semplice debuttare in un grande Teatro immediatamente dopo l’esibizione di un mostro sacro come Zakharova), Kinara Alizade ha saputo convincere con un’interpretazione brillante e una tecnica superba. Indubbiamente più adatta al ruolo di carattere, rispetto all’aristocratica regina della danza mondiale, la Alizade ha dato bella prova di sé soprattutto nelle variazioni virtuosistiche, eseguite in maniera impeccabile e con grande temperamento. Entrambe le coppie hanno eseguito magnificamente il famoso Grand pas de deux finale, tra i più famosi del repertorio classico per le difficoltà tecniche notevolissime, tanto da essere quasi sempre rappresentato a conclusione di più importanti gala internazionali.
La novità più gradevole, tuttavia, per noi napoletani è stato vedere un corpo di ballo nutrito di giovani provenienti dalla Scuola del Teatro di San Carlo, con la vecchia guardia decisamente ridotta o utilizzata nei ruoli di pantomima. E c’è da dire che i napoletani sono i mimi migliori al mondo: Gianluca Nunziata è stato un Gamache dalla gestualità naturalmente divertente (cosa difficile da ritrovare altrove, poiché questi ruoli sono sempre costruiti con gesti di maniera o affidati a danzatori troppo anziani), così come il Sancho Panza di Stefano Angelini o il Don Chisciotte allampanato e malinconicamente sognante di Francesco Imperatore. I giovani del corpo di ballo, nelle danze di carattere ma anche nel quadro del “Sogno” (dalla linea coreografia particolarmente suggestiva, in quanto costruito su ordinatissime asimmetrie), hanno saputo cogliere la sfida del “nuovo” sotto la guida di sapienti Maestri.
Decisamente poco convincenti la ballerina di strada Lucia, interpretata da Alessandra Veronetti, che appare sempre molto tesa in scena, e l’amorino interpretato da Margherita Provenzano. Di notevole interesse nella veste del torero Espada, sono stati invece Edmondo Tucci (in verità anche lui molto teso nella prova d’assieme aperta al pubblico), che ha conferito un tocco di “stile contemporaneo” al soggetto che non ci è dispiaciuto affatto, e il giovane Ertugrel Gjoni. Le insidie di un palcoscenico particolarmente scivoloso non hanno messo in ombra il lavoro diverso e pregevole di questo allestimento, incorniciato dalle splendide scene di Viaĉeslav Okunev e dai bellissimi costumi, nonché sorretto dall’ottima esecuzione della partitura di Minkus da parte dell’orchestra giovanile “Luigi Cherubini”, diretta con energia dal Maestro Aleksej Baklan.
Dopo tanto splendore, lascia un alquanto perplessi la brevità del servizio dedicato dal TG regionale al successo della prima recita, mandato in onda peraltro solo dopo un lungo e “nutrito” servizio sul “carciofo di Castellammare”, esordendo – tra l’altro – con una infelicissima similitudine calcistica. Ma così va il mondo evidentemente. Il carciofo precede Svetlana. E se è vero che in ognuno di noi c’è un piccolo Don Chisciotte, ci auguriamo di cuore che tutta la bellezza di questo spettacolo possa durare nel tempo inaugurando una nuova era della danza sancarliana e che tutto questo non sia un sogno bugiardo o una vana lotta contro mulini a vento.