L’Aprile e la “Divina Claudia”

Crescendo a casa mia si poteva essere sicuri di due cose.Si era costantemente in movimento e si poteva sempre ascoltare musica.  La voce che riusciva a fermare e a ipnotizzare  mia madre in una reverente ammirazione era quella di Claudia Muzio.  Mia madre ha lavorato con molti dei maestri della Muzio, incluso Refice, per la quale aveva scritto moltissime cose, ma in particolare la divina opera sacra “Cecilia”, basata sulla vita della Santa patrona della Musica.
Mi sentirò sempre in soggezione di mia Madre; era un’attrice meravigliosa, carismatica e vibrante e vocalmente ricordava la Muzio senza scadere nell’imitazione. Entrambe davano alle parole una verità quasi mistica, una vera immediatezza, come se tali parole fossero state pensate e proferite in quello stesso momento per la prima volta!  Chiunque studi canto dovrebbe conoscere l’arte vocale della Muzio.  Ha influenzato molti cantanti che l’hanno grandemente ammirata: due delle mie preferite in assoluto e due voci divine,  Rosa Ponselle e Renata Tebaldi la adoravano e la rispettavano.  Loro sono il triumvirato di voci che hanno formato tutto ciò che sono oggi.  Mamma, Papà e la Callas erano la seconda Triade.

La Muzio, come me, crebbe in una famiglia “musicale” e suo padre lavorò in Italia e a Londra come regista e sua madre era una corista.  Ho sempre sentito una certa affinità con lei e, se devo essere onesta, una forma di devozione. Lei è presente nella mia vita nei momenti più impensati ed è sempre decisamente benvenuta.  Spesso arriva in momenti della mia via in cui perdo la mia gioia nella musica o quando mi sento spiritualmente persa. Nel momento in cui ascolto la sua ricerca e le sue efficaci, spesso trionfanti, scoperte mi sento rigenerata.
C’è poco nella vita di cantante che rinnova il cuore e lo spirito. Molto riguarda il dare in continuazione… a Dio in primo luogo, al pubblico, ai tuoi colleghi, ai tuoi fan adoranti ed anche ai tuoi detrattori. A volte qualcosa ti dà davvero qualcos’altro in cambio. Mi sento rigenerata qunado ascolto grandi anime che combattono a causa della vita che riescono ad infondere in qualcuno, e nonostante ciò continuano a regalare al pubblico in quel breve momento di connessione un gioiello raro di emozione ed espressione, verità, forse un assaggio di paradiso…
In omaggio a lei condividerò i miei sentimenti circa alcuni momenti artistici che lei ha inciso nella mia anima. Il primo non ha eguali nella mia mente. Violetta, ultimo atto, il capolavoro di Verdi, La Traviata. La Muzio si crogiola in questo glorioso attofinale del grande capolavoro verdiano.
Questo ruolo è stato ben cantato da molte grandi star, ma la Muzio, per me, in questa parte fornisce una delle più grandi e incancellabili performance di questo recitativo e aria che potrete mai ascoltare.
In una concentrazione totale di talento e pura magia, la Muzio si identifica a tal punto con la tragica cortigiana che finisce col diventare lei in una performance che trascende la tecnica espressiva. Non semplici note, ma pezzi di lei stessa che si trasformano in frammenti melodiosi di una vita e di un’anima arrivate alla loro fine. Una qualità morente e che toglie il fiato nella famosa lettura della lettera conferma in maniera indimenticabile dall’inizio l’avvicinarsi della morte la mancanza di speranza e mentre veniamo immersi sempre più nel suo mondo che sta per finire, la sofferenza è quasi insopportabile. Esattamente ciò che Verdi cercava nelle sue melodie e nei suoi testi , una emozione vivida messa in suono e parole.
La Muzio è un fulgido esempio del tipo di espressione che si era soliti richiedere ai cantanti… l’orchestra diventa una sua estensione e non mera musica, lei usa l’intera strumentazione per lanciare un inncantesimo che ci trasporta tutti in questo momento finale di una vita alla fine trasfigurata dal potere dell’amore.
Un’intepretazione che può segnare a vita! Un’artista espressiva e magnifica, che ha tutto.
Il famoso tenore italiano Giacomo Lauri-Volpi, nei suoi incredibili libri su musica e filosofia, nello specifico nel suo libro sui cantanti suoi contemporanei, “Le voci parallele”, parlò della Muzio e descrisse il suo suono come quello di una voce piena di “lacrime e sospiri” – per molto tempo lei è stata un esempio di cosa può essere l’opera  quando non si tratti di cantare note musicali, ma usarle per veicolare le emozioni più profonde non solo del cantante, ma di tutti noi.
Questo brano è una melodia scritta dal suo grande amico ed ammiratore  Lincinio Refice (1885-1954), un prete che scrisse molta musica per la Muzio, fra cui la famosissima opera sacra “Cecilia”, e questo piccolo gioiello, Ombra di Nube… Nells sua brevità, Ombra di nube è un concentrato di nobile e tormentato misticismo.
Lui voleva qualcuno che avesse Dio nella gola… Ed ebbe la Muzio.
Eccone i versi:
“Era il ciel un arco azzurro di fulgor
chiara luce si versava nel mio cuor.
Ombra di nube, non mi offuscare,
della vita non velarmi la beltà.
Vola o nube, vola via da me lontan;
sia disperso questo mio tormento arcan.
Ancora luce, ancora azzurro!
Il sereno vegga per leternità!”

L’ascolto non è mai casuale con lei. Questa donna ti coinvolge dalla primissima nota. Strappacuore, piena di un’emozione per qui non chiede mai davvero scusa.
Dovrebbe?  NO!
Queste parole hanno sempre avuto un doppio significato per me. Quindi, in contrasto con l’odierna filosofia dell’”usa e getta” – questo è la bellezza, una bellezza impalpabile che prega di non essere messa da parte. Ma parla anche ad un livello personale, di un desiderio umano di non essere messi da parte, lasciati alle spalle, la speranza di una persone che il proprio sole non tramonti mai. Il verso che spesso mi fa commuovere fino alle lacrime è: “Ombra di nube, non mi offuscare della vita non velarmi la beltà“.
Non è la speranzia di ognuno nella vita? Specie di coloro tra noi che hanno servito la musica e che siano stati rapiti dalla sua bellezza. Seguita dalle parole, che tutti prima o poi abbiamo proferito nelle nostre vite, implorando che tutte le nuvole vadano via da lei, volando via e portandosi via un vecchio tormento.
Per questo credo che lei preghi alla fine della sua vita, così come farò io – Cecilia morendo vede “abissi di luce” – … Così in questi versi Refice richiama la stessa idea anche in questa preghiera… “Ancora luce, ancora azzurro….. il sereno vegga per l’eternità!”
Così come lei mette a riposo le sue lotte e vittorie, le sue gioie, i suoi amori e dolori a Roma, in una notte misteriosa di maggio, nel 1936… Poteva immaginare l’emozione e l’esultazione che ancora ispira in tutti coloro che ascoltano e vengono trasfigurati dalla sua voce al giorno d’oggi? Lo spero. LO SO.
Brava, “Divina Claudia”. Sei entrata nella mia vita e hai versato acqua sulla mi anima inaridita e da me è sbocciato un fiore di grandi dimensioni e possibilità. Grazie a mia Madre, un’altra cosa di cui devo esserti grata, cara Mamma, per aver portato questa incandescenza nel mio mondo… siete insieme ora, entrambe parte di tutto ciò che è Dio, bellezza e Luce!
Versione italiana a cura di Paolo Tancredi