Georg Friedrich Handel (1685-1759):”Samson”

Oratorio in tre atti HWV 57. Thomas Cooley (tenore), Sophie Daneman (soprano), Franziska Gottwald (contralto ), William Berger (basso), Wolf Matthias Friedriech (basso), Michael Slattery (tenore), Nicholas McGegan (direzione), Registrazione: Frauenkirche (Chiesa di Nostra Signora), Dresda, 5–6 giugno 2008. NDR Chor , Orchestra del Festival di Göttingen. 2 cd Carus CV 83.425
Rappresentato per la prima volta al Covent Garden di Londra il 18 febbraio 1743, Samson si colloca nella piena maturità musicale di Handel (circa un anno prima era stato eseguito il suo Messiah ). Il libretto, un adattamento di Newburgh Hamilton del Samson Agonistes di Milton, si incentra sul personaggio di Sansone, cieco e incatenato, prigioniero dei Filistei, attraverso un processo interiore raggiunge un’appassionante pace interiore perchè comprende e accetta il proprio destino. Da sconfitto arriva alla sua vittoria facendo crollare il tempio sui Filistei. Il librettista, per rimanere fedele a Milton, appesentisce in lungaggi e moralismi, poco consoni a un vero musicista di teatro come era Handel. Il risultato è, che , solo nello straordinario atto terzo nel quale si concentrano i numeri più belli dell’opera: dall’aria di Samson in tono pastorale,“Thus when the sun”, al coro “Glorius hero” fino all’aria della donna di Israele “Let the bright seraphim” e al Coro “Let their celestial concerts all unite“, Handel raggiunge il più alto grado di ispirazione.  In questa composizione si ha comunque la conferma di come Handel avesse ampiamente superato le convenzioni formali del suo tempo, soprattutto nell’uso molto libero dell’aria, lontana dagli schemi rigidi della forma tripartita. Il cofanetto edito dalla Carus ci offre una pregevole esecuzione di questo partitura, soprattutto sul piano dell’orchestra e del coro, trattati da Nicholas McGegan con varietà di accenti e di colori. I solisti vocali appaiono un po’ troppo “oratoriali”, compassati e compiti. Un pizzico di fantasia in più non sarebbe guastato.