“Il quattordicesimo fiore”

Verona, Teatro Camploy, stagione di danza 2011
“Il QUATTORDICESIMO FIORE”

Coreografia di Giovanni Di Cicco, Francesca Zaccaria
Musiche originali di Chiara Cipolli
Compagnia Dergah Teatro Danza
Con:Luca Alberti, Filippo Bandiera,
Massimo Cerruti, Eleonora Chiocchini,
Erika Melli, Francesca Zaccaria
scenografie Paolo Giacchero
luci Aldo Mantovani
fonico Guido Pastorino
in collaborazione con Teatro dell’Archivolto, Comune di Cagli
Ikonoclaste Festival di Wuppertal. Distribuito da associazione Vera Stasi
Con il patrocinio Provincia di Genova
Produzione Compagnia Dergah Teatro, Fondazione Teatro Comunale di Ferrara
Verona, 18 febbraio 2011
Il tema del sacrificio percorre tutto lo spettacolo: sacrificio imposto o voluto, forma di dolore necessaria nel percorso di morte e rinascita. Tema sviluppato molto bene nella prima parte, in cui il passaggio dall’età infantile a quella giovanile e poi adulta, è sempre accompagnato dalla ricerca di una storia amorosa che, inevitabilmente, si conclude in sofferenza e morte. Il continuo divenire tra morte e rinascita non lede tuttavia l’ottimismo (o l’ingenuità) con cui l’essere umano si relaziona e guarda alla vita.
Ben incastonati momenti di sacralità e riflessione su se stessi, con assoli molto espressivi, che si avvalgono di metafore visive particolarmente riuscite (ad esempio mentre una danzatrice sviluppa il tema della spiritualità entrano in scena tre ballerini che come in una processione conducono tre abiti inchiodati su delle aste a rappresentare la trinità a cui questa si rivolge).
Molto azzeccata anche la scelta di usare una pavimentazione materica nella quale i danzatori scavano, segnano solchi, vie della vita che si incrociano, si scontrano, si trasformano; trasmette la sensazione primordiale della terra da cui nasce l’essere umano.
Lo spettacolo si avvale di un mix di musiche originali e di brani leggeri di musica italiana e estera senza mai cadere però in banalità o spocchiosità. Perde un po’ di verve nella seconda parte in cui tutto diventa un pò troppo trascinato e intellettuale (a fine spettacolo in molti si sono domandati il senso di alcune figure effettivamente un po’ criptiche: ad esempio all’interno della ricerca amorosa, ad un certo punto un ballerino compare in scena con una tuta da motociclista e balla su una pedana di legno con gli altri due ballerini quella che appare come la ricerca di amore fisico tra uomini ma non si capisce perché indossi questa tuta).
Nella sua interezza comunque, direi, che lo scopo dello spettacolo è raggiunto, il concetto che la nuova primavera si costruisca sulla morte del passato è chiara e ben delineata (ricorrenti in una scena citazioni grottesche di scene precedenti).
Molto d’effetto i momenti di danza senza musica (ce ne sono molti e molto prolungati) in cui si percepisce il rumore della “terra” sotto i piedi (in realtà pezzi di gomma) e il respiro affannato di chi è in scena. Infine si dipinge un’umanità incapace di legami veri in cui ognuno è solo con e contro se stesso, in una costante lotta alla ricerca della felicità, che conduce però alla morte e ad una nuova nascita (che però non è detto sia positiva).
Interessanti le scelte coreografiche: i ballerini si passano, ad esempio, dell’acqua da una bocca all’altra; non si toccano, la lasciano fluire fuori mentre uno è sotto a bocca aperta per raccoglierne lo zampillo. Danzatori molto bravi, molto espressivi, molto coinvolti e coinvolgenti.