Madrid, Teatro Real:”Macbeth”

Madrid, Teatro Real,  Stagione lirica 2012 /2013
“MACBETH”

Melodramma in quattro parti di Francesco Maria Piave dall’omonimo dramma di William Shakespeare.
Musica di Giuseppe Verdi
Macbeth DIMITRIS TILIAKOS
Banco
DMITRY ULYANOV
Lady Macbeth
VIOLETA URMANA
Dama di Lady Macbeth  MARIFE’ NOGALES
Macduff  STEFANO SECCO
Malcolm  ALFREDO NIGRO
Medico/ Un domestico di Macbeth / Prima apparizione YURI KISSIN
Un sicario RAFFAELE PISANI
Seconda apparizione MARIA DOLORES COLL
Terza apparizione CELIA MARTOS NIETO
Orchestra e Coro del Teatro Real di Madrid
Direttore Teodor Currentzis
Maestro del coro Andrés Máspero
Regia, scene  e costumi Dmitri Tcherniakov
Luci Gleb Filshtinsky
Madrid, 2o dicembre 2012
La prospettiva di sentire e vedere Macbeth di Giuseppe Verdi alimenta la fantasia e ci fa sognare di una serata d’opera in cui potremmo godere di questo straordinario dramma del desiderio di potere, dell’autodistruzione e del rimorso, e anche ci si chiede: come verrà risolta la visione della foresta di Byrnan? Non solo nel suo aspetto “fisico” e paesaggistico, ma come visione interiore, metaforica della colpa che  schiaccia il male, l’ambizione e l’iniquità. Ben presto, mentre seguiamo questo spettacolo, ci rendiamo conto che c’è qualcosa che non si dovrebbe mai dimenticare: l’immaginazione ci gioca dei brutti scherzi. Tutto quello che abbiamo pensato riguardo al  dramma shakespeariano rivisto da Verdi si scontra con quello si svolge  sulla scena del Teatro Real.
Il regista Dmitri Tcherniakov è noto per le sue regie provocatorie. A Madrid si era già fatto conoscere, nella stagione 2010/2011 con un Eugenio Onegin davanti al quale era sorto il dubbio sulle sue capacità nel comprendere ciò che stesse allestendo e la rabbia dello spettatore che assiste a un suo spettacolo. Non si tratta di essere puristi o realisti ad ogni costo, non si pretende che in toto tutto  quello  appare sulla scena debba rispondere alla realtà delle cose, ma un  minimo  di coerenza sì. Oggi, i sopratitoli fanno male perché lo spettatore capisce ciò che accade sul palco.
La presenza di Google Earth come un occhio vigile del Grande Fratello orwelliano, come lo definisce Tcherniakov, girando su una zona residenziale si fissa su una grande casa in cui si apre una finestra per introdurre lo spettatore in una piccola stanza (così piccola che non si arriva a vedere l’interno per intero), al dramma di ambizione e rimorso di cui saremo testimoni. In realtà, per Tcherniakov, Macbeth è la vittima di un crudele scherzo ad opera degli abitanti della casa o quartiere. Il protagonista viene fatto ascendere al potere per poi portarlo all’eliminazione. Con questa idea registica, ad esempio nelle scene delle streghe, in modo anche visivamente suggestivo, viene utilizzato tutto lo spazio scenico che diventa una sorta di piazza circondata da facciate di edifici grigi: compare un gruppo di uomini e donne, vestiti alla maniera degli anni ’30 con gli stessi colori degli edifici, come un gruppo di persone che passeggia la domenica pomeriggio in una città di provincia, mentre il libretto parla di  filtri e incantesimi magici. Duncan, inspiegabilmente, appare come un personaggio molto basso e grosso con un evidente intento caricaturale: la scena della festa non può svilupparsi per mancanza di spazio, cosicché il coro è costretto a dividersi, una parte in scena, un’altra nella buca dell’orchestra. La celebre scena di Lady Macbeth – quella del sonnambulismo – risulta patetica poiché Violeta Urmana, in pigiama, riesce a malapena a muoversi sulla scena davanti alla ieratica posizione di due domestici che l’osservano. La distruzione finale del palazzo, sembra gruppo di muratori in una casa, più che ricordare gli effetti distruttivi delle armi. Un “assemblaggio” che richiede il libro di istruzioni per farsi intendere… Una messa in scena dovrebbe farsi intendere da sé, senza necessità di spiegazioni.
L’esecuzione musicale è stata molto manchevole, incominciando da un’orchestra con un suono secco e rozzo, carente nell’espressività, fino al punto da risultare quasi spiacevole. Nessuno dubita dell’efficacia e qualità di Teodor Currentzis, ma in questa occasione non si è dimostrato all’altezza del compito. Il baritono greco Dimitris Tiliakos ha incarnato un Macbeth gesticolante, senza forza e debole vocalmente. Insufficiente anche Violeta Urmana, chissà, forse per la scomodità offerta dalla scena: la cosa certa è che ha dato vita ad una Lady Macbeth “annacquata” e, purtroppo, con una vocalità faticosa e gridata. All’interno dell’atonia generale del cast, occorre sottolineare la buona prova del basso-baritono Dimitry Ulianov come Banco, del quale conserviamo un buon ricordo del suo Pimen nel Boris Godunov di questa stessa stagione. Discreto Stefano Secco come Macduff nel suo breve ma brillante intervento.  Corretto il resto del cast: Alfredo Nigro, Marifé Nogales, Yuri Kisin, María Dolores Coll, Celia Marcos Nieto, Raffaele Pisani, Juan Manuel Cifuentes. Complessivamente una serata da dimenticare. Sembrerebbe davvero applicabile il detto a grande attesa, massima delusione.