Napoli, Teatro di San Carlo, Stagione Lirica 2011/2012
“IL PIPISTRELLO”
Balletto in due atti e sette quadri
Coreografia Roland Petit
Musica di Johan Strauss jr.
Bella OLGA ESINA
Johann KYRILL KOURLAEV
Ulrich ENO PECI
Tenore STEFANO SORRENTINO
Orchestra e Corpo di ballo del Teatro di San Carlo
Scuola di ballo del Teatro di San Carlo
Direttore Nicolae Moldoveanu
Scene J.M.Willmotte
Costumi Luisa Spinatelli
Tecnica e luci J. Michel Desiré
Produzione del Teatro alla Scala di Milano
Napoli, 14 aprile 2012
È con le parole di Vittoria Ottolenghi che chi scrive vuole ricordare il compianto Roland Petit, «l’ultimo grande coreografo del nostro tempo realmente capace di evocare e di fondere, sui palcoscenici del mondo, le passioni più scatenate, sia carnali, sia disincarnate. E, questo, nel nostro corpo e nel nostro cervello insieme: così come accade in ogni vero amore».
Il Pipistrello di Johann Strauss figlio, rappresentato al San Carlo nella sua forma originale di operetta (Die Fledermaus, andata in scena a Vienna la domenica di Pasqua del 1874) per circa un ventennio, è stato riprodotto per il Massimo napoletano esclusivamente nella versione per la danza di Petit, a partire dal 5 marzo 1993. La trama, scarna ma godibile, è incentrata sul consueto cliché del marito farfallone, in questo caso notturno seduttore di donne e, pertanto, a ben ragione “pipistrello” pronto a volare via dal letto coniugale col buio delle tenebre. Solo l’astuzia della moglie Bella, consigliata dall’amico di famiglia Ulrich, deus ex machina della montatura destinata a ingannare l’ignaro Johann, farà emergere l’altro topos della stupidità (a dire il vero tutta maschile) dell’uomo che si innamora e insegue una sconosciuta, senza sapere che in realtà si tratta della moglie, opportunamente camuffata.
Non è superfluo ribadire la genialità e l’intelligenza coreografica di Roland Petit, scomparso a Ginevra il 10 luglio dello scorso anno. La sua visione moderna del balletto classico, quello della danza d’école, il suo saper coniugare rapidamente passato, innovazione, danza, musica e arti visive, con particolare attenzione per scenografia e costumi, sono ben note a chi conosce il mondo della danza. Il suo inimitabile stile “parigino”, carico di sensualità e raffinatezza, sostenute da un forte impianto tecnico, mantenuto con costanza nella sua per nulla convenzionale linea creativa, emerge nelle scene del balletto mescolando sapientemente comicità e lirismo, drammaticità e leggerezza. I suoi personaggi femminili, tutti ispirati all’amatissima e stimatissima moglie Zizi Jeanmaire, sono forti e seducenti. Così è per Bella, che non si perde d’animo davanti alla sortita notturna del marito da “Maxim’s”, ma si presta al gioco/vendetta organizzato da Ulrich per smascherarlo e dimostrare che l’uomo in perenne ricerca di novità finisce sempre per illudersi e rincorrere quello che non ha. Alla fine, però, quello che in realtà si cerca, sia pure inconsciamente, è la verità e la sicurezza del focolare domestico, ben simboleggiato dal paio di pantofole dapprima stizzosamente rifiutate, ma alla fine accettate di buon grado. L’ormai stanco “pipistello” ha perso le ali (una sorta di Silfide al maschile, sia pure con le dovute differenze…) dopo aver inseguito un sogno che, in realtà, è sempre davanti ai suoi occhi, ma che le vesti consuete di moglie affettuosa non gli avevano permesso di apprezzare.
