Torino, Teatro Regio, MI.TO Settembre Musica
“IL RITORNO DI ULISSE IN PATRIA”
Tragedia di lieto fine in un prologo e tre atti su libretto di Giacomo Badoaro
Musica di Claudio Monteverdi
L’humana fragilità / Pisandro / Primo Feacio ANDREA ARRIVABENE
Il Tempo / Nettuno LUIGI DE DONATO
La Fortuna / Minerva MONICA PICCINNI
Amore / Giunone ANNA SIMBOLI
Penelope SARA MINGARDO
Ericlea ELENA BISCUOLA
Eurimaco RAFFAELE GIORDANI
Giove / Anfinomo / Secondo Feacio LUCA CERVONI
Terzo Feacio / Antinoo SALVO VITALE
Ulisse FURIO ZANASI
Eumete GIANLUCA FERRARINI
Iro GIAN PAOLO FAGOTTO
Telemaco LUCA DORDOLO
Concerto Italiano
Direttore e clavicembalo Rinaldo Alessandrini
Torino, 18 settembre 2012
Quando un teatro di repertorio e di grande tradizione, ma dagli spazi moderni e dinamici, come il Regio di Torino decide di rappresentare un’opera “barocca”, che addirittura risale agli albori del melodramma, compie certamente una scelta coraggiosa e lancia una piccola sfida al suo pubblico. Tanto più se l’opera è eseguita in forma di concerto, con strumenti originali, all’interno non del cartellone ordinario, ma nell’ambito di una rassegna ospite, prestigiosa e consolidata come quella di MI.TO. Settembre Musica. Tutto questo è accaduto Martedì 18 Settembre a Torino, per una serata dall’esito decisamente lusinghiero, molto apprezzata da tutto il pubblico. Il ritorno di Ulisse in patria di Claudio Monteverdi, su libretto di Giacomo Badoaro, è stato presentato secondo l’edizione critica di Rinaldo Alessandrini, il quale era anche alla guida del complesso strumentale e vocale, l’apprezzato Concerto Italiano. Anche più che in patria, era opportuno che l’Ulisse tornasse a Torino, dove per troppi anni era rimasto assente, se si pensa che l’ultima esecuzione (anch’essa in forma di concerto) risaliva al 19 settembre 1948, alla RAI, con la direzione di Mario Rossi, e Fiorenzo Tasso ed Elena Nicolai nei ruoli principali. Al contrario, il pubblico milanese – dunque uno dei due poli che caratterizzano l’intesa di MI.TO. – ha avuto l’opportunità di assistere a una rappresentazione teatrale dell’opera soltanto un anno fa, perché nel settembre 2011 Robert Wilson ne ha curato una stilizzata regia alla Scala, nell’ambito della trilogia monteverdiana, sempre diretta da Alessandrini (l’Orfeo nel 2009; l’Ulisse l’anno scorso; L’incoronazione di Poppea probabilmente nella stagione 2013-2014: si tratta di un progetto di co-produzione tra la Scala e l’Opéra National de Paris, dove la trilogia sarà ripresa, appunto nel 2014).
A Torino l’opera è stata collocata tra un concerto della Filarmonica della Scala diretta da Andrea Battistoni e un altro del Concert des Nations diretto da Jordi Savall; dunque, in un triduo davvero variegato sia per programma sia per modalità esecutiva. Molto opportunamente è stato effettuato un solo intervallo, tra primo e secondo atto: questa scansione ha conferito alla musica grande scorrevolezza e fluidità. Senza le pause richieste dai cambi di scena e dai movimenti teatrali, il pubblico ha infatti potuto apprezzare il susseguirsi dei numeri musicali, e soprattutto la straordinaria alternanza di momenti patetici (i lamenti di Penelope e di Ulisse), amorosi (con Melanto ed Eurimaco), comico-grotteschi (con Iro e la sua balbuzie) e anche corali (i Feaci e i Proci). Tale alternanza di stili e di registri così differenziati è forse il tratto che un’esecuzione in forma di concerto riesce a far risaltare meglio, indicando la perfetta compiutezza formale del melodramma del primo Seicento (l’Ulisse è del 1640). L’intento riesce sia grazie all’abilissimo libretto di Badoaro (basti pensare alla difficoltà di ridurre a pièce teatrale la vicenda dell’intera Odissea) sia per merito degli interpreti vocali principali, che a Torino hanno potuto concentrarsi sul dato musicale e sulla resa degli affetti (del resto il boccascena del Regio non si presta all’allestimento di opere barocche: lasciò piuttosto perplessi un Tamerlano di Haendel costruito per gli spazi del teatro torinese nel 1997).
La compagnia vocale presentava nomi già presenti nelle recite scaligere del 2011, ma va detto subito che a Milano i cantanti sembravano abbandonati a se stessi, e che l’approfondimento emozionale dei rispettivi personaggi era risultato piuttosto scialbo; a Torino, invece, Alessandrini ha compiuto un lavoro di concertazione molto accurato, ricavando il meglio dagli strumentisti (dal complesso minimo: due violini, due viole, un violoncello, un contrabbasso, tre tiorbe, due arpe, due clavicembali, a uno dei quali lo stesso Alessandrini) e dai cantanti. A iniziare da Sara Mingardo, di gran lunga l’interprete più convincente e adeguata al ruolo di Penelope: nello spazio, pur così vasto, del Regio, la sua voce risuonava con una rinnovata fermezza, offrendo un ventaglio di colori e di sfumature in grado di porgere ogni verso della lunga lamentazione dell’atto I (Di misera Regina / non terminati mai dolenti affanni) oppure i toni di incertezza incredula e di dubbio del III. Furio Zanasi è un Ulisse di scaltrita esperienza, molto convincente sul piano della recitazione, dalla voce nobile e generosa; a volte l’impostazione musicale si abbandona a suoni fissi un po’ troppo marcati, in particolare nella messa di voce. Tra i bassi spiccava Salvo Vitale (Feacio III, Antinoo), dalla voce imponente e adatta al ruolo “contrastivo” nei confronti del protagonista e di Telemaco (il tenore Luca Dordolo, molto corretto). Andrea Arrivabene (l’Humana Fragilità, Pisandro, Feacio I) è un controtenore dall’impostazione molto omogenea e dall’emissione misurata, analogamente a Elena Biscuola, che interpretava il personaggio di Ericlea (alla Scala l’aveva cantato Marianna Pizzolato). Molto divertente nella funambolica balbuzie vocale Gian Paolo Fagotto (Iro), capace di notevoli fiati e dotato di apprezzabile squillo. Sicuramente professionali tutte le altre voci della nutrita locandina.
Un unico rammarico (certo non grave, anzi facilmente perfettibile dall’organizzazione di MI.TO.): perché in occasione di melodrammi il programma di sala non contempla mai la riproduzione del libretto, ma un semplice riassunto della trama? Né compaiono i sopra-titoli (del tutto consueti al Regio; se si proiettano anche per Tosca, non varrebbe la fatica di prepararli per Il ritorno di Ulisse in patria?). Tale assenza – indice della scarsa considerazione per il testo letterario – si era già riscontrata lo scorso anno per Ariodante di Haendel, e due anni fa per Ezio, sempre di Haendel. Come reperisce le dettagliate indicazioni di tempi e movimenti dei brani sinfonici o da camera, l’esigente frequentatore della rassegna sarebbe soddisfatto di ritrovare anche il testo completo della recitazione e del canto degli interpreti.