Parma, Teatro Regio
“I VESPRI SICILIANI”
Opera in cinque atti, libretto di Eugène Scribe e Charles Duveyrier
Musica di Giuseppe Verdi
Guido di Monforte LEO NUCCI
Il Sire di Bethune DARIO RUSSO
Il conte di Vaudemont ANDREA MASTRONI
Arrigo FABIO ARMILIATO
Giovanni da Procida GIACOMO PRESTIA
La duchessa Elena DANIELA DESSI’
Ninetta ADRIANA DI PAOLA
Danieli RAOUL D’ERAMO
Tebaldo ROBERTO JACHINI VIRGILI
Roberto ALESSANDRO BATTIATO
Manfredo CAMILLO FACCHINO
Orchestra e Coro del Teatro Regio di Parma
Direttore Massimo Zanetti
Maestro del Coro Martino Faggiani
Regia, scene e costumi Pier Luigi Pizzi
Coreografie Roberto Maria Pizzuto
Luci Vincenzo Raponi
Parma, 13 ottobre 2010
Una nuova produzione de I Vespri siciliani ha salutato il ritorno dell’opera a Parma in occasione del Festival Verdi 2010.L’allestimento, interamente a firma Pier Luigi Pizzi, vede ridimensionato il palco come fulcro dell’azione per coinvolgere l’intero teatro: i protagonisti e le masse del coro si muovono e cantano in platea, fanno il loro ingresso ora dalle entrate laterali ora da quella principale. L’azione è posposta in epoca risorgimentale e improntata ad uno scarno minimalismo. Tre barche in apertura introducono lo spettatore ad un richiamo della Sicilia; la scena del ballo è costituita da pochi divani sovrastati da un grande specchio; sbarre e tavolacci individuano il carcere mentre un altare è il prodromo alle mancate nozze. Spiace che, a seconda del posto in sala, non tutto sia perfettamente visibile. Spiace altrettanto che tutto sia già stato visto in precedenti occasioni.
La direzione di Massimo Zanetti, forse manchevole in alcuni punti dell’aspetto più marcatamente teatrale, è però attentissima ad individuare la coesione e l’accompagnamento della compagine canora.
A Leo Nucci ben si adatta il ruolo di Guido da Monforte, dove può mettere il risalto un registro acuto tuttora di singolare nitore. Riesce bene, nonostante occasionali cali di intonazione, a piegare il proprio canto a inflessioni più patetiche, giostrando magnificamente l’evoluzione del proprio personaggio. Di Giacomo Prestia colpisce la voce di inusitato volume e la consistenza di autentico basso. Non sempre omogeneo nell’ascesa all’acuto, costruisce un Giovanni da Procida impiegando al meglio i propri mezzi attraverso un fraseggio costantemente variegato. Daniela Dessì è la duchessa Elena: il soprano, ad onta di una zona grave velata, si fa valere per la sezione centrale della voce, ottimamente proiettata e gestita. Più problematici i tentativi di stemperare i suoni e le agilità che risultano slentate. Il timbro rimane di grandissimo fascino, il gesto in scena raccolto ma sempre eloquente, totale l’aderenza al personaggio. Discreta la prova di Fabio Armiliato quale Arrigo, annunciato indisposto prima dell’inizio dello spettacolo. Sufficiente il resto del comprimariato; davvero buona la prova del coro preparato da Martino Faggiani. Al termine della recita, in un tripudio di bandierine tricolore gettate dal loggione raffiguranti lo stemma Sabaudo, l’intera compagnia di canto viene salutata da numerosi applausi.
Foto Roberto Ricci – Teatro Regio di Parma