Vicenza, Teatro Olimpico, XXIa edizione delle Settimane Musicali
“IL RATTO DAL SERRAGLIO”
Opera semiseria in due atti, traduzione dall’originale tedesco e adattatamento musicale di Pietro Lichtenthal (Milano, 1838). Trascrizione dal manoscritto a cura di Michele Canesso.
Musica di Wolfgang Amadeus Mozart
Prima esecuzione assoluta
Selim Pascià GABRIELE SAGONA
Costanza SANDRA PASTRANA
Belmonte FRANCESCO MARSIGLIA
Bionda TATIANA AGUIAR
Pedrillo CARLOS NATALE
Osmino FILIPPO MORACE
I Polifonici Vicentini
Orchestra del Teatro Olimpico
Direttore Giovanni Battista Rigon
Maestro del Coro Pierluigi Comparin
Maestro al fortepiano Alberto Boischio
Mise in espace Antonio Petris
Costumi Marco Nateri
Luci Claudio Cervelli
Vicenza, 20 maggio 2012
La XXI^ edizione delle Settimane Musicali al Teatro Olimpico di Vicenza (alle quali è stato conferito il XXXI Premio “Franco Abbiati” come migliore iniziativa) è dedicata quest’anno alla città di Vienna, andando così a completare il progetto artistico pluriennale, intitolato “Ambasciatori di note”, che ha toccato alcune delle più importanti capitali europee della musica tra Settecento e Ottocento (Parigi e Praga). Come di consueto, il titolo d’apertura è affidato a un’opera. Il titolo scelto, Il ratto dal serraglio, dalla versione originale come “singspiel” del 1782 si trasforma qui in “opera semiseria” per mano di Pietro Lichtenthal, medico e compositore dilettante, amico di Carl Thomas Mozart, uno dei figli del grande salisburghese. Pietro Lichtenthal visse a Milano nella prima metà dell’Ottocento e si impegnò a far conoscere in Italia la musica di Mozart, allora pressoché sconosciuta. Con questo intento “adattò all’odierno gusto teatrale” (come scritto nel manoscritto) il “Ratto”. Un’operazione sicuramente arbitraria e invasiva, visto che Lichtenthal non si limita ad una semplice traduzione ma, oltre a trasformare le parti recitate in prosa in recitativi cantati, elimina molte arie per farne entrare altre (ad esempio l’aria da concerto “Non temere amato bene” KV505), altre ancora le crea lui stesso su temi musicali mozartiani (dal Il flauto magico, Don Giovanni o pagine strumentali). Il risultato è una sorta di gradevole “pastiche” in origine destinato ad essere rappresentato nel 1838 al Teatro alla Scala ma dove non vi approdò mai, passando direttamente alla Biblioteca del Conservatorio di Milano dove vi rimase fino ad oggi. Si tratta quindi di una prima assoluta quella proposta nella splendida cornice del Teatro Olimpico.
A capo dell’orchestra del Teatro Olimpico ritroviamo Giovanni Battista Rigon, direttore artistico del festival. Rigon ha compiuto un ottimo lavoro con l’orchestra per ciò che riguarda l’impatto drammatico, la foga e la vivacità. Qualche problema lo si è invece riscontrato nel rapporto cantanti-orchestra. Le voci sono state sovente le “vittime” di sonorità orchestrali piuttosto esuberanti e soverchianti. L’idea di creare una mise in espace affidata in questo caso a Antonio Petris nel complesso ha funzionato (se escludiamo una inutile pantomima del coro sulla versione strumentale della celebre marcia “alla turca” dalla sonata in La maggiore K 331). Nell’insieme hanno anche ben figurato le spartane creazioni in carta del costumista Marco Nateri. La compagnia di canto ha ben figurato: Sandra Pastrana, liberata dai virtuosismi della versione tedesca (“Ach ich liebte” e “Martern aller Arten”), è stata una Costanza squisitamente lirica, aggraziata, accurata e ha colto con proprietà l’espressione estatico-malinconica. Il Belmonte di Francesco Marsiglia è stato caratterizzato da una voce di buon spessore, dolce, autorevole nell’accento, convincente nell’uso delle mezzevoci e luminoso nel registro acuto. Gabriele Sagona si è rivelato un eccellente Selim per ampiezza di suono e morbidezza. Precisa e brillante la Bionda di Tatiana Aguiar (benché privata delle arie che le sono affidate nella versione tedesca dell’opera) mentre Carlos Natale si è dimostrato un Pedrillo piacevole e spigliato. Il “buffo parlante” Filippo Morace è stato un Osmino molto arguto nell’accentazione, anche se la voce appare timbricamente molto chiara e la tessitura del ruolo non propriamente nelle sue corde. Discreta la prova del Coro, anche se l’emissione ha un po’ troppo le caratteristiche da musica sacra. Successo caloroso. Foto Stefano Ristori