Padova, Teatro “Giuseppe Verdi”, Stagione Lirica 2010
“RIGOLETTO”
Melodramma in tre su libretto di Francesco Maria Piave, dal dramma Le roi s’amuse di Victor Hugo
Musica di Giuseppe Verdi
Rigoletto FRANCO VASSALLO
Gilda GLADYS ROSSI
Duca di Mantova GIORDANO LUCA’
Sparafucile MAURIZIO MURARO
Maddalena KENDALL GLADEN
Giovanna MILENA JOSIPOVIC
Conte di Monterone ANDREA ZESE
Marullo GABRIELE NANI
Matteo Borsa MAX RENE’ COSOTTI
Conte di Ceprano GIANLUCA LENTINI
Contessa di Ceprano MIRIAM ARTICO
Paggio della duchessa SIMONETTA BALDIN
Usciere di corte LUIGI VAROTTO
Coro Città di Padova
Orchestra Regionale Filarmonia Veneta
Direttore Pietro Rizzo
Maestro del Coro Dino Zambello
Regia, scene, costumi, coreografie e luci Stefano Poda
Coproduzione Comune di Padova e Comune di Rovigo
Padova, 27 dicembre 2010
E’ partita da Padova questa nuova produzione del Rigoletto firmata da Stefano Poda. Difficili da classificare e inquadrare le creazioni di questo artista, come dice lui stesso:”Generalmente il mio lavoro o è compreso o è rifiutato. Non ci sono mai termini medi….Confesso che nutro l’ambizione un po’ spudorata di ambire a spettacoli non “moderni”, ma “antichi”, fuori del tempo. Bisogna sempre evitare le mode…Come quando ci vestiamo o arrediamo la nostra casa, bisogna stare sempre attenti a non metterci cose di cui tra dieci anni ci vergogneremmo”. Parole signifcative per dare almeno un’idea delle creazioni di Poda nei quali vengono offerte molte simbologie, espresse attraverso un linguaggio che possa “creare una coscienza spazio-temporale , non necessariamente mentale, ma capace di superare la contrapposizione astrazione-figurazione tra fisico e psichico, movimento e immobilità. Una dinamica vicina alla dimensione del Butoh, che ha a che fare più con la meditazione che con il teatrodanza…”
Dopo la ieratica Thais di Massenet, creata da Poda per il Regio di Torino e ora in questo Rigoletto si riafferma la cifra stilistica di Poda, che è prima di tutto quella di un creatore di visioni teatrali. La sua visione del dramma è stemperata in più elementi: la staticità dei personaggi (in questo gli si può creare un parallelo con le visione registiche di Bob Wilson), sontuose sculture barocche in una cattedrale di simboli. Per contrasto una esaltazione della corporeità espressa dal corpo nudo. Anche questo una sorta di costante del teatro di Poda, un modo comunque di rappresentare che, piaccia o no, lascia il segno.
Per questa produzione padovana gli si può semmai imputare un certo senso di soffocamento scenografico. Lo spazio scenico del Verdi pare piuttosto angusto. A ciò possiamo anche aggiungere che le luci, dello stesso Poda, valorizzano i preziosi dettagli dei costumi, elemento non secondario dello spettacolo.
Sul piano musicale, la concertazione di Pietro Rizzo appare piuttosto scialba, priva di autentiche concezioni interpretative, disomogena nei tempi, poco accurata e, a volte, anche rozza. Nel cast segnaliamo la presenza del soprano Gladys Rossi, chiamata in extremis a sostituire la prevista Jessica Pratt. La Rossi ha delineato una Gilda sostanzialmente fragile, e non potrebbe essere altrimenti, visto lo strumento vocale piuttosto esile, dal timbro secco e acuti vetrigni. E’ comunque apprezzabile come linea di canto ed espressività. Debutto scenico assoluto per il tenore Giordano Lucà un Duca di Mantova “di grazia”, garbato nell’emissione, sfoggia soavità nel duetto con Gilda, ma nel contempo svela non poche incertezze e una certa povertà espressiva. Una scelta , interpretare questo ruolo, un po’ azzadata. Meglio sentirlo in un’opera più consona alla sua attuale vocalità. Franco Vassallo è stato un Rigoletto sostanzialmente “lirico”, orientato verso il lato paterno e patetico del personaggio. Indubbiamente un cantante di conclamate qualità con una tecnica di canto fondamentalmente sana, acuti facili e squillanti, bella propensione a modulare. Peccato che, almeno in questa recita abbia mostrato momenti di disagio, con note calanti (di certo i tempi eccessivamente allentati della direzione d’orchestra non aiutavano) e con taluni scivoloni in espressioni di estrazione “verista” che dovrebbe evitare. Buono lo Sparafucile di Maurizio Muraro, interessante il mezzosoprano Kendall Gladen: una delle rare volte in cui capita di sentire una Maddalena con suoni ortodossi, e non le solite emissioni gutturali da ventriloqua. Corretti gli altri interpreti. Buono il Coro, non esaltante l’orchestra. Spettacolo salutato comunque da un ottimo successo di pubblico. Foto Michele Giotto