Gaetano Donizetti (1797-1848): “Maria di Rohan”

Melodramma tragico in tre atti su libretto di Salvatore Cammarano (Versione di Vienna del 1843). Orchestra of the Age of Enlightenment, Geoffrey Mitchell ChoirSir Mark Elder (direttore). José Bros (Riccardo di Chalais), Christopher Purves (Enrico di Chevreuse), Krassimira Stoyanova (Maria di Rohan), Graeme Broadbent (di Suze), Loic Felix (Armando di Gondì), Brindley Sherratt (De Fiesque), Christopher Turner (Aubry), Riccardo Simonetti (un famigliare di Chevreuse). Appendici della versione di Parigi del 1843: Enkelejda Shkosa (Armando di Gondì). Registrazione: ottobre /novembre 2009,  Henry Wood Hall, Londra. 2 CD Opera Rara ORC44.

E’ la versione viennese  della Maria di Rohan quella proposta in questo doppio cofanetto dell’Opera Rara. Abitualmente l’opera viene proposta nella revisione che Donizetti fece a pochi mesi dalla prima del 1843 per il Théatre Italien. Versione nella quale, il cambiamento più vistoso è la traspozione e ampliamento del ruolo  tenorile di Armando di Gondì, affidato a Parigi al celebre contraltile di Marietta Alboni. Nella versione viennese poi, non è presente la cabaletta “Benigno il ciel arridere” che chiude l’aria di Maria “Havvi un Dio” nell’atto terzo. Il tema musicale lo ritroviamo affidata a Riccardo di Chalais, dopo la sua “Alma soave e cara”, con le parole “E tu, se cado esanime”.  In appendice alla presente registrazione, troviamo le pagine scritte per la Alboni e una cabaletta “Ah! La speme di quest’anima” scritta per Gaetano Fraschini che interpretò Chalais al San Carlo di Napoli nel 1844.  Nel ruolo di Gondì troviamo una Enkelejda Shosa che non va oltre la correttezza. Dobbiamo però dire che, l’intera concertazione non convince. A partire dalla concertazione di Sir Mark Elder che dopo una sinfonia “fracassona”, opta per una lettura dai ritmi frenetici, ma sostanzialmente superficiale. Krassimira Stoyanova è un soprano più che apprezzabile, ma non qui, non in Donizetti dove appare chiaramante spaesata. L’approccio al personaggio è vocalmente contrassegnato dalla prudenza.  Pochi colori, un fraseggio generico e un evidente impaccio nel canto di agilità. José Bros, benché vocalmente piuttosto stanco e con suoni non sempre gradevolissimi, sa cosa è il canto donizettiano e di conseguenza canta con morbidezza e con un accento che, almeno nelle linee generali, è nobile. Al contrario di Christophere Purves dalla voce poco gradevole, espressivamente povera di colori e che, in più, tende ad essere piuttosto esagitato e ad offrire del complesso personaggio di Chevreuse una visione solo concitata, scarsamente nobile. Modeste le parti di fianco. Una incisione che, purtroppo lascia con la bocca decisamente amara.