Bari, Teatro Petruzzelli, Stagione Lirica 2012
“TOSCA”
Melodramma in tre atti su libretto di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica, dal dramma omonimo di Victorien Sardou.
Musica di Giacomo Puccini
Floria Tosca SUSANNA BRANCHINI
Mario Cavaradossi WALTER FRACCARO
Il Barone Scarpia MARCO VRATOGNA
Cesare Angelotti ALESSANDRO GUERZONI
Spoletta MASSIMILIANO CHIAROLLA
Il sagrestano DOMENICO COLAIANNI
Sciarrone ANTONIO MUSERRA
Un carceriere GIOVANNI CETO
Un pastore ALESSIO DE COSMO
Orchestra e Coro della Fondazione Teatro Petruzzelli di Bari
Coro di voci bianche “All’Ottava”
Direttore Alberto Veronesi
Maestro del coro Franco Sebastiani
Voci bianche dirette da Emanuela Aymone
Regia Michele Mirabella
Scene Alida Cappellini e Giovanni Licheri
Costumi Giusi Giustino
Luci Franco Ferrari
Bari, 24 Maggio 2012
L’ allestimento di Tosca al Petruzzelli ha restituito all’opera di Puccini una dimensione ‘nazionalpopolare’ che anni di studi mirati alla (giusta) nobilitazione del compositore toscano nel contesto europeo avevano in qualche modo voluto adombrare. La regia di Michele Mirabella si è infatti mantenuta più che fedele alle prescrizioni didascaliche di libretto e partitura puntando a un ipertrofismo visivo che talora accusava un certo orror vacui. Non si è trattato, beninteso, di mero tradizionalismo; a scongiurare tale rischio sono intervenute alcune idee del regista (poi concretizzate da due maestri dell’arte scenografica quali Alida Cappellini e Giovanni Licheri) capaci di connettere tra loro i due primi atti con squisita efficacia: la chiesa di Sant’Andrea della Valle era resa per sineddoche da una struttura circolare che all’inizio del II atto si spaccava e, aprendosi, svelava la stanza di Scarpia; una soluzione visiva di forte valore connotativo e con un messaggio ‘duro’: l’identità tra Chiesa e regime. Del resto a saldare in assoluta continuità I e II atto convergeva la posa di Scarpia rimasto inginocchiato con le spalle verso l’altare tra la chiusa e la riapertura del sipario: un gesto minimo ma di grande intelligenza teatrale. Un altro momento di felice coesione tra regista e light designer (Franco Ferrari) si è realizzato in corrispondenza del celeberrimo Vissi d’arte vissi d’amor interpretato come una parentesi straniante all’interno dello scontro tragico con Scarpia: l’intero Petruzzelli si è ‘colorato’ (volta compresa) con giochi di luci come a voler accogliere una manciata di minuti di pura fascinazione canora, scissa dal dramma e dotata di una funzione (per dirla con Jakobson) eminentemente poetica. In un’opera il cui protagonista maschile è un pittore, Mirabella ha insistito per accentuare il cromatismo delle luci: anche la romanza di Cavaradossi si è articolata attraverso un’opulenza coloristica davvero suggestiva. Lo stesso fondale scenico si qualificava come allusione alla pittura: un cielo reso da tratti violenti di pennello, materico, da action painting. Una superfetazione spettacolare dunque, in linea con la sensibilità del pubblico italiano del 1900 che nel 2012 si è in qualche modo rinnovata; l’hanno testimoniato i numerosissimi applausi (talora anche molesti) e l’affluenza abbondante lungo le sette repliche.
A ben vedere al colorismo visivo non ha corrisposto un analogon sonoro; l’orchestra del Petruzzelli diretta da Alberto Veronesi ha peccato di monocromìa, senza cogliere alcuni giochi di trascolorazione espressiva della partitura, in primis nel duetto finale. La presente recensione si riferisce alla prima recita che ha visto in seria difficoltà il tenore Walter Fraccaro, influenzato e comunque fin troppo generoso nell’ostinarsi a dispensare acuti e a seguire una vocalità stentorea, verista. Un atteggiamento condiviso anche da Susanna Branchini (Tosca) a tratti addirittura sguaiata nel registro sovracuto (più credibile in quello grave). Perfetto invece per controllo di emissione, timbro, passaggi di registro e soprattutto presenza scenica lo Scarpia di Marco Vratogna; così come il sacrestano grottesco del sempre ottimo Domenico Colaianni. Dignitosi i comprimari ad eccezione di Massimiliano Chiarolla il cui Spoletta non risultava abbastanza viscido (era cantato dal tenore come a voler dimostrare di poter ben reggere la parte di Cavaradossi!). Come in altre occasioni anche in questa è emerso il favore che l’odierno pubblico del melodramma tributa all’elemento visivo e genericamente ‘spettacolare’, tollerando vocalità acerbe e grigiori orchestrali. Foto Carlo Cofano © Teatro Petruzzelli di Bari