Al San Carlo di Napoli brillano “Spanish Dance&Concert” e “Carmen Suite”

Napoli, Teatro di San Carlo, stagione di balletto 2014-2015
“SPANISH  DANCE&CONCERT”
Musica Jules Massenet
Coreografia Lienz Chang
Donne  SARA SANCAMILLO, GIOVANNA SORRENTINO, LUISA IELUZZI,
ANNALINA NUZZO, ANNALISA CASILLO
Uomini MARCELLO PEPE, SALVATORE MANZO, STANISLAO CAPISSI,
ALESSANDRO STAIANO, MASSIMO SORRENTINO
Direttore Alexei Baklan
Costumi Giusi Giustino
Allestimento del Teatro di San Carlo
“CARMEN SUITE”
Musica Georges Bizet
Coreografia Alberto Alonso
Ripresa Coreografica Sonia Calero
Carmen SVETLANA ZACHAROVA
Don José DENIS RODKIN
Escamillo MIKHAIL LOBUKHIN
Zuniga EDMONDO TUCCI
Destino ALESSANDRA VERONETTI
Corpo di Ballo del Teatro di San Carlo
Direttore Alexei Baklan
Scene e Costumi Boris Messerer
Allestimento della Fondazione Teatro del Maggio Musicale Fiorentino
Napoli, 14 ottobre 2015
Tutto esaurito al San Carlo di Napoli per la prima dell’attesissimo dittico Spanish Dance&Concert e Carmen Suite, con la beniamina del pubblico partenopeo, l’Étoile Svetlana Zakharova, alla quale sono riservati boati ineguagliabili, già uditi solo per Roberto Bolle. Così prosegue la rassegna “Autunno Danza” promossa dal Massimo napoletano.
Ad aprire lo spettacolo una coreografia commissionata dal Teatro al Maître de Ballet della Compagnia sancarliana, Lienz Chang, dal titolo Spanish Dance & Concert, su musica di Jules Massenet, tratta dall’opera El Cid. Una brillante sequenza di cinque “danze” tradizionali (Catalana, Aragonese, Andalusa, Aubade, Navarra) sulle quali Chang ha riorganizzato la storica coreografia del repertorio cubano in modo da mettere in luce le doti tecniche delle giovani leve partenopee, sia pure indulgendo, talvolta, in stilemi tipici della “classe” di danza accademica. Cinque coppie di danzatori hanno sfoggiato virtuosismi tecnici colorati di tipizzazioni latine e hanno raccolto applausi a scena aperta. Degni di menzione Alessandro Staiano, Salvatore Manzo dalle pirouettes infinite, e Stanislao Capissi fra gli uomini; Luisa Ieluzzi, che emerge per linee e fluidità del movimento su tutte le donne, e la elegante Annalina Nuzzo. C’è da dire che il lavoro svolto dal Maestro Chang ha risvegliato dal torpore finanche elementi che sembravano destinati alle retrovie perenni, i quali, seppure non all’altezza dei giovanissimi, raccolgono i frutti (più che evidenti e pregevoli) di un lavoro diverso e impegnativo. Al di là dei meriti di ognuno, nel passato come nel presente, e tenendo conto dell’alta qualità di base della Scuola napoletana, questo risultato valido per tutto il Corpo di Ballo è innegabilmente positivo e degno di nota.
