New York, Metropolitan Opera, Stagione Lirica 2010 / 2011
“CAPRICCIO”
Conversazione per musica in un atto su libretto di Clemens Krauss
Musica di Richard Strauss
La Contessa RENEE FLEMING
Clairon SARAH CONNOLLY
Flamand JOSEPH KAISER
Olivier RUSSELL BRAUN
Il Conte MORTEN FRANK LARSEN
La Roche PETER ROSE
Un soprano italiano OLGA MAKARINA
Un tenore italiano BARRY BANKS
Monsieur Taupe BERNARD FITCH
Il Maggiordomo MICHAELl DEVLIN
Servitori RONALD NALDI, PAUL CORONA, STEVEN GOLDSTEIN,
CHRISTOPHER SCHALDENBRAND, GRANT YOUNGBLOOD, SCOTT SCULLY,
BRIAN FRUTIGER, KYLE PFORTMILLER.
Direttore Andrew Davis
Regia John Cox
Scene Mauro Pagano
Costumi e Interior Décor Robert Perdziola
Lighting Designer Duane Schuler
Coreografia Val Caniparoli
New York, 10 aprile 2011
“Estate indiana” è l’espressione usata dagli storici della musica per descrivere il rinnovamento della vena creativa di Richard Strauss verso la fine della sua vita, dopo la catastrofe della Seconda Guerra Mondiale. Questa rinascita, che arrivò dopo un periodo di esausta stagnazione, rappresentò la risposta di Strauss alla distruzione della cultura tedesca durante l’era nazista. Una delle opere più belle dell’”estate indiana” di Strauss è Capriccio, un lavoro che lui e il suo librettista, Clemens Krauss, definirono “una conversazione in musica”. Strauss morì sette anni dopo la prima di Capriccio a Monaco nel 1942.
L’espressione “conversazione in musica” è certamente adatta. Molta della prima parte di questo lavoro, eseguita senza intervallo, è basata su estesi passaggi di una “conversazione cantata complessa, che consiste in un arguto dibattito su cosa sia più importante, se il testo o la musica. Solo il sonetto del poeta Olivier, “Kein Andres…” (creato nella finzione dell’opera dal compositore Flamand) è accompagnato da della musica lineare e memorabile di Strauss. Il poeta e il compositore gareggiano per l’amore della Contessa Madeleine, cantata splendidamente e recitata con grazia dalla veterana di Strauss Renée Fleming, che è, così come lo fu Kiri Te Kanawa, meravigliosa in questo repertorio.
Il corteggiamento della Contessa da parte di Olivier e Flamand è, nelle intenzioni di Strauss, una metafora del tiro alla fune fra musica e testo. Nella scena conclusiva, la Contessa non riesce a decidere fra questi due elementi, ma giunge alla conclusione che solo un matrimonio perfetto fra musica e testo può essere soddisfacente e canta la sua gloriosa scena finale, basata sul materiale musicale del Sonetto, come un inno al mistero e al potere artistico di questo connubio.
Durante il preludio d’apertura, si ascolta un intimo quartetto d’archi (suonato meravigliosamente dai primi archi del Met). Il sipario del Met curtain era illuminato da una morbida luce dorata, con le luci del teatro soffuse, ma comunque accese al minimo, e i candelieri non era alzati completamente fino al soffitto, ma sono rimasti “a mezz’asta”, a mezza luce, creando un’atmosfera di oro brunito che ha creato l’ambientazione per l’opera che seguiva.
Non c’erano elementi deboli nel cast. Il Flamand del tenore Joseph Kaiser è stato pienamente capace di trasportare il pubblico, con un bel tono acuto, e la sua figura slanciata ha ben disegnato il personaggio. Il poeta Olivier è stato cantato da Russell Braun. Il ritratto del pomposo direttore del teatro, La Roche, fatto da Peter Rose ha rappresentato il perfetto contrappeso in uno stile buffo elegante. La parte dell’attrice Clairon è stata cantata dal mezzosoprano inglese Sarah Connolly. Chi scrive ha ammirato per lungo tempo il lavoro di questa brava cantante, che non delude con la sua predisposizione drammatica, il ricco colore vocale e la presenza fisica imponente e mozzafiato.
I molti ruoli secondari, inclusi quelli comici dei Cantanti Italiani (cantati in maiera ammirevole e con tempismo perfetto dal tenore Barry Banks e dal soprano Olga Makarina), e un cast di Servitori di tutto rispetto, che include il veterano del Met Christopher Schaldenbrand, hanno contribuito alla qualità estremamente alta della serata. I personaggi del Maggiordomo (Michael Devlin) e del Suggeritore (Bernard Fitch) sono stati meravigliosi ingranaggi nel prezioso meccanismo dell’orologio Capriccio.
Andrew Davis ha diretto l’orchestra del Met con calore ed equilibrio rispettando la partitura, con l’unica possibile critica ravvisabile nel tempo troppo veloce del preludio d’apertura.
La musica crescente ed evanescente della scena conclusiva è sembrata trasfigurare il pubblico, che è uscito dal teatro in una bella serata di primavera, con la fontana del Lincoln Center che danzava nell’aria dolce. Chi scrive ha camminato fino a casa tra alberi in fiore e ornamenti floreali, sentendosi come se avesse gustato il più buono champagne del mondo.