Opera di Roma:”Simon Boccanegra”

Roma, Teatro dell’Opera, Stagione di Opere e Balletti 2012- 2013
“SIMON BOCCANEGRA “
Melodramma in un prologo e tre atti, libretto di Francesco Maria Piave e Arrigo Boito
Musica di Giuseppe Verdi 
Simon Boccanegra   GEORGE PETEAN
Maria Boccanegra (Amelia)  MARIA AGRESTA
Jacopo Fiesco DMITRI BELOSELSKIY
Gabriele Adorno FRANCESCO MELI
Paolo Albiani QUINN KELSEY
Pietro
RICCARDO ZANELLATO
Un capitano del balestrieri SAVERIO FIORE
Un’ancella di Amelia  SIMGE BUYUKEDES  
Coro e Orchestra del Teatro dell’Opera di Roma
Cantori della Cappella Musicale Pontificia
Direttore Riccardo Muti
Maestro del coro Roberto Gabbiani
Regia Adrian Noble
Scene Dante Ferretti
Arredamento Francesca Lo Schiavo
Costumi Maurizio Millenotti
Movimenti coreografici Sue Lefton
Luci  Alan Burrett 
Nuovo allestimento del Teatro dell’Opera
Roma 1 dicembre 2012

Spettacolo inaugurale della stagione e molto atteso questo Simon Boccanegra del Teatro dell’Opera di Roma andato in scena per la regia di Adrian Noble, le scene di Dante Ferretti e la direzione di Riccardo Muti. Splendide e molto applaudite le scene del premio oscar Dante Ferretti che ricostruiscono una Genova romanica dove campeggia l’alternarsi del bianco e nero come ad evocare la facciata della cattedrale di San Lorenzo, centro della vita genovese, senza riprodurla direttamente. Lo spazio risulta particolarmente armonioso nelle proporzioni e la scena è sempre affacciata su un Mar Ligure luccicante  e di un magnifico azzurro intenso, fuso con l’altrettanto intenso colore del cielo, in un crescendo di ampiezza visiva dal prologo fino al terzo atto, dove fa da ampio sfondo alla scena finale della morte con un effetto di rara eleganza cromatica e di grande equilibrio delle forme. La scelta cromatica del bianco, del nero e dell’azzurro riesce a fondersi con singolare aderenza alle tinte della musica nell’esprimere il dolore composto ma profondissimo per la morte del doge associato tuttavia alla tanto agognata pacificazione raggiunta al termine dell’intricata vicenda dell’opera. Anche alcuni voluti anacronismi come la quadreria nella scena d’interno del II atto o la chaise longue su cui si adagia Simone ben si inseriscono esteticamente nell’insieme  e secondo noi contribuiscono a rendere il senso di universalità di una storia che va oltre la contingenza del tempo reale nel quale è ambientata e che, come tutte le grandi storie, accompagna il vivere di ciascuno nel proprio divenire, un po’ come se affiorasse dal profondo intimo dei nostri ricordi e non da una fredda ed accademica ricerca storiografica. Davvero bellissima e curatissima la regia  di Adrian Noble, regista di squisita estrazione shakespeariana, esemplare per linearità e soprattutto per l’ormai insolita capacità di nascere integralmente dallo spartito, non rispettando quindi ma al contrario traendo linfa e fondendosi mirabilmente con i tempi ed i respiri della musica, aspetto questo davvero fondamentale quando si voglia cimentarsi con la messa in scena dei gradi ruoli di un compositore che aveva una attenzione estrema nel porre nel dettaglio le indicazioni della realizzazione scenica delle proprie opere. Molto belli i costumi di Maurizio Millenotti ed i movimenti coreografici di Sue Lefton. Infine, la direzione del maestro Riccardo Muti. Parlare bene di un grande direttore in un repertorio che gli è molto congeniale e che evidentemente ama molto può apparire scontato e forse anche un po’ immodesto, ma davvero questa volta ci è stata offerta una lettura del Simone di singolare intensità, misurata, ricchissima di colori e di particolari sempre fusi nell’equilibrio dell’insieme di una grande architettura musicale e strettamente embricata al lavoro di regista, scenografo e coreografo in modo tale da conferire una grande unitarietà di intenti esecutivi allo spettacolo. Splendida l’orchestra per timbro, sonorità e precisione e ottima la prova del coro diretto da Roberto Gabbiani.
Di altissimo livello tutta la compagnia di canto. Magnifico protagonista nel ruolo eponimo il baritono rumeno George Petean dalla voce morbida e dal bel timbro, autorevole, capace di sfumare, di colorire, di scolpire la parola scenica in modo curatissimo ma mai artefatto o privo di spontaneità e di verità teatrale. Un Simone il suo che vediamo crescere nell’arco dei 25 anni in cui si svolge la vicenda, da corsaro a doge, da innamorato a uomo di stato, da padre a uomo maturo che non ha mai dimenticato i suoi oggetti d’amore, le due Marie della vicenda e che li ritrova con se  nell’istante della morte. Un grande ruolo in una grande interpretazione. Di notevole eleganza musicale l’Amelia di Maria Agresta cantata con magnifica voce, sicura e ricchissima di colori, forse in alcuni momenti un po’ troppo placida e distaccata ma comunque sempre di grande piacevolezza. Fiesco era cantato dal basso Dmitri Beloselskij dal bel timbro vocale e dalla voce ampia anche se un po’ meno sonora negli estremi gravi rispetto al resto della gamma. Ha reso il suo personaggio con pertinenza ed efficacia anche se in alcuni momenti ha dato l’impressione di essere un po’ esteriore nel gesto e, a tratti, monolitico nel fraseggio. Molto innamorato e temperamentoso il Gabriele Adorno di Francesco Meli cantato con bella voce, squillo e intenzioni musicali raffinate e originali, sempre con molta partecipazione e aderenza sia al personaggio che allo svolgersi della vicenda. Su un piano lievemente inferiore rispetto al resto del cast ma sempre di buona professionalità il baritono Quinn Kelsey ha tratteggiato un Paolo molto corretto nelle intenzioni ma forse ancora non sufficientemente interiorizzato. Assai bravi, all’altezza del contesto e ben inseriti nello spettacolo gli interpreti delle parti secondarie, Riccardo Zanellato come Pietro, Saverio Fiore il Capitano del Balestrieri e Simge Buyukedes un’Ancella.Molto ben curata la realizzazione del programma di sala, ricco, oltre che di pubblicità, di saggi, di iconografia  e di spunti di approfondimento, prezioso ed utile strumento per accostarsi ad un’opera così complessa, profonda e di non frequente  esecuzione. Alla fine il pubblico attento, partecipe e giustamente emozionato ha applaudito lungamente e calorosamente un bello spettacolo che, concluso questo ciclo di recite, ci auguriamo in futuro possa trovare modo di vivere ancora. Foto Lelli e Masotti © Teatro dell’Opera di Roma