Firenze, Teatro della Pergola. Amici della Musica, Stagione 2011-2012 , Ciclo “Armonie barocche”.
Venice Baroque Orchestra
Direttore Andrea Marcon
Mezzosoprano Romina Basso
Flauto traversiere e oboe Michele Favaro
Antonio Vivaldi: Sinfonia in La maggiore per archi e basso continuo RV 158; “Sovvente il sole”, aria da “Andromeda liberata”; Concerto in Sol maggiore per flauto traversiere, archi e basso continuo RV 436
George Friedrich Händel: “Sì poco è forte dunque tua fede?”, aria da “Berenice”
Tomaso Albinoni: Concerto in Sol maggiore per archi e basso continuo op. VII n. 4
George Friedrich Händel: “Dall’ondoso periglio – Aure, deh per pietà”, recitativo e aria da “Giulio Cesare in Egitto”
Alessandro Marcello: Concerto in Re minore per oboe, archi e basso continuo
Antonio Vivaldi: “Se lento ancora il fulmine”, aria da “Argippo”
Firenze, 15 ottobre 2011
“Armonie barocche”, questo il titolo di un nuovo ciclo tematico di concerti che nel fresco pomeriggio di sabato 15 ottobre 2011 prende il via presso gli Amici della Musica di Firenze.
Protagonisti, presso il singolare Teatro della Pergola, sono gli artisti della Venice Baroque Orchestra, nata in seno all’Accademia di San Rocco nel 1997 grazie ad Andrea Marcon che a tutt’oggi ne riveste il ruolo direttoriale. Specializzata nel repertorio barocco, con un occhio di riguardo verso il ‘700 veneziano, per il concerto fiorentino conta sulla presenza della bravissima mezzosoprano Romina Basso che contribuisce con l’esibizione di quattro arie. Nata a Gorizia, suoi cavalli di battaglia sono i repertori barocco e rossiniano.
La prima delle arie di questo concerto è “Sovvente il sole” dall’“Andromeda liberata” di Vivaldi (con violino concertante) nel corso della quale vengono riscontrate alcune difficoltà soprattutto nel destreggiarsi all’interno del registro basso provocando un’emissione piuttosto intubata e di difficile scorrevolezza. Brillante prestazione, invece, l’esibizione delle altre tre arie in programma: “Sì poco è forte dunque tua fede?” dalla “Berenice” di Händel, “Dall’ondoso periglio – Aure deh, per pietà” dal “Giulio Cesare” dello stesso e “Se lento ancora il fulmine” dall’“Argippo” di Vivaldi. La professionalità tecnica dello strumento vocale si riscontra nell’emissione di acuti controllati, senza eccessi e ben intonati, in un buon lavoro sul registro basso che qui finalmente emerge in un tutta la sua limpida coloratura, in sfumature coloristiche di alto gusto inserite armonicamente nei momenti più elegiaci che (e soprattutto) in quelli più energici dimostrando una non indifferente padronanza di vivace espressività. Sempre ottimo il fraseggio soprattutto nel recitativo “Cesare dall’ondoso periglio” di Handel, mentre variazioni, fioriture e cadenze estemporanee scelte dall’artista sono sinonimo di ricercate scelte di raffinatezza non solo estetica, ma anche pratica.
I momenti vocali sono alternati a quelli prettamente strumentali con la Sinfonia in La maggiore per archi e basso continuo RV 158, il Concerto in Sol maggiore per flauto traversiere, archi e basso continuo RV 436 di Vivaldi, il Concerto in Sol maggiore per archi e basso continuo op. VII n. 4 di Albinoni e il celebre Concerto in Re minore per oboe, archi e basso continuo di Alessandro Marcello. I quattro brani concepiti da menti veneziane, sono eseguiti con una singolare interpretazione che può contare su quella giusta dose di sobrietà da rendere quell’estrosa energia tipica della musica lagunare del XVIII secolo con una delicatezza tale da essere gradevole ad un orecchio propenso a una melodia piuttosto sensibile, un’armonia più poetica che impetuosa.
Solista nei concerti per traversiere di Vivaldi e per oboe di Marcello è Andrea Favaro che mostra ampia abilità nell’approcciarsi con entrambi i legni (anche se qualche perplessità d’intonazione viene riscontrata all’esibizione all’oboe) oltre a larghe capacità di saper contestualizzare il suo ruolo solistico in un contesto d’assieme come quello concertistico.
Bis di congedo è l’aria “Sol da te mio dolce amore” dall’“Orlando furioso” di Vivaldi grazie al quale è possibile apprezzare in un sol momento sia la voce di Romina Basso che il ruolo solistico sull’orchestra di Michele Favaro che torna al traversiere: larghe intese tra i due protagonisti offrono un pathos largamente espressivo concludendo un apprezzabile concerto salutato dal favore pressoché unanime di tutto il pubblico presente.