Un “Nabucco”…allo stadio

Torino, Stadio Olimpio
“NABUCCO”
Dramma lirico in quattro parti su libretto di Temistocle Solera
Musica di Giuseppe Verdi
Nabucco SERGIO BOLOGNA
Abigaille DIMITRA THEODOSSIOU
Fenena TIZIANA CARRARO
Ismaele ALBERTO ANGELERI
Zaccaria ENRICO IORI
Anna FERNANDA COSTA
Abdallo GIANNI MALUDROTTU
Il Sommo Sacerdote di Belo GIAN MARIA PATRONE
Orchestra sinfonica “Sinfolario” di Lecco e Orchestra del Festival Puccini
Coro “Francesco Tamagno”
Direttore Alberto Veronesi
Regia Massimo Pezzuti
Costumi a cura di Laura Marocchino
Torino, Stadio Olimpico, 22 giugno 2011
Il Nabucco di Verdi in uno stadio… per fare un paragone calcistico, credo che, se si fossero fatte scommesse sull’esecuzione, a proposito del «Va’ pensiero» prima dell’inizio dell’opera sarebbe stata pagata una quota molto bassa per l’ipotesi “bis sì” e una quota molto alta per il “bis no”: volete che non si faccia il bis del «Va’ pensiero» nell’edizione più “popolare” che possa esistere del Nabucco? Ma pochi minuti dopo l’inizio del primo atto le quote sarebbero state rapidamente modificate, fino a capovolgere le prospettive iniziali. E le persone ben informate, che, dopo aver fatto un giro nel retropalco, avrebbero scommesso subito sul “bis no”, si sarebbero arricchite. Dopo l’esecuzione del celebre coro, seguito da uno stanco applauso e dall’inizio dell’esodo (sempre per stare in tema) del pubblico, è infatti stata attaccata subito la profezia, e nessuno del bis ha sentito la mancanza. Era infatti passata mezzanotte, il terzo atto era iniziato tra le proteste del pubblico dopo 50 minuti d’intervallo, e il coro, bisogna ammetterlo, è stato una delle componenti più deboli dello spettacolo; probabilmente non per colpa del Coro “Francesco Tamagno” di Torino, ma a causa delle condizioni in cui si è trovato a lavorare: chiamato a meno di ventiquattr’ore dall’inizio della rappresentazione per sopperire al forfait dato dalla formazione precedentemente ingaggiata. E non s’è trattato dell’unico imprevisto organizzativo di questa produzione: anche il baritono protagonista è subentrato a un collega pochi giorni prima dello spettacolo, ed il regista è cambiato due volte, l’ultima alla vigilia della rappresentazione; le comparse, poi, sono state convocate nel pomeriggio del giorno precedente lo spettacolo, ed alcuni sono tornati a casa trovandosi abbandonati a se stessi. Non stupisce, quindi, che la regia fosse praticamente inesistente, e che l’allestimento “colossale” si sia risolto in un bluff, con scene fisse e movimenti meno che didascalici.
L’acustica è stato un altro neo della serata, e, in uno stadio, in cui è necessaria l’amplificazione, non poteva essere altrimenti; particolarmente penalizzata è stata la tribuna stampa, che è uno dei posti migliori per assistere alle partite, ma non certamente per ascoltare un concerto, dal momento che vi giunge una fastidiosa eco dalle curve. Si è così perso anche quanto di buono nello spettacolo c’è stato, cioè l’interpretazione che Dimitra Theodossiou ha dato al ruolo di Abigaille: donna tormentata la cui complessa personalità è stata messa in rilievo dal soprano greco grazie all’amplissima estensione, all’abilità nella coloratura drammatica e alla dolcezza dei filati sfumati fino all’estremo; all’appassionato che l’ha ascoltata è rimasto un gran desiderio di poterla riascoltare, nello stesso ruolo, in un teatro tradizionale.
Accanto alla star internazionale, il baritono Sergio Bologna, dopo una partenza difficoltosa, ha saputo conferire umanità al ruolo di Nabucco, specie nel duetto del III atto, pur mostrando alcuni limiti tecnici nei fiati e nelle agilità. Un registro intermedio espressivo, a fronte di qualche debolezza negli acuti, per il mezzosoprano Tiziana Carraro (Fenena), e ci è parso dotato di una voce chiara e luminosa  il tenore Alberto Angeleri (Ismaele); mentre il basso Enrico Iori (Zaccaria), dotato di uno strumento possente e di un’emissione incisiva, deve affinare lievemente la tecnica. Il cast era degnamente completato da Fernanda Costa (Anna), Gianni Maludrottu (Abdallo) e Gian Maria Patrone (Il sommo sacerdote di Belo).  Ribadiamo che, ogni parere sulle voci,  è frutto di un ascolto in condizioni acusticamente disagiate.
Ma per quale motivo rappresentare un’opera allo stadio? forse per renderla accessibile a tutti? Non certo da un punto di vista economico, almeno in questo caso, dato che i prezzi dei biglietti, dai 28 Euro della curva ai 142 della platea centrale, erano superiori alla media dei teatri lirici italiani, ed il costo ha contribuito al malcontento che al termine dello spettacolo si sentiva nei commenti degli spettatori. Allora, per rendere accessibile l’opera da un punto di vista “culturale”? probabilmente, chi ha organizzato lo spettacolo e chi lo ha sponsorizzato (come il Comune di Torino, che ha concesso l’uso dell’Olimpico ad un prezzo di favore) ha pensato che, facendo assomigliare l’opera ad un concerto rock, nuovi spettatori possano avvicinarsi alla lirica. Sicuramente, tra i circa 13.000 presenti, un certo numero di persone il 22 giugno ha assistito per la prima volta ad un’opera, ma temo che molti di questi spettatori “vergini” siano usciti con poca voglia di ripetere l’esperienza. E se anche la qualità esecutiva fosse stata migliore, da appassionato dubito che queste persone avrebbero davvero capito che cos’è un melodramma; lo avrebbero capito molto meglio assistendo, per un prezzo mediamente non superiore, alla Lucia di Lammermoor che negli stessi giorni era in scena al Teatro Regio.