Zubin Mehta e la “Resurrezione” di Mahler

Firenze, Nuovo Teatro dell’Opera, Stagione sinfonica 2012
Orchestra e Coro del Maggio Musicale Fiorentino
Direttore Zubin Mehta
Maestro del coro Piero Monti
Soprano Chenn Reiss
Contralto Elisabeth Kulman
Gustav Mahler: Sinfonia n. 2 in Do minore per soli, coro e orchestra “Resurrezione”
Firenze, 10 novembre 2012   
Il Maggio Musicale Fiorentino celebra il cinquantenario del debutto a Firenze di Zubin Mehta
con un minifestival a lui dedicato che si apre con un importante concerto con l’esecuzione della monumentale Sinfonia n. 2 di Gustav Mahler. Orchestra e Coro del Maggio al gran completo hanno modo in questa occasione di mostrare le loro altissime qualità che non paiono minimamente intaccate da un climax generale non propriamente sereno per via delle note vicende che i lavoratori stanno vivendo in questi mesi.
La lettura di Mehta tende a sottolineare il carattere più profondo di questo capolavoro facendo emerge i sentimenti più lucubri del Totenfeier nel quale Mahler porta a seppellire quel Titano al quale è intitolato la sua prima sinfonia. È in un contesto fortemente concitato, passionale e popolato dai fantasmi dell’oltretomba che emergono in continuazione sprazzi di luce quali momenti di una lontana speranza o dolce illusione. La ricerca di un suono imponente tipica del gusto del direttore pervade tutta l’esecuzione che, dal primo movimento attraversa quelli intermedi nei quali si fa strada anche l’ingenuità del Knaben Wunderhorn, ora solo strumentale nel terzo movimento (In ruhig fliessender bewegung), ora vocale nell’Urlicht dove la voce del contralto Elisabeth Kulman avvolge quella orchestrale con soave sospensione in un momento di profonda partecipazione fino al prorompere dell’ultimo complesso movimento (Im tempo des scherzos).
Nell’affresco sinfonico di quest’ultima parte si susseguono le più svariate “voci della natur”a fino a quel “canto dell’uccello” intonato dai flauti. Da una pausa coronata rispettata al minimo indispensabile emerge il canto del coro del Maggio che intona a cappella il testo di Friedrich Gottlieb Klopstock in una sommessa e collettiva preghiera laica. Da questo momento in poi l’interpretazione mette in netta evidenza un netto cambio di registro: sul torpore della morte si posa ora il raggio di luce della promessa di una resurrezione, di un riscatto dalla morte. Fin dal primo momento, da quella pausa che separa nettamente la sezione orchestrale da quella corale della sinfonia (e che Mehta sceglie di rispettare, come già esposto, al minimo indispensabile al fine la condizione metafisica della resurrezione un riscatto più vicino e accessibile dall’umanità e non una peculiarità ad essa antitetica), è un continuo crescendo che viene vissuto con solennità e religiosa partecipazione dove la voce del soprano Chenn Reiss emerge dalla massa corale con limpida linearità fino al chiaro e simbiotico duettare delle due soliste. Tutti gli interpreti, dall’orchestra al coro (diligentemente guidato da Piero Monti), alle voci soliste, eccellono per un’inusitata compattezza e una collettiva compartecipazione che rende questa esecuzione una delle migliori che si possano annoverare al Maggio negli ultimi anni, merito anche del direttore che ha saputo assemblare le componenti di un imponente organico plasmando i suoni con una tale maestria nella quale le concessioni alla personale espressività interiore emergono come un ulteriore valore aggiunto ad un grande risultato in seno al quale ha contribuito anche la degna acustica del Nuovo Teatro dell’Opera. Un caloroso e prolungato saluto del pubblico a tutti i protagonisti ha suggellato una serata di altissimo livello artistico.