Berlino, Deutsche Oper: “Parsifal”

Berlino, Deutsche Oper, Stagione Lirica 2012/2013
“PARSIFAL”
Dramma sacro in tre atti. Libretto, da Parzival di Wolfram von Eschenbach, e musica di Richard Wagner
Amfortas THOMAS JOHANNES MAYER
Titurel ALBERT PESENDORFER
Gurnemanz MATTI SALMINEN
Parsifal KLAUS FLORIAN VOGT
Klingsor THOMAS JESATKO
Kundry EVELYN HERLITZIUS
1. Gralsritter BURKHARD ULRICH
2. Gralsritter ANDREW HARRIS
1. Knappe KIM-LILLIAN STREBEL
2. Knappe ANNIE ROSEN
3. Knappe PAUL KAUFMANN
4. Knappe MATTHEW PENA
Blumenmädchen (1. Gruppe) HULKAR SABIROVA, MARTINA WELSCHENBACH, RACHEL HAUGE
Blumenmädchen (2. Gruppe) HILA FAHIMA, ANNIE ROSEN, DANA BETH MILLER
Stimme aus der Höhe DANA BETH MILLER
Orchester der Deutschen Oper Berlin
Chor der Deutschen Oper Berlin
Kinderchor der Deutschen Oper Berlin
Opernballett der Deutschen Oper Berlin
Direttore Donald Runnicles
Maestro del Coro William Spaulding
Maestro del Coro Voci bianche Christian Lindhorst
Regia Philipp Stölzl
Scene Conrad Moritz Reinhardt, Philipp Stölzl
Costumi Kathi Maurer
Luci Ulrich Niepel
Berlino, 21 ottobre 2012

Se la scrittura richiede il 99% di sudore e l’1% di ispirazione, è quest’ultima che è essenziale, sia letteralmente che metaforicamente, nell’opera e che determina se l’equazione è impossibile o meno. Forse più che nel caso di ogni altra opera, il successo o il fallimento di Parsifal dipendono dall’ispirazione e sfortunatamente è proprio quest’ultima che è mancata nella nuova grande produzione che ha debuttato lo scorso 21 ottobre alla Deutsche Oper Berlin.
La storia del Folle ispirato che alla fine ritorna a nuova vita e si trasforma nella regale divinità dell’Ordine del Graal risulta efficace solo quando il pubblico viene trasportato in questo viaggio e prova il risveglio spirituale di Parsifal, la sua realizzazione e la compassionevole liberazione dalle ferite e dalla maledizione del peccato che esso comporta. Altrimenti, è solo una serata molto lunga, in cui il sudore ha la meglio sull’ispirazione, com’è successo a Berlino.
Alla fine, il pubblico di Berlino, appassionato e competente, ha biasimato il regista Philipp Stölz e il suo team, ma l’ispirazione può nascere da molte fonti e né il direttore d’orchestra Donald Runnicles, che ha appena firmato una proroga del suo contratto fino al 2018, né gli artisti sul palco hanno potuto salvare la situazione. La Deutschen Oper Berlin orchestra ha mostrato un leggero nervosismo iniziale, forse causato da un ritardo di 15 minuti dovuto ad un malfunzionamento di una macchinario sul palco, ma nonostante il suono ricco e il fine equilibrio l’orchestra ha eseguito senza convinzione l’ultima partitura di Wagner sotto la direzione di Runnicles.
Forse per caso o per volontà, nelle ultime settimane di prove ci sono stati tre importanti cambi nel cast: Matti Salminen ha rimpiazzato Liang Li nel ruolo di Gurnemanz e cambi ci sono stati anche per Amfortas e Klingsor. Salminen forse non sarà al meglio della sua forma per dominare tutta un’esibizione, ma ha ancora la voce e la potenza che servono nei momenti cruciali, oltre alla linea di canto, un raffinato senso della vocalità e una dizione ben curata. Per quanto abbia di miracoloso, il fatto che canti ancora così bene, il tocco di Salminen in sé non è stato abbastanza miracoloso per dar vita alla produzione.
Stölzl ha pubblicizzato star del calibro di Madonna, Pavarotti e Mick Jagger, ma non ha saputo gestire Parsifal. Incorniciando i protagonisti, che erano vestiti con costumi che richiamavano ere diverse a suggerire  l’idea di atemporalità, con un medievale Montsalvat ben costruito ed illuminato, ha fatto muovere bene i cori e i gruppi di Blumenmädchen cantate in maniera seducente, ma non è riuscito a creare un’interazione o un conflitto forti tra i personaggi. Perciò perfino Salminen è stato abbandonato a sé stesso e ha dovuto far ricorso ai suoi formidabili mezzi per raccontare la sua storia, così come gli altri, e quindi il risultato è stato una ridotta tensione drammatica. L’unica importante eccezione è venuta dal confronto, nel secondo atto, fra Klingsor e Kundry, in cui la voce forte e scura e la dizione imbevuta di carica drammatica di Thomas Jesatko hanno fatto scintille con l’intensa e vocalmente dotata Evelyn Herlitzius. La voce della Herlitzius, penetrante e sempre piena in tutti i registri, è sembrata  più ampia del solito, forse a causa delle sfide che questo ruolo, che si colloca fra soprano e mezzosoprano pone;  sono tuttavia mancati i LA sostenuti, i SI bemolle e naturali nel cruciale e assai  difficile duetto con Parsifal del secondo atto. L’impegno profuso nella sua Kundry è stato generosamente ricompensato dal pubblico.
Klaus Florian Vogt, con i suoi riccioli biondi e il suo bel fisico è perfetto nella parte del tedesco Heldentenor. La sua dolce voce ha una tecnica vocale rigorosa e penetrante che è un tratto distintivo del tenore mozartiano e caratteristica che si è poi evoluto nel repertorio di Helden. Vogt in alcuni momenti ha mostrato un bel volume nel registro acuto e anche il suo approcio liederistico ha avuto momenti in cui si è lasciato apprezzare, ma la mancanza di una sostenuta intensità vocale e di peso nel registro medio e medio-superiore depaupera la musica del suo potere di trasportare il pubblico negli alti reami conquistati da Parsifal.
La voce baritonale calda e compassionevole di Thomas Johannes Mayer ha mostrato segni di cedimento nei passaggi angosciati di Amfortas, ma la sua tardiva inclusione nella produzione e l’essere posizionato in alto su di una scala potrebbero aver contribuito alla tensione. La voce scura, ma snella del basso Albert Pesendorfer si è rivelata perfetta per Titurel. Burkhard Ulrich è stato un “Erster Grafritter” (primo cavaliere) di “lusso” e tutti i ruoli minori sono stati ricoperti abilmente dai membri della compagnia stabile oltre che da numerosi giovani cantanti di Berlino e New York appartenenti al programma del Deutsche Oper Berlin.
Il notevole coro del DOB, diretto da William Spaulding ha eseguito dei magici cori da dietro le quinte, ben equilibrati e calibrati sulle vaste areee del retropalco. Questi momenti celestiali sono stati davvero esaltanti, ma per contro hanno inevitabilmente evidenziato le carenze e i limiti di questa produzione. Foto Matthias Baus © Deutsche Oper Berlin