Attesissimo appuntamento della serata, Carmen Suite ha rapito il pubblico, che non voleva più lasciare il teatro dopo i dieci minuti di applausi finali scroscianti e instancabili. Un filo di matrice cubana lega i due quadri, perché la versione coreografica portata in scena è quella di Alberto Alonso, qui ripresa dalla moglie Sonia Calero. Creata nel 1967 per la grande Maja Plisetskaja (recentemente scomparsa) su musica di Georges Bizet, riadattata da Rodion Ŝčedrin, marito della celebre Étoile sovietica, Carmen Suite è un perfetto esempio di “balletto  sovietico-cubano”. I protagonisti della vicenda, tratta dalla novella di Prosper Mérimée (1845), sono il nucleo principale della messa in scena coreografica. Un triangolo-quadrilatero intorno al quale la massa indefinita del Corpo di ballo si muove, ma senza definizioni di carattere. Gli “altri” non sono che maschere rigide e impenetrabili. Alla fine di tutto sarà la stessa maschera a svelare il Destino di Carmen, personificato da una sagoma femminile nera, con una lettera “T” disegnata sul volto,  come l’iniziale dell’antica Tyche greca, la Fortuna o Destino che governa  insindacabilmente gli eventi. Ancora una volta l’ineluttabilità della morte è il tema portante, perché Carmen gioca con gli uomini e questo gioco, spesso, costa la vita (e la passione delle donne sembra il filo conduttore di questo “Autunno Danza”). Al Teatro Bol’šoj di Mosca, nel 2005, lo stesso Alberto Alonso (scomparso nel 2007) ha ri-creato il balletto per Svetlana Zakharova in un’edizione più vicina a quella danzata dalla grande Alicia Alonso con il Balletto Nazionale di Cuba.
Fiera e sferzante, Zacharova si trova a proprio agio nei panni della rapace sigaraia spagnola, anche se l’aspetto aristocratico non si addice, per definizione, a quello di una popolana. Fatto sta che siamo lontani mille miglia dal riproporre alla lettera i personaggi di un racconto, perché l’evoluzione dei caratteri e la loro validità nel corso dei secoli sta proprio nella universalità del messaggio e nella possibilità di adattare a chiunque e in qualunque luogo sentimenti e azioni. Perché la “classicità” di un’opera è questo: valere per tutti a dispetto dello scorrere del tempo. Impeccabile come sempre, elegante e imperativa, Zacharova, pur non avendo nulla del carattere latino della protagonista, cera una Carmen efficacemente personale: algida e passionale insieme, forte e delicata, sensuale e aerea. Denis Rodkin è stato un Don José inizialmente anonimo,  soprattutto per via delle fattezze estremamente nordiche e l’espressività visuale tipicamente russa (quella, per intenderci, che imprigiona il viso in una perenne smorfia tra il contrito e il sofferente). Nel lungo a solo che segue la prima dipartita di Carmen, tuttavia, Rodkin si è progressivamente lasciato andare sulle note della splendida musica di Bizet (il numero musicale sul quale Roland Petit ha costruito il celeberrimo Pas de Deux della camera da letto) e ha raccolto meritatissimi applausi. Molto bravo il giovane Michail Lobukhin, nei panni del torero Escamillo, anche se ancora una volta i colori chiarissimi e i lineamenti contrastavano con gli scatti del temperamento richiesto dalla musica. Più in sintonia con questo tipo di necessità è stato Edmondo Tucci, sempre bravo nelle interpretazioni drammatiche. Alessandra Veronetti (che ha sostituito la già annunciata Roberta De Intinis) è stata un Destino tremolante e poco efficace.
L’orchestra ha ben eseguito i brani musicali di Massenet e Bizet, soprattutto ne ha saputo trasmettere l’intensità drammatica. Del resto, ci sfuggiranno i particolari tecnici, da un punto di vista strettamente musicale, ma la nostra location ci ha permesso di godere appieno della meravigliosa acustica del Teatro di San Carlo e anche di apprezzare la direzione “danzante” di Alexei Baklan, che sul podio non danzava solo con le mani, ma componeva veri passi anche con i piedi – oltre che con tutto il corpo com’è solito nei Direttori d’orchestra. Un vero spettacolo nella buca.
Prossimo appuntamento, il Gala della Scuola di Ballo martedì 20 ottobre, alle ore 20.30, per un omaggio doveroso e sentito alla Direttrice uscente Anna Razzi, dopo venticinque anni di attività. Noi ci saremo. (foto Pierluigi Abbondanza).