Lienz Chang e il San Carlo di Napoli

Se l’intervista è un genere monotono, cristallizzato nella domanda e nella risposta, ‒ a volte entrambe scontate ‒ quella con Lienz Chang, da pochi mesi Maître del Ballet al San Carlo di Napoli, è tutt’altro. Puntuale, sorridente e disponibile, Chang è un vero gentleman (non solo della danza, come lo definì il grande Roland Petit) e cortese interlocutore. Il nostro incontro rompe gli schemi dell’interrogazione prestabilita e, davanti all’immancabile caffè napoletano, non si scrive e non si registra, ma si chiacchiera come se ci conoscessimo da tempo.
Personaggio dal brillante e nutrito curriculum, Lienz Chang porta a Napoli un bagaglio di esperienze invidiabile, che in pochissimi mesi ha già dato i suoi frutti ben visibili sulla qualità di lavoro del Corpo di ballo. Primo ballerino Ballet National de Cuba dal 1992, Étoile, assistente di Roland Petit e tanto altro. Già parte della Compagnia di Alicia Alonso (dal 1986) e suo partner, ha danzato tutti i ruoli principali del repertorio classico al fianco dei nomi più importanti della danza internazionale, facendo sfoggio di una tecnica brillante. Si è esibito nei più grandi teatri e nei principali Festival del mondo. La sua carriera si lega, oltre al nome della grandissima Alicia Alonso, a quella di una altro “gigante” della danza del Novecento, Roland Petit, che nel 1998 crea per lui il ruolo dell’Uomo nero ne Le Lac des Cygnes et Ses Málèfices valso a Chang il più alto riconoscimento della critica in Francia, Italia, Germania, Spagna. Dal 2010 ha ricoperto il ruolo di Mâitre e Professore al Teatro alla Scala di Milano e da qui è volato a Napoli, dove aveva già avuto modo di lavorare nel 2012 per l’allestimento de Il Pipistrello dello stesso Petit. La sua figura acquista un peso particolare al San Carlo, in quanto la prolungata mancanza di un Direttore del Ballo concentra sul Maître un carico di lavoro e di responsabilità che va al di là del suo ruolo tradizionale. Abbiamo scelto di impostare questa intervista sulla sua funzione all’interno del Massimo napoletano.
Ha fatto il giro del mondo come danzatore, come Maestro e organizzatore di gala. Come ha accolto la proposta di venire a Napoli, visti i molti problemi che si stanno pian piano superando? Quale voglia di contribuire alla rinascita della danza napoletana?
Sono stato molto felice di poter iniziare a lavorare a Napoli, una città bellissima. Peraltro la proposta mi è arrivata in un momento particolarmente favorevole, perché avevo appena terminato il mio contratto alla Scala, dove seguivo i solisti. Ho subito riscontrato una grande positività nella risposta dl Corpo di Ballo e, anche se c’è ancora da migliorare, sono contento. Ma non bisogna mai sentirsi soddisfatti di quello che si ha e puntare sempre al meglio.
Il suo lavoro si percepisce nella visione dei un organico più in forma del solito. Per la maggior parte ragazzi giovani che si trovano davanti Lei e la sua esperienza. Su cosa è dovuto intervenire?
Ci sono molti giovani adesso in Compagnia e ci tengo molto a incoraggiarli e a farli uscire dall’ambiente “di casa”. Ho voluto nello Schiaccianoci di gennaio Luisa Ieluzzi e Alessandro Staiano e sono pienamente convinto che la Compagnia debba uscire il più possibile. Saremo infatti ospiti del Ravello Festival quest’estate col Mozart Requiem di Boris Eifman (già un successo della scorsa stagione, Ndr)e abbiamo in programma una tournée in Spagna. Oltre all’intervento dei giovani solisti in importanti gala internazionali.
Milano e Napoli: due Italie a confronto per una critica costruttiva che sproni a migliorare.
Qui a Napoli forse si è un po’ troppo abituati a risolvere molte cose con un “va be’…” generale. Io penso solo al lato artistico e devo fare le mie scelte solo in questo senso, creando a volte malcontenti e difficoltà. Ma queste sono cose superabili, se c’è la volontà di farlo.
Quanto influisce la mancanza di un Direttore del ballo sul suo lavoro, anche se Lei è anche un capacissimo organizzatore di eventi?
Indubbiamente c’è molto più lavoro. Per Schiaccianoci ho avuto l’aiuto delle due prime ballerine Roberta De Intinis e Alessandra Veronetti come assistenti alla coreografia, ma le responsabilità aumentano. Intanto penso sempre a come proiettarci all’esterno e ad arricchirci di nuove esperienze per un confronto che si mostri produttivo. Senza una sana competizione non si può avere il salto di qualità.
L’esiguità del corpo di ballo (rispetto a un organico come quello della Scala) porta a interpretare più ruoli nella stessa recita. Questo quanto incide sulla qualità di studio del personaggio? Passare da solista a corpo di ballo e poi tornare a essere un solista: perché non investire sulla danza nella città del balletto?
L’organico, che è già stato ampliato, prevede un ulteriore ampliamento a breve. Il problema principale, a mio avviso, è la mancanza di una categoria intermedia nella gerarchia del corpo di ballo, ossia quella del “primo solista” che non vada impegnato nel corpo di ballo. Altrimenti il rischio evidente è quello di sovraccaricare chi dovrebbe concentrarsi solo sullo studio di ruoli più complicati dal punto di vista tecnico e interpretativo. Se c’è qualità il pubblico accorre. La buona danza ripaga sempre e l’investimento migliore per un Teatro è puntare sulla qualità.
Progetti futuri?
Vedremo… Sicuramente l’apertura della Compagnia a nuove esperienze internazionali e la valorizzazione dei giovani e più capaci talenti. Ma solo per merito artistico.
Sulla buona strada, insomma, al San Carlo di Napoli. E noi attendiamo solo di poter ammirare “la creatura” plasmata dalla sapiente mano di Lienz Chang.