Il basso René Pape in concerto alla Scala

Milano, Teatro alla Scala, Recital di canto 2012
Basso René Pape
Pianoforte Camillo Radicke
Franz Schubert: Schwanengesang D 957 – Aufenthalt n. 5, Ständchen n. 4, Der Atlas n. 8
Hugo Wolf: Michelangelo-Gesänge – Wohl denk’ ich oft, Alles endet, was entstehet, Fühlt meine Seele
Franz Schubert: Der Einsame D 800, Im Abendrot D 799, An die Musik, op. 88 n. 4 D 547, Lachen und Weinen, op. 59 n. 4 D 777, Heidenröslein, op. 3 n. 3 D 257, Der Musensohn, op. 92 n. 1 D 764, Lied eines Schiffers an die Dioskuren, op. 65 n. 1 D 360, Prometheus D 674
Robert Schumann: Dichterliebe op. 48 – Im wunderschönen Monat Mai n. 1, Aus meinen Tränen spriessen n. 2, Die Rose, die Lilie, die Taube n. 3,Wenn ich in deine Augen seh’ n. 4, Ich will meine Seele tauchen n. 5, Im Rhein, im heiligen Strome n. 6, Ich grolle nicht n. 7, Und wüssten’s die Blumen n. 8, Das ist ein Flöten und Geigen n. 9, Hör’ ich das Liedchen klingen n. 10, Ein Jüngling liebt ein Mädchen n. 11, Am leuchtenden Sommermorgen n. 12, Ich hab’ im Traum geweinet n. 13, Allnächtlich im Traume seh’ ich dich n. 14, Aus alten Märchen winkt es n. 15, Die alten, bösen Lieder n. 16
Milano, 16 settembre 2012

Tedesco di Dresda, classe 1964, insignito nel 2010 del Metropolitan Opera Guild come «Met Mastersinger» e definito dal Wall Street Journal «re dei bassi lirici», René Pape è stato protagonista del penultimo recital di canto della Stagione 2011/2012 del Teatro alla Scala di Milano. Già di recente al Piermarini nella «Nona» di Beethoven eseguita per il Papa e nella «Messa da Requiem» di Verdi, entrambe dirette da Daniel Barenboim, Pape sarà anche Heinrich der Vogler in “Loehngrin”, opera che inaugurerà la Stagione d’opera 2012/2013. Nell’appuntamento di domenica 16 settembre il basso, accompagnato dal bravissimo pianista Camillo Radicke (anche lui di Dresda), ci ha offerto un programma che ha spaziato tra Schubert, Wolf e Schumann.
René Pape, apparso alla ribalta alla fine degli anni Ottanta, si è presto segnalato come cantante pregevole e artista di spicco.
Fin dall’esecuzione dei primi due brani di Schubert (“Aufenthalt” e “Standchen”) la voce del basso ci è apparsa subito inconfondibilmente ricca e timbratissima, anche se abbiamo rilevato dei leggeri problemi d’intonazione, sicuramente dovuti all’emozione. Il terzo brano dei “Lieder aus Schwanengesang” , “Der Atlas”, ci ha portato inevitabilmente alla mente il ruolo di Wotan, interpretato in diverse occasioni da Pape. La voce potente e tonante era la migliore che si potesse udire per un personaggio così maestoso come Atlante.
Nei “Drei Geditchte von Michelangelo” di Wolf, Radicke ci ha fatto ricordare la vicinanza del compositore all’oscurità romantica e alle armonie estatiche del tardo Liszt. Questi brani furono composti da Hugo Wolf pochi mesi prima che le sue condizioni mentali lo portassero ad essere internato definitivamente. In essi Pape, con acuto senso della parola e, sfruttando le caratteristiche della sua voce, riporta l’ascoltatore ad una dimensione raccolta, di un dolore non esibito. In questi testi molto drammatici (come “Fuhlt meine Seele”), estratti dalle Rime di Michelangelo, l’identificazione del Lied con il dramma musicale è pressoché completa, con il declamato prevalente sul canto e un pianoforte sempre più intenso come altro protagonista.
La prima parte della serata si concentra nuovamente su Schubert: in “An die Musik” e “Im Abendrot”, Pape dà sfoggio di bravura nel modo di far risaltare la frase, di accentuare ogni parola, di scavare nel testo, sottraendosi ai modelli abituali. In questi lieder il basso tedesco dimostra ottimamente che cosa si debba intendere per “cantante moderno”, grazie ad un’attenzione più viva verso la scena, privilegiando il significato del testo rispetto al canto.
In “Prometeo” (lirica di Goethe), ci restituisce la natura drammatica del testo: un monologo ampio e cupo, un declamato scolpito, che già anticipa la tragicità di “Der Atlas”.
La seconda parte del concerto è ruotata attorno alla raccolta “Dichterliebe” di Schumann su liriche di H. Heine; in esse René Pape esprime la dolente solitudine del poeta. Il pianista Camillo Radicke ci conferma ancora una volta la sua bravura come esecutore dello stile romantico. Il ciclo “Dichterliebe” è il tipico Lied di Schumann sia per il rapporto fra musica e parola che per l’autorità conferita al pianoforte. A lungo ci si può interrogare sulle lunghe code, e più di tutti lo fanno i cantanti, costretti a reggere il palco per lunghi silenzi, ma questo ha una sua ragione: ci si sente parte di un completo e complesso discorso musicale. Sicuramente si continua a “vivere” dentro quella musica, e l’esperienza è ancora più profonda.
Gli elementi principali del Lied sono i fiori, l’acqua, gli uccelli e il loro canto, le lacrime, il sogno, l’amore – nel duplice aspetto di gioia e di paura di perderlo – e quindi il dolore. Presenza importante è la morte, evocata in immagini ma mai realmente presente. Anche in questa seconda parte, egli ci tiene in pugno, confermando tutte quelle doti che avevamo potuto gustare in precedenza, tra le quali un fraseggio incisivo, tagliente, che imprime forza ai lieder. Il “re dei bassi” non è venuto meno alla sua fama ed ha trasformato la dorata sala del Piermarini nel suo personale regno per una sera.
Richiestissimi i bis al termine del programma: Pape ha deciso di cantare “Zueignung” di Richard Strauss e “L’ultima canzone” di Tosti. Quest’ultima ci ha riservato una sorpresa davvero inaspettata: Pape ha letto il testo su un telefono cellulare, regalando al pubblico degli attimi di divertimento, dopo un programma di ben altro tenore. Foto Rudy Amisano © Teatro alla Scala