Fidenza, Teatro Magnani: “Aida”

Fidenza, Teatro Magnani, Stagione lirico-concertistica 2012-13
“AIDA”
Opera in quattro atti, libretto di A. Ghislanzoni
Musica di Giuseppe Verdi
Aida OLGA ROMANKO
Amneris CRISTINA MELIS
Radamès ANTONINO INTERISANO
Amonasro MARZIO GIOSSI
Ramfis FRANCO LUFI
Il Re d’Egitto MASSIMILIANO CATELLANI
Un messaggero EUGENIO MASINO
Una sacerdotessa PAOLA ROVELLINI
Orchestra Filarmonica delle Terre Verdiane
Coro dell’Opera di Parma
Direttore Stefano Giaroli
Direttore del Coro Emiliano Esposito
Regia, scene e costumi di Artemio Cabassi
Corpo di Ballo Accademia
Coreografie Costanza Chiapponi
Fidenza, 17 novembre 2012
La stagione lirico-concertistica di Fidenza organizzata dal Gruppo di Promozione Musicale “Tullio Marchetti”, purtroppo ora ridotta ad un solo titolo operistico, è ormai da anni un appuntamento atteso e che nel tempo non ha mancato di offrire belle serate. Quest’anno, sulla scia di quelle che saranno le celebrazioni del bicentenario verdiano, è stata proposto uno dei titoli più emblematici e di più difficile esecuzione del Cigno di Busseto: Aida, prima d’ora mai messa in scena al Teatro Girolamo Magnani. L’allestimento, interamente a firma di Artemio Cabassi, era stato preannunciato durante la presentazione della Stagione, come mirato ad esaltare i momenti intimistici della partitura mentre i grandi momenti di massa avrebbero dovuto essere amplificati mediante l’utilizzo di alcuni specchi inclinati. Buona idea che però non ha trovato riscontro nella realizzazione. Gli specchi non hanno esaltato alcunché, se non la tetraggine della scena: fondali grigi, qualche rovina, un praticabile sovrastante la scena, la silhouette di una piramide sul fondale. Il tutto sembrava concepito per esaltare i bellissimi costumi delle protagoniste: molto ben realizzati soprattutto quello di Aida agli ultimi due atti, giocato sul digradare dei toni blu e celeste, e quello sfarzosissimo di Amneris all’ultimo atto. Di regia ce n’è stata davvero poca e quel poco che si è visto si è mosso a fatica, più per scene giustapposte che in base ad una vera narrazione. Lo spazio è stato sfruttato malamente anche a causa di una superficie centrale rialzata che ha sì messo in risalto momenti solistici o duetti ma che d’altro canto ha impedito una vera gestione delle masse che, per quanto ridotte, sono state addossate alle quinte. Alcune scelte, poi, ci sono sembrate eccessivamente retoriche, quasi goffe: perché far entrare i prigionieri etiopi completamente avvolti e stretti nei loro mantelli e farli strisciare a terra? La scena del trionfo è stata semplicemente ovviata mediante un chiaro prestito zeffirelliano: la folla di spalle che saluta il trionfo che di fatto non avviene.
Olga Romanko, nei panni di Aida, si è fatta valere per la zona centrale corposa e sonora e il colore accattivante; più problematico il settore acuto, dove la voce si fa più dura e viene sfumata con fatica mentre il fraseggio resta fumoso e artefatto. Un’Aida un po’ fané e “sospirosa”, che non fa nulla per ovviare alla debolezza del disegno registico. Antonino Interisano ha dalla sua un buono squillo e poco altro; la voce manca di corpo, quindi di Radamès, che dovrebbe essere amante e eroe al contempo, ci è giunto ben poco. Cristina Melis ha tratteggiato un’Amneris sufficientemente veemente e appassionata: il colore gradevole non ha tuttavia supplito ad una zona medio-grave poco consistente -mancanza ravvisabile soprattutto al duetto con Aida e, più in generale, nelle grandi scene d’insieme- e ad un legato poco rifinito. Marzio Giossi è stato un Amonasro complessivamente corretto, anche se eccessivamente ricercato negli accenti. Franco Lufi ha dato vita ad un Ramfis ieratico e vocalmente pregevole; meno convincente il Re di Massimiliano Catellani. Completavano il cast l’insufficiente Sacerdotessa di Paola Rovellini (voce completamente tremula e spoggiata) e il buon Messaggero di Eugenio Masino. Stefano Giaroli ha diretto con buon ritmo, nonostante occasionali scollature tra buca e palco, sforzandosi di tenere una certa continuità narrativa (cosa tutt’altro che facile, visto il contesto): particolarmente ben riuscite le atmosfere notturne al terzo atto e la grande scena di Amneris. L’Orchestra Filarmonica delle Terre Verdiane, pur ridotta nell’organico, ha dato prova di grande professionalità, così come il Coro dell’Opera di Parma diretto da Emiliano Esposito. Successo per tutti, ma più contenuto e cortese rispetto ad altre serate fidentine. Foto per gentile concessione del Gruppo di Promozione Musicale “Tullio Marchetti”