Milano, Teatro alla Scala:”La Bohème”

Mialno, Teatro alla Scala, Stagione Lirica 2007 / 2008
“LA BOHÈME
Opera in quattro quadri di Luigi Illica e Giuseppe Giacosa da “Scènes de la vie di bohème” di Henri Murger
Musica di GIACOMO PUCCINI
Rodolfo ANDREJ DUNAEV
Marcello LUCA SALSI
Colline GIORGIO GIUSEPPINI
Schaunard MASSIMO CAVALLETTI
Mimì SVETLA VASSILEVA
Musetta AINHOA ARTETA
Alcindoro MATTEO PEIRONE
Benoit DOMENICO COLAIANNI
Parpignol RAMTIN GHAZAVI
Sergente doganieri ERNESTO PANNARIELLO
Un doganiere GIUSEPPE  NICODEMO
Un venditore ANTONIO NOVELLO
Orchestra e Coro del Teatro alla Scala
M.o del coro Bruno Casoni
Coro di Voci Bianche del Teatro alla Scala e del Conservatorio “G. Verdi di Milano
M.o del coro Alfonso Caiani
Direttore Gustavo Dudamel
Regia e scene di Franco Zeffirelli
ripresa da Marco Gandini
Costumi di Piero Tosi
Milano, 22 luglio 2008
L’ultimo appuntamento scaligero, prima della pausa estiva, è stata “La Bohème” di Giacomo Puccini nel famoso e storico allestimento del 1963 di Franco Zeffirelli. La ripresa di quest’opera, da sempre in cartellone non solo alla Scala ma anche in molti altri teatri nel mondo, aveva come interesse primario la direzione di Gustavo Dudamel, il giovane direttore sudamericano che ci aveva regalato un bellissimo “Don Giovanni” qualche stagione passata e si sta affermando come una delle giovani bacchette più promettenti. Purtroppo non ci ha convinto pienamente. Da un lato abbiamo avuto un direttore molto attento ai particolari che predomina gli aspetti lirici e patetici, con raffinatezza ma tempi dilatati, anche troppo, e scene di conversazione fin troppo manierate; dall’altro un attento e incalzante concertatore soprattutto negli assieme, ma non c’è mai stato un momento veramente emozionate, di tensione, ove la musica “parla”, ove la drammaturgia esplode nel suono. Resta una direzione più che decorosa ma non ottima, come forse ci aspettavamo.
La compagnia era abbastanza di routine, dove anche Svetla Vassileva, apparentemente non nella forma migliore (confrontata con la performance in primavera a Parma), ci è parsa piuttosto composta nei primi due atti, per rianimarsi nel duetto del III atto e in un finale davvero commuovente. Il giovane Duanev era un Rodolfo dalla pronuncia incerta, sicuro negli slancie ma povero di sfumature e con fraseggio decisamente poco curato, ammesso che sapesse quello che stava cantando! Dei giovani bohèmien si metteva in luce solo Luca Salsi, un Marcello attento e puntuale, generico il Colline di Giuseppini soprattutto nella sfuocata romanza del IV atto. Musetta era la brillante Ainhoa Arteta, briosa e di buona recitazione con voce anche gradevole, ma come tutte nel suo genere, stridula negli acuti. Lo spettacolo, molto di tradizione, è ancora bello e piacevole, anzi oserei dire che è “La Bohème” per antonomasia, peccato che ad ogni ripresa non curata da Zeffirelli cambino le impostazioni generali, per cercare qualcosa di nuovo che non serve, se non addirittura crea danni. Marco Gandini che è stato o è ancora allievo di Zeffirelli, dovrebbe attenersi alle indicazioni registiche dell’autore, e non cambiare movimenti da par suo come, ad esempio, dopo la morte di Mimì è assurdo vedere l’innamorato che si dispera in mezzo al palcoscenico e non correre al capezzale dell’amata appena spirata. Successo buono da parte di un pubblico numerosissimo, pur nell’afoso luglio meneghino.