Applausi meritati per la protagonista, interpretata dalla brava e bella Olga Esina. Nata a San Pietroburgo e diplomatasi alla prestigiosa Accademia “Vaganova” della stessa città, entra subito a far parte del corpo di ballo del Teatro Marijnskij interpretando ruoli di prima ballerina. È attualmente tra le danzatrici maggiormente richieste nei gala internazionali e nei teatri europei. La purezza delle linee, lunghe e disegnate in ogni figura, unite a una grazia solare e alla trasfigurazione dei passi in tocchi leggeri, hanno come al solito sottolineato la differenza con un corpo di ballo femminile alquanto infelice, sia nella tecnica sia nella qualità di movimento e nella musicalità, per non parlare di qualche elemento un po’ troppo in carne, o comunque dalle proporzioni diciamo non proprio canoniche nel XXI secolo. Se a Napoli va effettivamente di moda la danzatrice “ristretta”, il problema è l’effetto visivo che risulta dalla giustapposizione con una prima ballerina del genere. Ebbene, si sa, il metro è dalla parte dei russi, ma sarebbe più conveniente rivedere le “misure” del corpo di ballo napoletano o invitare, in alternativa, ospiti con meno centimetri sulla testa (ad esempio i cubani, ma in questo caso si avrebbero poi problemi di pirouettes!), per non rischiare di confondere i professionisti con i bambini della scuola di ballo, come sempre carinissimi in scena. Nelle vesti del “pipistrello” Johann c’è Kirill Kourlaev. Moscovita di nascita, formatosi presso la Scuola di ballo della città, prosegue gli studi al Conservatorio di St. Pölten in Austria e presso la Scuola di Ballo della Wiener Staatsoper. Opportunamente distante, come deve esserlo il personaggio nel primo quadro, è generalmente poco espressivo. Non bellissimo, è ben calato nel ruolo, nonostante qualche imprecisione tecnica che, tuttavia, non va sottolineata più di tanto: la danza è un’arte e qualche imperfezione, se compensata dall’interpretazione, non solo passa inosservata, ma è anche bene che ci sia! Il confronto con il disomogeneo corpo di ballo maschile questa volta non è troppo tragico, anche se l’elevazione di Kouralev pare non trovi confronto, se non nel giovanissimo Alessandro Staiano, impegnato nella Czarda ungherese. Da poco diplomatosi presso la scuola del Teatro San Carlo, ben piazzato fisicamente è dotato di tecnica forte e di grintosa presenza scenica. Anche tra gli uomini del corpo di ballo sarebbe tuttavia necessaria non solo una “scrematura”, vista l’età avanzata di alcuni danzatori, la tecnica scarsa di altri e le dimensioni non proprio “all’altezza” di altri ancora. Per non parlare dei talenti delle classi maschili della Scuola diretta da Anna Razzi, che si ritrovano raramente in compagnia, per cui un osservatore attento si domanderà: ma dove finiscono questi ragazzi? Mah. Il punto è sempre lo stesso e chi scrive sembra avere un chiodo fisso: denigrare questo già troppo vilipeso corpo di ballo. Non è cattiveria né astio, anzi, la cosa dispiace non poco. Il rispetto per chi sceglie di dedicare la propria vita a un sì nobile impiego va ribadita, ma l’amore per un Teatro magnifico, ricco di storia e tradizione, unito alla stanchezza di dover tirare sempre le stesse somme ad ogni rappresentazione, spazzano via ogni possibile ipocrisia e opportunistiche quanto false esaltazioni. Non a caso, la scelta del repertorio pare confermare di stagione in stagione la necessità di non oberare con titoli eccessivamente tecnici o comunque più “pesanti” l’ensemble. Quando anche il San Carlo deciderà di adeguare l’organico del proprio corpo di ballo ai modelli europei saremo tutti felicissimi, anche di spendere tanti (troppi) soldini per una poltrona di platea o un loggione che sia, ma almeno ne varrà la pena! Chi vivrà vedrà, con l’augurio di poterne tessere, in un futuro non troppo lontano, lodi infinite .
Foto Francesco Squeglia – Teatro San Carlo di Napoli