Firenze, Saloncino del Teatro della Pergola, Amici della Musica, Stagione 2011-2012,
Ciclo “Armonie barocche”
“Le quattro stagioni e dintorni…”
“L’Astrée”, Gruppo Cameristico della “Academia Montis Regalis”
Violino Francesco D’Orazio
Soprano Gabriella Costa
Antonio Vivaldi: Da “Il cimento dell’armonia e dell’inventione” op. VIII: Concerto per violino, archi e basso continuo n. 1 in Mi maggiore RV 269 “La primavera”; Concerto per violino, archi e basso continuo n. 2 in Sol minore RV 315 “L’estate”; Concerto per violino, archi e basso continuo n. 3 in Fa maggiore RV 293 “L’autunno”; Concerto per violino, archi e basso continuo n. 4 in Fa minore RV 297 “l’inverno”.
Antonio Vivaldi: “Amor, hai vinto”, cantata per soprano e basso continuo RV 651; “Elvira, anima mia”, cantata per soprano e basso continuo RV 654; “Lungi dal vago volto”, cantata per soprano, violino e basso continuo RV 680.
Firenze, 23 ottobre 2011.
l quarto appuntamento di “Armonie barocche” degli Amici della Musica di Firenze vede come protagonista L’Astrée, Gruppo Cameristico della Academia Montis Regalis, ensemble torinese fondato nel 1991 e già insignita dell’ambito Premio Abbiati, che ha contribuendo a una sorta di renaissance della produzione musicale del barocco piemontese; suo primo violino è il barese Francesco D’Orazio, anche lui Premio Abbiati nel 2009, artista capace di spaziare dal barocco alla contemporaneità. Allievo al Mozarteum di Salzburg, la sua arte si esprime cimentandosi su un Giuseppe Guarnieri “Comte de Cabriac” del 1711.
Al loro fianco si accosta il soprano Gabriella Costa che nel corso della sua carriera ha avuto modo di mostrare la sua versatilità lavorando con gruppi barocchi quali l’Accademia Bizantina, gli Auser Musici e I Solisti Veneti, ma anche di partecipare a prime esecuzioni assolute di autori contemporanei come Giorgio Battistelli e Marco Betta.
Il programma della serata verte sui primi quattro concerti del ciclo “Il cimento dell’armonia e dell’inventione” op. VIII per archi e basso continuo di Antonio Vivaldi, meglio noti come “Le quattro stagioni”, che a dispetto della conclamata celebrità videro la loro riscoperta in tempi moderni solo dopo il secondo dopoguerra grazie all’attività dell’Accademia Musicale Chigiana di Siena.
Quella proposta da quest’esibizione è una lettura che trova il suo punto di forza in un andamento tumultuoso che trascina l’estrosa energia della musica vivaldiana verso un’atmosfera di concitata drammaticità che nel Largo del concerto n. 4 “L’inverno” tende ad essere alquanto eccessivo dando l’impressione di trovarsi nel mezzo d’una furiosa tempesta invece che di una pioggia che delicatamente cade dalle grondaie su un terreno dormiente nell’attesa del ritorno della vita (come invece voluto dai sonetti sul testo dei quali la musica viene composta facendo di questa tetralogia, di fatto, il primo tentativo di “musica descrittiva”, genere che attraversando l’esperienza della “Pastorale” di Beethoven conoscerà la sua massima maturità con la Symphonie fantastique di Berlioz) . Francesco D’Orazio si ricava momenti solistici molto ampi caratterizzati da un virtuosismo largo respiro tuttavia caratterizzato da un’espressività capace di renderlo patetico al giusto livello grazie a tempi che intelligentemente vengono a dilatarsi piuttosto largamente. L’ottima bravura di saper inserire la questa giusta drammaticità a tali bellissime pagine musicali è purtroppo turbata da una non ottimale forma esecutiva che causa spesso molte, troppe sbavature causando accordi davvero stridenti che si sono potuti rintracciare in luogo di praticamente tutti i quattro concerti.
Le quattro stagioni sono alternate da tre cantate per soprano del “prete rosso”: “Amor, hai vinto” RV 651, “Elvira, anima mia” RV 654 e “Lungi dal vago volto” RV 680 interpretate da una Gabriella Costa in bellissimo abito azzurro pastello. Se il timbro si distingue per un colore certamente non angelico, nulla si può obiettare al riguardo dell’indubbia potenza vocale che si fa notare nonostante i brani scelti non richiedano al cantante eccessivi sforzi d’emissione. La sua esibizione si caratterizza per un andamento puntato e staccato, scansione chiara del testo, abile in passaggi virtuosistici e ottima resa nei momenti di sospensione e nelle legature permettendole momenti cadenzati con risultati piuttosto garbati. Molto brava nell’aria “Augelletti, voi col canto” della cantata “Lungi dal vago volto” nell’instaurare un dialogo elegiaco e ben intonato col violino solista di Francesco D’Orazio compiendo un vero e proprio duetto caratterizzato da un affiatamento che si rivela anche in larghe intese di sguardi; peccato per l’unica grossa pecca inevitabilmente riscontrabile nella ripresa dell’aria “Partirò, ma vedrai quanto” della cantata “Elvira, anima mia” in cui una repentina ascesa di registro non le permette di adattare al meglio il suo strumento provocando un’afonia che purtroppo è bastata per guastare il complesso della buona prestazione che ha comunque saputo ampiamente dimostrare per il resto di tutta l’aria. Molto apprezzato il bis con la commovente aria “Lascia ch’io pianga” dal “Rinaldo” di Händel.