“American Dream” di Karole Armitage al Ravello Festival

Ravello, Belvedere di Villa Rufolo, Ravello Festival 2016
“AMERICAN DREAM”
Regia Karole Armitage
Solisti e primi ballerini delle Compagnie Ailey II, Armitage Gone! Dance,
Haskell Indian Nations University, New York City Ballet,
Richard Move Martha@Ravello, Semperoper Dresden,
Accademia Nazionale di Danza di Roma.
Ravello, 6 agosto 2016.

AMERICAN DREAM (4)Tutto esaurito per American Dream di Karole Armitage al Belvedere di Villa Rufolo, per il Ravello Festival 2016. Il programma ha portato in scena i solisti e i primi ballerini delle Compagnie Ailey II, Armitage Gone! Dance, Haskell Indian Nations University, New York City Ballet, Richard Move Martha@Ravello9, Semperoper Dresden e l’Accademia Nazionale di Danza di Roma, nel Progetto esclusivo Commissione Ravello Festival/Amirtage Gone! Dance ITRALIA/USA. La realizzazione di una carrellata di storia della danza americana ha preso corpo dal tradizionale assolo Prairie Chicken Dance interpretato da Calvin Smith, per arrivare alle coreografie della “monella punk” Amirtage, passando per Balanchine, Ailey e Forsythe. Il risultato non è apparso integralmente all’altezza dell’idea di partenza (in vero, molto interessante) per la qualità degli interpreti e di alcune scelte coreografiche, in particolare proprio quelle della regista Karole Armitage e di colui che avrebbe dovuto essere l’icona della serata, Richard Move nelle vesti della grandeAMERICAN DREAM (2) Martha Graham e interprete dell’infelice Giocasta in Viaggio Notturno, elaborato sul mito greco di Edipo, in cui la consapevolezza dell’incesto e l’impossibilità di dimenticare l’orrore portano la regina al suicidio. Utile e interessante, invece, l’esordio dello stesso in Technique Demonstration, su sua coreografia e musica di Aaron Copland (Excerpt Appalachian Spring), in una spiegazione dei fondamenti della tecnica Graham insieme alle due danzatrici Catherine Cobeen e Catherine Crockett. Bravi i protagonisti del duetto tap-contemporary hip hop coreografato e “musicato” dalle suolette di Luke Hickey insieme a Yusaku Komori.
Fatti salvi i capolavori balanchiniani come Apollon Musagéte e Agon (i cui interpreti, Teresa Reichlen e Adrian Danchig-Waring, non sono stati eccellentissimi), oltre all’intramontabile Revelations: Wade in the Water di Alvin Ailey (con Gabriel Hyman, Courtney Spears e Terri Wright), è New Sleep di William Forsythe che si rivela il pezzo forte della serata, con due bravissimi interpreti quali Courtney Richardson e Claudio Cangialosi, la cui fluidità di movimento crea una vera e propria “linea melodica” sulla musica elettronica di Thom Willems. Compositore e coreografo, lo ricordiamo, decostruiscono il linguaggio tradizionale della danza trasformandolo in qualcosa di nuovo. Se infatti Balanchine aveva tradotto le caratteristiche del suono nel linguaggio della sua danza, Willelms e Forsythe usano musica e danza come entità autosufficienti che non conducono ad alcuna illustrazione reciproca, interessandosi alle strutture interne dell’arte e lasciando al pubblico l’interpretazione dei propri lavori. E questo per sottolineare come il passaggio storico essenziale non sia dato non solo dagli stili coreici, ma dall’evoluzione della musica utilizzata per la danza in un percorso artistico e umano che procede essenzialmente in parallelo.
DAMERICAN DREAM (1)alla danza degli indiani d’America alla Modern Dance, dalla Post Modern Dance al Neoclassicismo al Decostruzionismo, nei limiti che tutte le denominazioni impongono, il discorso di Move/Graham ben sottolinea che la distinzione essenziale risiede nel saper discernere la “danza buona” da “quella che non lo è”. E spesso questo dualismo compare anche in un contesto di eccellenza. Deboli per struttura e interpreti il duetto Ligeti Essays di Karole Armitage, danzato da Ahmaud Culver e Megumi Eda, su musica di György Ligeti e il Trio, della stessa coreografa, su Agon musicato da Stravinsky con Ahmaud Culver, Megumi Eda, Cristian Laverde Koenig, Izabela Szylinska.
I presupposti per un bel sogno, insomma, c’erano tutti. American Dream della Armitage, però, non incanta come avrebbe dovuto e potuto. (Ph. Ravello Festival – Pino Izzo)