Firenze, Teatro Comunale, 76° Festival del Maggio Musicale Fiorentino
Orchestra e coro del Maggio Musicale Fiorentino
Direttore Zubin Mehta
Maestro del coro Lorenzo Fratini
Soprano Julianna Di Giacomo
Mezzosoprano Ekaterina Gubanova
Tenore Giorgio Berrugi
Basso René Pape
Giuseppe Verdi:Messa da Requiem, per soli, coro e orchestra
Firenze, 16 maggio 2013
Tra gli eventi clou del Maggio Musicale Fiorentino, che quest’anno celebra i suoi 80 anni dalla sua fondazione, è senz’altro da segnalare l’atteso concerto del monumentale Requiem di Verdi. Concerto, a dire il vero, non propriamente nato sotto benigna stella: Daniel Barenboim ha dovuto rinunciare all’impegno a causa di problemi fisici e, per effetto domino, hanno dato forfait anche i già annunciati Anna Samuil e Johan Bohta sostituiti, rispettivamente, da Julianna Di Giacomo e Giorgio Berrugi.
In un Maggio che vive il suo festival praticamente ad un bivio, l’esecuzione di una tale pagina guidata dal suo direttore onorario a vita che si appella a dritta e a manca per la sua sopravvivenza, viene vissuta in maniera molto sentita sia dai lavoratori che dal pubblico che ancora una volta ha dimostrato con la sua calorosa partecipazione il suo amore verso una tale istituzione culturale apprezzata in tutto il mondo quanto non a dovere qui in Italia. Fa impressione constatare che questo Requiem torna a Firenze in un momento così drammatico per il suo Maggio quando l’ultima esecuzione fiorentina segnò la chiusura del festival nel 2009 a pochi giorni dalla strage ferroviaria viareggina che commosse l’Italia. In virtù di quanto appena esposto l’esecuzione di Zubin Mehta che si è potuta ascoltare in quest’occasione è parsa fin dal mesto inizio molto partecipata e vibrante di sincero sentimento. Il direttore ha saputo creare una tensione che ha lasciato il pubblico col fiato sospeso per tutto il tempo dell’esecuzione fino ai meditativi accordi finali. Complici anche l’orchestra e il coro che sono parsi in piena forma: due entità la cui omogeneità e il cui vicendevole affiatato garantiscono un’esecuzione magistrale e toccante allo stesso tempo garantendo dal memorabile risultato finale. È però al coro che va una nota di merito in quanto è quello che più di tutti ha saputo tirar fuori un’espressività e una ricchezza di colori inaudita raggiungendo il culmine della partecipazione nel trascinante “Lacrimosa”. Da ciò ne consegue una doverosa nota di merito al suo maestro Lorenzo Fratini.
Buoni tutti i quattro solisti chiamati a partecipare. Julianna Di Giacomo è un soprano dal timbro luminoso le cui sonorità si integrano a pennello con lo spirito della partitura verdiana. Non mancano momenti di difficoltà, comunque giustificabili con la repentina sostituzione alla quale si è offerta in luogo di Anna Samuil. Ekaterina Gubanova torna sul palco del Comunale dopo gli impegni del recente Don Carlo in forma di concerto nel ruolo della Principessa Eboli. Si distingue per il suo particolare colore vocale, ricco di armonici e per un gusto riflessivo, attento alle sfumature, ma non privo della adeguata solennità. Non va però evidenziata una certa tendenza da parte delle Gubanova a una eccessiva libertà ritmica. Un gradino sotto, la prova del tenore Giorgio Berrugi che non riesce pienamente ad impostare la sua presenza vocale alla pari con i suoi colleghi. La voce è timbricamente interessante ma palesa una evidente tensione nel registro acuto che appare spesso teso e sforzato. Anche per il tenore, così come per il soprano, è da apprezzare l’impegno profuso nel sostituire all’ultimo momento il rinunciatario Bohta con tutte le difficoltà ne conseguono. Nel cast spicca il nome di René Pape, basso che ha modellato la sua voce nel corso della sua carriera soprattutto nel repertorio wagneriano e che giunge ad interpretare Verdi con grande perizia di fraseggio non disgiunta da una pregevolissima linea di canto. Un trionfo finale e ben meritato per tutti gli artefici di questo concerto, in particolare per il coro che ha ricevuto un boato come raramente è avvenuto in passato. Ovazione per il maestro Mehta che in una delle chiamate si presenta con la maglietta “Io sono il Maggio” creata ad hoc dai lavoratori della fondazione ormai alla vigilia delle sue 119 maestranze in esubero, compreso l’intero corpo di ballo di MaggioDanza che rischia di chiudere i battenti dopo ottant’anni di gloriosa storia. Il trionfo per la toccante esecuzione si trasforma così in un’ennesima serata in cui lavoratori e pubblico cercano per l’ennesima volta di far sentire la loro voce e il loro estremo attaccamento al loro teatro in questi suoi tempi bui che paiono non voler giungere alla fine. Dal palco d’onore, invece, discreto abbandono dei posti subito dopo i convenzionali e composti applausi di circostanza.