Ravello Festival 2014: Ailey II The Next Generation of Dance

Ravello Festival 2014, Belvedere di Villa Rufolo
“Virtues”
Coreografia Amy Hall Garner  
Musica Karl Jekins
Costumi George Hudacko
Luci Al Crawford
“Splendid isolation II. The calling”
Coreografia Jessica Lang
Musica Trio Mediaeval
Costumi Elena Comendador ideati da Jessica Lang
Luci Al Crawford
“The Hunt”
Coreografia Robert Battle
Musica Les Tambours Du Bronx
Costumi MIA Mcswain
Luci Burke Wilmore
“Revelations”
Coreografia Alvin Ailey
Musica tradizionale
Scene e costumi Ves Harper
Costumi per Rocka My Soul ridisegnati da Barbra Forbes
Luci Nicola Cernovitch
Ravello, 5 agosto 2014

Il Belvedere di Villa Rufolo ospita la prima tappa italiana della Ailey II. Il secondo appuntamento dedicato alla danza del Ravello Festival (ricordiamo la serata dei neo-diplomati del Teatro alla Scala di Milano lo scorso luglio e l’attesissimo arrivo dei Ballets Trockadero di Montecarlo il prossimo 22 agosto) si è concluso all’insegna del successo: un foltissimo pubblico ‒ in gran parte costituito dai turisti stranieri che affollano Ravello e la splendida Costiera amalfitana in questo periodo – ha applaudito con entusiasmo i danzatori della Compagnia, che hanno confermato quanto ci si aspettava dal nome che portano nel mondo, quello del grande coreografo Alvin Ailey e del suo stile senza tempo. Sotto la direzione artistica di Troy Powell, la Ailey II ha portato in scena a Ravello quattro momenti coreografici.
Virtues (2012) di Amy Hall Garmer, su musica di Karl Jenkins, ha aperto la serata proponendo un mix di danza moderna e jazz ed è stato, forse, il momento meno efficace.
Splendid isolation II(2006) di Jessica Lang, un adattamento dello Splendid Isolation per questa compagnia sulla musica corale O Maria, Stella Maris del Trio Mediaeval, ha dato luogo a un’atmosfera suggestiva e sacrale. Molto bello l’effetto della danzatrice sola al centro del palco, vestita di un’ampia gonna bianca come un essere a metà strada fra la terra e il cielo (o fra la terra e il mare), i cui movimenti delle braccia e del busto parlavano quella lingua dell’anima a molti sconosciuta.
The Hunt(2001) di Robert Battle ha scosso il pubblico per la forza degli interpreti, sei uomini di grande dinamismo e potenza muscolare. Incentrata sulla rivelazione del lato predatore della natura maschile, quella del cacciatore primitivo, sul ritmo ossessivo delle percussioni di Les Tambours du Bronx i danzatori hanno dato bella mostra delle proprie qualità, dall’iniziale richiamo ai rituali degli sciamani fino all’evocazione dell’atletismo maschile attraverso la corsa, lo sport e le lotte fra guerrieri arcaici.
Ultimo immancabile brano è stato Revelations, la più famosa coreografia di Alvin Ailey (1960). Su musiche tradizionali, dagli spirituals ai canti religiosi, dal gospel ai blues afroamericani, questa creazione immortale fa scorrere davanti agli occhi dello spettatore le immagini di ciò che Ailey riteneva uno dei più grandi testori d’America, ossia il patrimonio culturale afroamericano «a volte doloroso, a volte gioioso, ma sempre pieno di speranza». E di questo noi, oggi, non possiamo che rendere grazie a un grande innovatore della danza e del sentimento di una parte fondamentale della cultura americana: un passato doloroso e un riscatto totale che si porta ancora addosso l’amarezza di quei secoli oscuri. La preghiera, da corale qual è nell’incipit, diventa più intima nel Passo a due, in cui l’invocazione del canto “Jesus fixed” insiste sottolineando la sfera del dolore dell’uomo e della donna che insieme cercano amorevolmente di superarlo. Lo splendido assolo successivo è l’ultimo momento di sofferenza, perché l’esplosione del bianco e dei ritmi tradizionali afro e la danza di Rocka My Soul conclusiva (applauditissima con innegabile “bis” da parte della compagnia) sbattono in faccia, sia pure in maniera garbata, all’uomo europeo quale sia la forza e quali siano le grandi qualità di un popolo che la schiavitù ha soffocato, nell’esibizione di un talento musicale e coreutico in cui l’ineguagliabile ritmo corporeo del “black” rende questa compagnia unica nel suo genere. La fedele riproposizione nei particolari più profondi di Revelations mostra il rispetto per la validità messaggio immortale che Ailey ha lasciato a noi attraverso la sua coreografia.
Ancora una volta una scelta di qualità per il Ravello Festival, una delle poche realtà campane che offrono spazio alla danza. Quella di livello. Foto Pino Izzo