Sembra impossibile immaginare Alida Ferrarini, ora affermato soprano, nelle vesti di cantante di musica leggera, sentirla cantare “Datemi un martello” invece di “Caro nome” del Rigoletto, o ancora “La cartuccia che non va” al posto di “Ah non credea mirarti dalla Sonnambula. Questo inaspettato passato “leggero” segna invece i primi anni di carriera di Alida Ferrarini. Una carriera precoce, ma comprensibile, se si pensa che, in casa Ferrarini, villafranchese “purosangue”, la musica è per così dire un “affare di famiglia”: con un padre violinista e tenore dilettante e dei fratelli altrettanto portati per il canto, anche Alida, volente o nolente, non può sottrarsi all’approccio musicale. Anzi proprio per lei il padre prospetta la carriera canora. Così si inizia con la musica leggera: concorsi, dei quali quali Alida spesso e volentieri è la vincitrrice, e anche l’incisione di due 45 giri. Ma se è vero che esiste il destino, questo si presenta nelle vesti del celebre tenore Tito Schipa, che incrocia l’allora tredicenne Alida, in uno dei vari concorsi canori. Il celebre cantante scopre nella giovane cantante un talento e si prospettano per Alida gli studi seri al Conservatorio; entra nel coro areniano dove resta per tre stagioni per “farsi le ossa”.
Si arriva così al 1974, l’anno in cui Alida ha il suo debutto ufficiale, come Mim’ nella Bohème al Comunale di Treviso. Anche per lei gli inizi non sono facili. La giovane cantante ne approfitta per studiare il repertorio e rafforzare la tecnica. Le attenzioni che le presta l’allora sovrintendente Carlo Alberto Cappelli, le prime esperienze nei teatri francesi e tedeschi, caratterizzano il giudizioso procedere della carriera di questa cantante, fino al 1984, anno in cui Alida balza agli occhi e agli orecchi di tutti, interpretando il ruolo di Micaela nella Carmen alla Scala di Milano, sotto la direzione di Claudio Abbado. Ora che sono trascorsi ben 16 anni dal suo esordio, Alida può tranquillamente vantare uno strumento vocale stupendamente soave, percorso da lievi sussulti soavi, che fanno sì che la sua Micaela o Gilda, personaggi che più di altri l’hanno fatta conoscere nei maggiori teatri del mondo, trovino nella sua voce una limpida purezza di sentimenti, espressi in una vocalità preziosa e tornita, quanto toccante ed emotiva. Un canto che, come ha affermato il direttore d’orchestra Carlo Franci, “placa gli animi”. La voce di Alida è lo specchio diretto di quello che è il suo carattere di donna mite, dolcemente femminile, ma anche insicuro, con il timore di non sentirsi mai all’altezza della situazione. Così ogni qual volta deve affrontare un’opera nuova, Alida si sommerge di dubbi e paure, spesso infondati, ma sufficienti a volte a farla desistere dall’impresa. Questo aspetto negativo del suo carattere, rivela altresì il grande senso di perfezione che anima il lavoro di questa artista, mai lasciato a scelte irrazionali, o casuali. Anche questo traspare chiaramente nella voce di Alida, che abita ancora in “pianeti inviolati”: la radiosità che esprime guarda ancora verso cieli sereni, ignari delle “tenebre” dei facili arrivismi. Ritratto scritto e pubblicato su “Verona Magazine” il 15 luglio 1990, in occasione delle rappresentazioni di Carmen all’Arena di Verona