Roma, Teatro dell’Opera:”La Bohème”

Roma, Teatro dell’Opera, Stagione Lirica 2010 / 2011
“LA BOHEME”

Scene liriche in quattro quadri su libretto di Giuseppe Giacosa
e Luigi Illica, dal romanzo Scènes de la vie de bohème di Henri Murger
Musica di Giacomo Puccini
Rodolfo STEFANO SECCO
Marcello LUCA SALSI
Schaunard GUIDO LOCONSOLO
Colline GIOVANNI BATTISTA PARODI
Benoit MATTEO PEIRONE
Alcindoro LUCA DALL’AMICO
Mimì CARMELA REMIGIO
Musetta ELLIE DEHN
Parpignol GIORDANO MASSARO
Un venditore ambulante PASQUALE CARLO FAILLACI
Un sergente dei doganieri FABIO TINALLI
Un doganiere ANTONIO TASCHINI
Orchestra e Coro del Teatro dell’Opera di Roma
Coro di voci bianche del Teatro dell’Opera di Roma
Direttore James Conlon
Maestro del Coro Roberto Gabbiani
Maestro del Coro a voci bianche Gea Garatti Ansini
Regia Marco Gandini
Scene Pierluigi Samaritani
Costumi Anna Biagiotti
Luci Mario De Amicis
Allestimento del Teatro Massimo Bellini di Catania
Roma, 17 giugno 2011

Ripresa di un noto allestimento al quale negli anni ha arriso grande successo, questa Bohème del Teatro dell’Opera di Roma è ispirata soprattutto alla giovinezza, mettendone in luce la sua incontenibile vitalità, la spensieratezza, la frenesia del vivere il presente senza la preoccupazione del domani e la libertà nell’assolutezza dei sentimenti e dell’emotività sia nel gioco tra amici così come nel desiderio erotico o nel confronto con la malattia e la morte. La regia curata da Marco Gandini appare ben curata e soprattutto molto lineare nello spiegare lo svolgimento  della narrazione, con un ottimo equilibrio tra l’attenzione per il particolare e la capacità di evitare la frammentarietà o il bozzettismo. Le scene di Pierluigi Samaritani a distanza di anni conservano intatto tutto il loro fascino e la loro poesia nel raffigurare l’ambiente ed il clima parigini e si rivedono senz’altro con molto piacere. Molto belli anche i costumi curati  da Anna Biagiotti.
Buona la prova dell’orchestra guidata con mano sicura ed esperta da James Conlon. Interessante appare la scelta dei tempi  sempre molto serrati, incalzanti e soprattutto scanditi,  in linea con la febbrile ansia di vivere della giovinezza, anche se a tratti è sembrato di avvertire la necessità di una maggiore ampiezza di respiro. Ma questo  va detto che resta un fatto di gusto personale e non riduce l’interesse e l’apprezzamento per una lettura dell’opera comunque curatissima, attenta e partecipe. Bene il coro diretto da Roberto Gabbiani ed il coro delle voci bianche diretto da Gea Garatti Ansini che sono apparsi in sintonia con le scelte ritmiche e timbriche del direttore.
La compagnia di canto nel complesso si è mostrata omogenea per spessore vocale, affiatamento e per generale disponibilità a seguire l’impostazione del maestro Conlon. Nella parte di Rodolfo si è esibito il tenore Stefano Secco che ha raccolto il maggior successo della serata. Con voce dal timbro molto piacevole  e impiegata con gusto sia pure con estremi acuti non pari alla bellezza del resto dell’estensione, con una figura scenica spigliata e simpatica e soprattutto con molta partecipazione, ha offerto una rappresentazione del suo personaggio credibile, sentita e ricca di comunicativa che il pubblico ha giustamente mostrato di apprezzare. Efficace lo Schaunard di Guido Loconsolo anche se con qualche durezza nel registro acuto nel I atto. Misurati e di buon gusto il Benoit di Matteo Peirone e l’Alcindoro di Luca Dall’Amico e di particolare spicco Giordano Massaro nella brevissima ma divertente parte di Parpignol. Giovanni Battista Parodi ha disegnato un Colline elegante, bello, simpatico e nello stesso tempo autorevole con voce sicura, gradevole e ben modulata. Molto convincente il Marcello di Luca Salsi, che è apparso assai ben inserito nel contesto dello spirito dell’impostazione dello spettacolo sia pure con qualche episodica genericità ed approssimazione.
E veniamo in ultimo alle due interpreti femminili. Ellie Dhen ha impersonato una Musetta certamente di tradizione riuscendo tuttavia con molta classe a evitare di cadere nello stereotipato o nel cattivo gusto ed esibendo una voce ampia, sicura nell’intonazione e dal timbro interessante. La Mimì di questa serata era affidata alla vocalità ed al solido professionismo di Carmela Remigio. La voce, sempre governata con sapienza ed eccellente musicalità  è apparsa in qualche momento non completamente in grado di reggere il peso delle sonorità dell’orchestra pucciniana,  ma tali lievi difficoltà sono state superate da una recitazione misurata ed inappuntabile e da una notevole capacità di scavare il senso della frase musicale e della parola. Cauta  e misurata nei primi due atti si è poi espressa al meglio nell’ultimo, pur conferendo nell’insieme al suo personaggio un qualcosa di eccessivamente studiato che a nostro giudizio ne limita un po’ la presa emotiva sugli ascoltatori. Molto ben documentato ed interessante il programma di sala. Buon successo di pubblico al termine della recita a ulteriore conferma, caso mai ve ne fosse bisogno, della opportunità della scelta, soprattutto in tempi di restrizioni economiche e tagli di fondi, di recuperare gli allestimenti ancora validi del recente passato.