Oratorio in due parti a 4 voci con Strumenti, Roma, 1705. Alessandro Stradella Consort, Estevan Velardi (direzione), Mario Nuvoli (San Filippo), Marco Lazzara ( Fede), Rosita Frisani (Carità), Manuela Custer (Speranza). Registrazione: 28 aprile –5 maggio 2006, Oratorio di S. Erasmo, Sori, Genova. 2 CD Brilliant Classics BC 94037 (58.26 – 59.45).
Alessandro Scarlatti (1660 -1725) oltre a essere considerato il fondatore della scuola napoletana del melodramma, è anche estremamente importante anche per gli oratori: ne compose più di trenta, dei quali ce ne sono rimasti circa una ventina. Come compositore di oratori, Scarlatti è sicuramente un rappresentante di spicco della scena romana, poiché più di due terzi li compose per i mecenati romani. L’opposizione da parte della Chiesa nei confronti del teatro rappresentava un limite per ogni attività legata d esso. Ecco dunque il fiorire sia di oratori che “melodrammi” su soggetto sacro. Scarlatti ha composto il suo oratorio sulla vita di Santo Filippo Neri nel 1705 sul libretto del Cardinale Pietro Ottoboni che, al soli 22 anni, era stato nominato “cardinale protettore” da Papa Alessandro VIII, carica che Ottoboni portò a compimento con grande abilità diventando un grande scopritore di talenti. Tra i suoi protetti, oltre ad Alessandro Scarlatti, il fratello di questi, Domenico, Arcangelo Corelli, Händel, Vivaldi. In questo oratorio, Fede, Speranza e Carità meditano sulla vita del Santo, che, abbandonate le ricchezze del mondo, aspira all’unione mistica con Dio, e conversano con lui. Un soggetto mistico trattato musicalmente da Scarlatti con una bella varietà espressiva: belle le arie, anche se ancora piuttosto ridotte nello sviluppo, assai scarse le pagine d’insieme, un solo duetto e unico terzetto. L’esecuzione qui proposta è complessivamente valida anche per il solo fatto di poter sentire dei cantanti italiani cantare questo genere di repertorio con la giusta attenzione al valore espressivo della parola. Tutti si destreggiano piuttosto bene, anche perché, a ragion veduta, la partitura non presenta particolari difficoltà vocali; si può semmai imputare a Marco Lazzara suoni talvolta eccessivamente “coperti”, mentre Manuela Custer canta in una tessitura piuttosto disagevole per la sua vocalità.