Modena, Teatro Comunale, Stagione Lirica 2012/13
“IL BARBIERE DI SIVIGLIA”
Commedia con musica in due atti. Libretto di Cesare Sterbini da Le barbier de Seville di Pierre-Augustin Caron de Beaumarchais.
Musica di Gioachino Rossini
Il conte d’Almaviva ENRICO IVIGLIA
Bartolo FILIPPO POLINELLI
Rosina NATALIA GAVRILAN
Figaro CHRISTIAN SENN
Basilio SIMON LIM
Berta NA HYUN YEO
Fiorello/ Un ufficiale DAVIDE PELISSERO
Orchestra e Coro dell’Accademia Teatro alla Scala
Direttore Francesco Angelico
Maestro del Coro Alfonso Caiani
Regia e scene Damiano Michieletto
Regia ripresa da Eleonora Gravagnola
Costumi Carla Teti
Luci Alessandro Carletti
Allestimento della Fondazione Teatro del Maggio Musicale Fiorentino
Coproduzione Fondazione I Teatri di Reggio Emilia, Fondazione Teatro Comunale di Modena
in collaborazione con Accademia del Teatro alla Scala
Modena, 15 febbraio 2013
È stata una serata tutt’altro che tranquilla quella che ha visto la ripresa del Barbiere rossiniano firmato da Damiano Michieletto al Teatro Comunale di Modena, dopo le prime due rappresentazioni nel mese di gennaio al Teatro Valli di Reggio Emilia; tanto più che i primi dissensi sono iniziati subito dopo l’esecuzione della sinfonia. Spiace che nel mare magnum di contestazioni finali sia finita anche Eleonora Gravagnola la cui unica colpa è stata quella di aver riallestito questa regia che, evidentemente, a parte del pubblico modenese non è piaciuta. È però importante sottolineare che uno spettacolo di questo genere presenta indubbi vantaggi. Il primo e più evidente è quello di essere low cost, considerato che la scenografia è costituita per lo più da sedie, ombrelli e una scala. Il secondo è che una regia qui c’è, eccome: e non è poco. Piaccia o meno, ma chi sta in scena sa sempre cosa fare e i personaggi e loro interrelazioni, anche grazie all’apporto dei costumi di Carla Teti, sono ben delineati. Si va da una Rosina briosa in abito rosso con gonna a campana anni ‘50, come di rosso è vestito il Conte di Almaviva, legando così idealmente la coppia mediante la scelta del colore. Il resto dei personaggi, a parte una Berta “servetta sexy”, è visto in un’ottica un po’ “felliniana”, in cui predominano la componente parodistica e grottesca. Don Basilio viene pensato come una sorta di enorme lucertola, Figaro in braghe larghe e gilet ricorda quasi un domatore da circo, impegnato com’è a stringere e spezzare legàmi, mentre Don Bartolo è connotato dal colore bianco, dal vistoso gilet e dalla grossa figura che ne esaspera il presunto potere. Sicuramente enfatizzazioni non nuove ma che emergono nel vuoto della scena. Certo che stride e non poco con la poetica del personaggio il voler rappresentare il Conte come un debole, che soffre di vertigini e costantemente impaurito… con tutto quello cui si sottopone per con conquistare Rosina!
Il disegno che sta alla base della regia, ci dice Michieletto, è quella del viaggio. Durante la sinfonia, arrivano i figuranti con le famose sedie rosse simulando un viaggio in treno con tanto di scosse e sussulti: idem, alla fine dell’opera. Anche durante lo svolgimento dell’opera viene ripresa l’idea, comunque, di un percorso: Rosina saltella su un “sentiero” di cuscini che poi diverranno un letto sul quale sospirare per l’innamorato. Così come il camminare «per la scala dal balcone» avviene sulla solita fila di seggiole.
E qui veniamo ai contro di questo allestimento. A parte l’inevitabile monotonia visiva (ché sposta che ti risposta sempre sedie rimangono e, in questo frangente, a poco valgono le luci di Alessandro Carletti gestite giocoforza su tagli molto ampi), questo continuo assemblaggio e rimontaggio di sedie crea talvolta un caos non da poco, scivolando oltretutto in immagini scontatissime, come quando Rosina di fronte a Don Bartolo letteralmente scaraventa a terra il cerchio di sedie che la circonda, metafora piuttosto ovvia delle costrizioni imposte dal tutore. Un “remar contro” al piacere di ascoltare musica dal vivo. A questo, si devono aggiungere la puzza di fumo delle sigarette accese dei figuranti in attesa “del treno” e quella delle bombolette spray dei due graffitari intenti a disegnare su un telo steso le insegne della bottega di Figaro.
Il cast è composto in massima parte da artisti provenienti dall’Accademia di Perfezionamento per Cantanti Lirici del Teatro alla Scala. Natalia Gavrilan, prevista nel ruolo di Rosina, viene annunciata indisposta. Viene sostituita da José Maria Lo Monaco, impegnata nelle settimane precedenti nella produzione del Barbiere al Comunale di Ferrara, la quale viene a sua volta annunciata lievemente indisposta. Nell’attesa di poterla ascoltare quindi pienamente ristabilita, vi rimandiamo alla recensione della recita ferrarese, recensione che non si discosta da quanto abbiamo potuto sentire a Modena. Il migliore della serata è stato senz’altro Simon Lim nei panni di Don Basilio: nonostante una dizione perfettibile, ha mostrato voce omogenea, sorretta da bella emissione e sufficientemente ampia. A Enrico Iviglia è mancata la dimensione eroico-amorosa del Conte di Almaviva ben inserendosi nella visione di Michieletto ma snaturando completamente il personaggio: la voce è suonata querula, spesso spoggiata e fissa negli attacchi con agilità accennate. Filippo Polinelli, Don Bartolo, è risultato un po’ opaco nel registro grave e impacciato nei sillabati. Christian Senn, nonostante qualche “esubero” forse dovuto anche alla vis registica, è stato un Figaro complessivamente accettabile. La Berta di Na Hyun Yeo si è imposta a suon di acuti striduli al Finale I e per l’anonimia con cui ha eseguito l’arietta. Completava il cast Davide Pelissero (Fiorello/Un ufficiale). A Francesco Angelico va dato atto di aver saputo gestire tempi, dinamiche e rapporto con la scena con accortezza: l’esecuzione non è stata certo priva di mende (un po’ “calcata”, ad esempio, l’esecuzione del temporale) ma complessivamente più che godibile. Orchestra e Coro dell’Accademia Teatro alla Scala hanno ben figurato.
Teatro pressoché gremito da un pubblico che ha trovato la forza di applaudire con convinzione solo Senn e Lim; applausi di circostanza per gli altri misti a dissensi per Iviglia, Gravagnola e Angelico. Foto Alfredo Anceschi