Londra, English National Opera, Stagione lirica 2011/2012
“JAKOB LENZ”
Opera da camera in dodici quadri e un epilogo. Libretto di Michael Fröhling dalla novella Lenz di Karl Georg Büchner.
Versione in lingua inglese di Richard Stokes.
Musica di Wolfgang Rihm
Jakob Lenz ANDREW SHORE
Oberlin JONATHAN BEST
Kaufmann RICHARD ROBERTS
6 stimmen REBECCA VAN DEN BERG (spr. 1)
ALEXA MASON (spr.2)
SIGRIDUR OSK (mspr.1)
LOUISE COLLETT (mspr. 2)
JIMMY HOLLIDAY (bs.1)
BARNABY REA (bs. 2)
3 kinder ELEANOR GRANT, HARRY FOSTER, LILLIE FORRESTER
Ensemble strumentale della English National Opera
Direttore Alexander Ingram
Regia Sam Brown
Scene e costumi Henning Brockhaus
Luci Guy Hoare
Coreografia Anjali Mehra
Nuovo allestimento della ENO
Bologna, 17 aprile 2012
La English National Opera rende omaggio al compositore tedesco Wolfgang Rihm, mettendo in scena, in occasione del suo 60esimo compleanno, una versione tradotta in inglese della celebre opera da camera Jacob Lenz, scegliendo come location l’accogliente ed intimo Hamstead Theatre. Dall’instante in cui si entra in teatro, si avverte che ciò a cui si sta per assistere non è uno spettacolo tradizionale, ma un’esperienza che coinvolge il pubblico a tutto tondo, attirandone non sono la vista e l’udito ma anche l’olfatto. Da subito, infatti, si avverte l’odore di acqua stagnante e paludosa, parte della scena, che si può già parzialmente scorgere, tra la trama di un velo sottile, quasi una coltre di nebbia, che si schiude nel momento in cui scendono le luci. L’ambientazione scelta dalla brillante Annemarie Woods è una palude di una valle alsaziana, in cui si sta costruendo una chiesa e i protagonisti sono per la maggior parte del tempo con i piedi in acqua, con un vero e proprio bagno per Lenz, durante il tentato annegamento. La scelta di un’ambientazione esterna, in un contesto naturalistico, è fedele ai dettami dello Sturm und Drang, movimento culturale tedesco di cui il protagonista fece parte, che interpretavano la natura in chiave pre-romantica, rendendole parte del sentire dell’uomo. L’apporto di Lenz, scrittore e teologo, fu quello di interrompere la dipendenza dal modello vincolante delle tre unità di “tempo, spazio e azione” sulla scena, seguito fin dal tempo di Aristotele, anticipando così elementi decisivi del dramma moderno, ricercando le motivazioni psichiche di un dato avvenimento, motore di azioni (o non azioni) dei suoi protagonisti.
Scritta tra il 1977 e il 1978, l’opera attirò l’attenzione internazionalenon solo per il suo indubbio successo, ma anche e soprattutto perché si poneva come richiamo, da parte di un giovane compositore, verso un nuovo modo di concepire il teatro musicale: la svolta determinata da quest’opera continua ad avere un peso sia nell’estetica di Rihm che in quella di altri autori della sua generazione, basti pensare al Prometeo, tragedia dell’ascolto, messo in scena da Nono. Rihm si impose per una straordinaria libertà di pensiero e un’ottica completamente diversa da quella dei predecessori. Risulta quindi non banale la scelta di Wolfgang Rihm che come soggetto sceglie una novella di Büchner, incentrata sulla figura del poeta tedesco Lenz, ispirata a sua volta ai diari tenuti dal Reverendo Oberlin, che lo ospitò a Waldbach in un estremo tentativo di curarlo, e narra il tragico vagare del protagonista per i monti Vosgi, in stato schizofrenico, durante il declino della sua mente che portò al tragico epilogo. Quella che Rihm mette in scena è la tragedia in atto nella mente di Lenz, tragedia indotta da un contrasto interno tra un’educazione religiosa pietista e l’attrazione per un naturalismo pagano ed erotico, fino ad affermare nel finale il predominio della Logica, facendosi portavoce di una “resistenza” verso ciò che è univoco e aprioristico, sia esso Dio, lo Stato o l’Ideologia.
Questo nuovo allestimento è stato affidato al giovane ed eclettico regista Sam Brown il quale, assieme al prezioso lavoro di Richard Strokes, che ha tradotto l’opera dal tedesco, fornisce una visione fresca e accattivante, procedendo – come spesso nelle nuove produzioni ENO – a tagli nel testo e introducendo sulla scena Friederike, per rendere ancora più evidente la tragedia che Lenz vive sulla scena e nella sua mente. Sam Brown, precisa addirittura che il suo tentativo è stato quello di porre sotto i riflettori, non la storia di un pazzo, ma gli ultimi giorni di un uomo malato che si pensa sano percepisce il mondo esterno come malato e distorto, fornendo interessanti spunti di riflessione. Quello che vediamo sulla scena sono spesso proiezioni della mente di Lenz e dei contrasti che vi accadono, come nel caso del dialogo tra il pastore e l’amico, libertino, Kaufmann. Questo fatto spiega la scelta di introdurre anche l’amata defunta Friederike, ex dell’amico Goethe, che, descrive il Werther con parole che ben si addicono anche a Lenz: “Due anime, ahimé, dimorano nel mio petto; e una è sempre divisa dall’altra”. Efficaci anche le coreografie della giovane Anjali Mehra, che limita l’azione in scena, pur dirigendola magistralmente, lasciando piuttosto che sia la musica di Rihm a guidare gli accadimenti. Alexander Ingram, ha l’arduo ruolo di orchestrare suoni, sussurri, rumori, urla e silenzi, come richiesto da una partitura alquanto complessa, a volte monotona (percussioni) e ripetitiva – ricordiamo il Leitmotiv iniziale sull’accordo si-fa-sol bemolle, che risuona fin dalla prima battuta. Non è cosa semplice dare un giudizio sull’esecuzione dell’opera contemporanea, ma certamente si può riconoscere una certa efficacia esecutiva, coerente con quanto accade sulla scena. Il baritono Andrew Shore da prova di grande duttilità e resistenza, cantando quasi ininterrottamente per i 75 minuti che comprendono i 12 quadri dell’opera, e facendolo, per oltre mezz’ora completamente fradicio!
A sostenere il tour de force di Shore un convincente Jonathan Best nel ruolo di Oberlin affincato da un altrettanto capace Richard Roberts, nelle vesti di Kaufmann. Il coro ha supportato in maniera impeccabile il terzetto di voci maschili, con una presenza scenica molto efficace, nei costumi tradizionali alsaziani. Applausi generosi da parte del pubblico della prima, entusiasta della produzione e dello sforzo continuo di ENO nel proporre opere inconsuete e di nicchia, accanto a titoli tradizionali.
Photos copyright Stephen Cummiskey, courtesy ENO