Milano, Teatro alla Scala: “Die frau ohne schatten”

Milano, Teatro alla Scala, Stagione Lirica 2011/2012
“DIE FRAU OHNE SCHATTEN”
Opera in tre atti su libretto di Hugo von Hofmannstahl
Musica di Richard Strauss
Der Kaiser JOHAN BOTHA
Die Kaiserin EMILY MAGEE
Die Amme MICHAELA  SCHUSTER
Der Geisterbote SAMUEL YOUN
Ein Hüter der Schwelle des Tempels MANDY FRIEDRICH
Erscheinung eines Jünglings PETER SONN
Die Stimme des Falken TALIA OR
Eine Stimme von oben MARIA RADNER
Barak, der Färber FALK STRUCKMANN
Die Färberin ELENA PANKRATOVA
Der Einäugige CHRISTIAN MIEDL
Der Einarmige ALEXANDER VASSILIEV
Der Bucklige ROMAN SADNIK
Ein Wächter  MIKHAIL KIRIA
Dienerinnen LUCIA ELLIS BERTINI, ALLA UTYANOVA, STEFANIA GIANNINI
Keikobad (danzatore) PAUL LORENGAR
Coro e Orchestra del Teatro alla Scala di Milano
Direttore Marc Albrecht
Regia Claus Guth
Scene e costumi Christian Schmidt
Luci Olaf Winter
Video Andi A. Müller
Coproduzione con Royal Opera House, Covent Garden, Londra
Milano, 20 marzo 2012

L’affermazione di Richard Strauss come grande operista giunse nel 1905 componendo l’elettrizzante “Salome” seguita da “Elektra” che segna l’inizio della fortunatissima collaborazione con il drammaturgo e librettista H. von Hofmannsthal. Ma è con la composizione di “Die frau ohne schatten” (1919) che il compositore tedesco raggiunge il suo apice musicale e drammatico.
Se in “Ariadne auf Naxos” l’angoscia è la caratteristica della donna abbandonata, in “Die frau ohne schatten” lo è la coppia. L’opera è concepita come una fiaba, sul tema dell’amore benedetto dalla nascita di bambini; Hofmannsthal, nelle sue lettere, la paragona al “Flauto magico” di Mozart, poiché presenta una struttura simile, con due coppie. Nel libretto di Hofmannsthal è ripreso un motivo caro alla cultura romantica ossia la creatura soprannaturale che aspira ad una vita umana. Il motivo ispira due capolavori del primo romanticismo la fiaba popolare di “Raimondo e Melusina” e il testo di “Undine” (1811) di F.Karl de la Motte Fouqué, ma è evidente che nella stesura del libretto ad Hofmannsthal non sfuggirono diverse fonti orientali come ad esempio “Le sette principesse” del poeta persiano Nezami.
Il drammaturgo annotò la prima idea della “Frau” nel suo taccuino in data 26 febbraio 1911, esattamente un mese dopo la rappresentazione de “Der Rosenkavalier” ma forse per l’intrecccio intricatissimo egli lavorò con molta discontinuità al libretto fino al 1912, poi nel 1913 iniziò a scriverne una versione in prosa che pubblicherà più tardi come racconto a parte. Nella documentazione epistolare fra Strauss e Hofmannsthal vi ritroviamo una certa insofferenza da parte del compositore, impaziente di ricevere per intero il testo su cui avrebbe in seguito potuto scrivere la composizione musicale.
Ascoltare il magico prodotto di Strauss per “Die frau ohne schatten” esige attenzione allo schema segreto, al fondo di tutta la trama: Il gioco delle coppie. Se analizziamo la variegatissima orchestra, ci accorgiamo che gli strumenti desueti, strani, come ad esempio la Glassharmonika o quelli esotici come le castagnette e i gong cinesi, sono schierati dalla parte degli esseri soprannaturali, mentre strumenti fondamentali come lo xilofono e la cassa rullante appartengono all’universo naturale, degli umani.
