Bologna, Teatro Comunale: “La Cenerentola”

Bologna, Teatro Comunale, Stagione d’Opera 2011
“LA CENERENTOLA”

Melodramma giocoso in due atti su Libretto di Jacopo Ferretti, da Perrault
Musica di Gioachino Rossini
Don Ramiro MICHAEL SPYRES
Dandini SIMONE ALBERGHINI
Don Magnifico PAOLO BORDOGNA
Clorinda ZUZANA MARKOVÁ
Tisbe GIUSEPPINA BRIDELLI
Alidoro LORENZO REGAZZO
Angelina, detta Cenerentola LAURA POLVERELLI
Orchestra e Coro del Teatro Comunale di Bologna
Direttore Michele Mariotti
Regia Daniele Abbado
Scene Gianni Carluccio
Costumi Giada Palloni
Luci Guido Levi (riprese da Alessandro Carletti)
Maestro del Coro Lorenzo Fratini
Allestimento Fondazione Petruzzelli di Bari in coproduzione
con I Teatri di Reggio Emilia e in collaborazione con Opéra de Nice
Bologna, 19 maggio 2011

Quando lo scorso anno questa produzione de La Cenerentola arrivò al Teatro Valli di Reggio Emilia, dopo essere stata messa in scena al Petruzzelli di Bari, era già nota come “la Cenerentola della cucina”: una piccola cucina in laminato giallo al centro della scena, in perfetto stile anni ’60, è infatti l’unico elemento che conferisca una qualche connotazione spaziale alla favola di questa moderna Angelina, sottolineandone al contempo la condizione servile. Al rientro di Don Magnifico e delle sorellastre dalla festa tenutasi al palazzo del Principe Ramiro, compare dall’alto una seconda cucina, questa volta capovolta in modo speculare alla prima, verosimilmente simbolo dell’imminente ribaltamento di fortuna della protagonista. In realtà, la regia di Daniele Abbado gode di un istante molto bello (uno solo…), breve, ma drammaturgicamente molto accattivante: l’inizio del temporale. L’approssimarsi della tempesta viene pensato infatti come un colloquio muto e inquisitorio da parte di Don Magnifico alla figliastra, un gioco di sguardi immobile, pesantissimo e difficilmente sostenibile: quasi un’ultima prova ideata dal regista per Cenerentola, ormai prossima a diventare principessa. Per il resto, un disegno registico in larga parte dispersivo e fastidioso: in primis, a causa delle scale onnipresenti -o calate dall’alto o portate a mano da mimi che nulla hanno a che vedere col contesto-  che, cigolando, rendono difficoltoso l’ascolto. Il clima di smarrimento e stupore del concertato alla fine del primo atto e del sestetto dell’atto secondo vengono completamente travisati in momenti di isteria collettiva con uno scambio forsennato di abiti da parte dei protagonisti e improvvisi strip-tease da parte di Clorinda e Tisbe. Il lavoro strettamente attoriale sui singoli personaggi è parso invece abbastanza curato anche se talvolta l’iniziativa dei solisti è sembrato avere la meglio. La scena di Gianni Carluccio è fissa e lugubre: le uniche differenze che intercorrono tra il palazzo di Don Magnifico (“Metà del mio palazzo è già crollata, / e l’altra è in agonia…”) e la residenza principesca sono piccoli lampadari a grappolo molto stilizzati, il solo elemento a dare una vaga idea di sfarzo. In aggiunta, sono presenti sul fondo della scena le caratteristiche aperture a mezz’aria tante care al Maestro Abbado, già viste in Nabucco e ampliamente riutilizzate e rivisitate in Rigoletto. I costumi di Giada Palloni, ordinari nella fattura, caratterizzano in modo vistosamente “kitsch” i personaggi in qualche modo più estroversi: Clorinda, Tisbe e il servo Dandini. Le luci di Guido Levi non vogliono (o non possono) distaccarsi dal clima di monotonia generale della scena.
Michele Mariotti, a capo dell’Orchestra del Teatro Comunale in buona forma, sembra non volersi distaccare da una lettura fondamentalmente “di accompagnamento”: una conduzione che seppur apprezzabile dal punto di vista della concezione narrativa che risulta unitaria, rispettosa delle esigenze del canto e priva di sfasamenti, manca il più delle volte di brio, verve e vera tinta rossiniana. Per quanto riguarda il reparto strettamente vocale, molto buono ci è parso il Don Magnifico di Paolo Bordogna, protagonista di quest’allestimento già nelle messe in scena trascorse:  caratterizza il padre arraffone e arcigno in modo sempre pertinente, giusto nell’accento e nella raffigurazione anche grazie all’innato senso teatrale che da sempre contraddistingue quest’artista. La voce ha ottima espansione; si trova inoltre perfettamente a proprio agio nel canto rossiniano, tanto nelle parti più spianate che in quelle caratterizzate dal sillabato più fitto, sempre preciso e scandito. Apprezzabilissimo il Don Ramiro di Michael Spyres: un po’ impacciato e paffuto, è un principe scenicamente molto dolce e affettuoso. Dal punto di vista strettamente vocale, regala una buona prova complessiva: la voce non è femminea e esile ma, una volta tanto, ci troviamo di fronte ad un principe con un buon corpo vocale. Dovrebbe solo trovare la stessa ampiezza anche in zona acuta che suona talvolta tesa e opaca, soprattutto nell’esecuzione dell’aria “Sì, ritrovarla io giuro”. Simone Alberghini ha bella voce, brunita, corposa: è un Dandini giustamente ironico e mai caricaturale. I limiti vocali più evidenti sono riscontrabili nel sillabato un po’ fortunoso e le agilità poco fluide. Paterno e al contempo autorevole il “sapiente Alidoro” di Lorenzo Regazzo. Veniamo ora alla protagonista femminile, Cenerentola, qui rappresentata da Laura Polverelli. Il mezzosoprano senese ha basato gran parte della propria carriera sulla classe e l’eleganza, offrendo rappresentazioni pregevoli soprattutto in ambito mozartiano. Inutile negare di averla trovata alquanto estranea alla scrittura contraltile di Cenerentola, a causa della quale resta poco udibile per l’intero atto primo e nei momenti meno “scoperti”. Le vanno senz’altro ascritti i meriti di non aver tentato di scurire artificiosamente la voce, in natura sostanzialmente chiara, alla ricerca di tonalità più brunite e di aver caratterizzato una protagonista amabile ma mai leziosa. Difficoltosa poi l’esecuzione del lungo rondò finale, dove gli sbalzi repentini tra la tessitura bassa e i primi acuti, hanno reso piuttosto brutte le variazioni. Clorinda è Zuzana Markovà: nonostante l’annunciata indisposizione, ha offerto una prova vocalmente corretta (ravvisabile una certa prudenza nell’affrontare gli acuti). Scenicamente vanta una bellissima figura ma resta completamente inerte a livello interpretativo. Molto più spigliata Giuseppina Bridelli che tratteggia una Tisbe  divertentissima e frizzante. Molto buona la prova del Coro del Teatro Comunale diretto da Lorenzo Fratini. Sala non piena, ma buon successo per tutti con qualche isolata contestazione.
Foto Rocco Casaluci – Teatro Comunale di Bologna