I momenti culminanti del sinfonismo operistico sono nelle scene di magia, e si richiamano a passi salienti della “Symphonia domestica” o della “Alpensinfonie”.
Da pelle d’oca è l’ascolto del canto notturno dei guardiani e il quintetto corale dei bimbi mai nati, anticipazione di uno sguardo oltre i confini dell’essere che ritroveremo in seguito nelle sue ultime composizioni e nei “Vier letze lieder”.
Questa complessa e difficile opera lirica è finalmente tornata in Scala dopo 13 anni dall’ultimo allestimento diretto da Sinopoli. È la prima delle quattro produzioni che il Teatro milanese realizzerà con il Covent Garden di Londra e segna il debutto scaligero di Claus Guth, uno dei registi più ricercati della scena mondiale. Il lavoro dell’ingegnoso Guth-ispirato anche dalle atmosfere surrealiste di René Magritte.- ha prodotto un allestimento scorrevole ed efficace, tenendosi fedele allo spirito onirico e misterioso dell’opera.
Il regista al suo debutto scaligero dice «Impossibile rendere questa storia in modo realistico, mentre acquista senso immaginarla come un incubo notturno dell’Imperatrice, giovane donna che sta cercando la propria personalità dopo essere passata dalle braccia di un padre troppo protettivo a quelle di un marito altrettanto “asfissiante”. Anche Hofmannsthal insisteva sulla componente del sogno».
Incantevoli le luci realizzate da Olaf Winter che facevano magicamente proiettare le ombre degli interpreti sulle pareti della scena realizzata dallo scenografo Christian Schmidt. Quest’ultimo ha disegnato anche i raffinatissimi costumi ispirati dalle illustrazioni realizzate con la tecnica del collage di Max Ernst.
L’esecuzione musicale aveva il suo punto di forza nella buona interpretazione vocale ed attoriale degli interpreti che hanno recitato i loro ruoli in modo perfetto. A causa di un improvviso intervento chirurgico, il Maestro Semyon Bychkov è stato costretto a rinunciare alla direzione di “Die Frau ohne Schatten” e sul podio è salito Marc Albrecht, figlio d’arte, nuovo direttore musicale dell’Opera di Amsterdam, già ammirato interprete di Strauss e osannato in diverse produzioni recenti. Una cosa da rimproverare al corretto direttore sono stati i vari tagli nella lunga composizione straussiana che forse hanno alleggerito il carico di note che avrebbero dovuto affrontare i cantanti. Il ruolo della Nutrice di natura mefistofelica è stato interpretato da Michaela Schuster, ottima attrice impiegata nell’affrontare un personaggio vocalmente assai arduo che passa con facilità dal declamato quasi isterico alla zona centrale.
Il tenore 46enne Johan Botha nel ruolo dell’Imperatore ha colpito per lo squillo della zona acuta e la bella linea del canto. Falk Struckmann ha interpretato con maestria il personaggio di Barak, ruolo che io stesso ho imparato ad apprezzare molto proprio guardando ed ascoltando il basso-baritono tedesco. Elena Pankratova cantava la moglie di Barak in modo corretto e spero che continui ad interpretare questo tipo di ruoli invece di soffermarsi a ricercare un qualcosa di nuovo nel repertorio italiano. Affaticata Emily Maage nel ruolo dell’Imperatrice, stanchezza dovuta anche al fatto che nel primo atto è stata costantemente sulla scena. Il pubblico milanese ha reagito meravigliosamente allo spettacolo proposto dalla Scala tributando una meritata ovazione al termine della “surreale” serata. Mi auguro di cuore che questo tipo di sensibilizzazione verso il repertorio straussiano continui nel tempo perché in esso vi ritroviamo una carica artistica ed umana che riscalda e ravviva i cuori di chi l’ascolta ..e ci fa scordare le nostre ombre quotidiane. Foto Monika Rittershaus