“Dido and Aeneas” alle Terme di Carcalla

Teatro dell’Opera di Roma, Terme di Caracalla – Palestra Orientale, Stagione estiva 2013
“DIDO AND AENEAS”
Opera in un prologo e tre atti. Libretto di Nahum Tate, tratto dall’Eneide di Virgilio
Musica di Henry Purcell
Didone o Elissa, regina di Cartagine SERENA MALFI
Belinda, dama di compagnia KIANDRA HOWARTH
Seconda donna LAURA CATRANI
La maga ALDA CAIELLO
Enea, principe troiano JACQUES IMBRAILO
Prima strega ELEONORA DE LA PEŇA
Seconda strega BENEDETTA MAZZUCCATO
Uno spirito, sotto forma di Mercurio RICCARDO ANGELO STRANO
Un marinaio RICCARDO PISANI
Orchestra e Coro del Teatro dell’Opera di Roma
Direttore Jonathan Webb
Maestro del Coro Roberto Gabbiani
Regia Chiara Muti
Scene Mario Torre
Costumi Alessandro Lai
Movimenti coreografici Micha Van Hoecke
Luci Vincent Longuemare
Roma, 13 giugno 2013
Suggestiva cornice per un titolo sicuramente insolito per l’inaugurazione della Stagione estiva del Teatro dell’Opera di Roma, la Palestra Orientale delle Terme di Caracalla ha ospitato in questi giorni la rappresentazione dell’opera “Dido and Aeneas” di Henry Purcell. Il capolavoro dell’opera barocca inglese, raramente rappresentato in Italia, è stato proposto al pubblico romano in un’area più raccolta delle Terme di Caracalla, dove già lo scorso anno era stata presentata una rivisitazione del “Combattimento di Tancredi e Clorinda” di Monteverdi.
“Dido and Aeneas” è un’opera particolare; in nemmeno un’ora di musica si concentrano eventi di grande profondità tragica: l’attesa di Didone, l’arrivo di Enea, il loro breve ma intenso amore e l’abbandono da parte del principe troiano per voleri sovrannaturali, infine la morte della regina di Cartagine. E la musica che accompagna questi eventi è sublime, in una concisione drammatica potentissima che rende eterni i personaggi. La regista Chiara Muti, coadiuvata molto bene da Mario Torre per le scene, da Alessandro Lai per i costumi e da Vincent Longuemare per le luci, è riuscita a creare un’ambientazione suggestiva, sfruttando le vestigia romane come sfondo naturale. Così una semplice pedana circolare costituisce l’unico elemento scenico su cui si trova dapprima il trono di Didone, poi l’alcova degli amanti, quindi la caverna delle streghe, la nave di Enea, infine nuovamente il trono vuoto, abbandonato dalla regina. Il tutto inserito in una cornice di teatro nel teatro, simulando una rappresentazione di corte del periodo elisabettiano. Il Coro, all’inizio, avanza del fondo e, come spettatore in abito secentesco inglese, dopo una simpatica baruffa, si asside sui seggi di un immaginario teatro ad assistere al dramma di Didone. Quindi ad accompagnare le gesta tragiche dei due innamorati, assume anche sembianze tipiche della Commedia dell’arte con riferimenti evidenti al Sogno di una notte di mezza estate di Shakespeare. Naturalmente, anche i protagonisti vestono abiti del periodo elisabettiano, anzi propriamente tipici del teatro di Shakespeare ed Enea stesso ricorda molto da vicino le fattezze del sommo poeta inglese. Qualche ingenuità nella recitazione si è avvertita, soprattutto nel personaggio di Didone, che sembra talora una eroina di una moderna fiction, come nel finale, in quella lunga, estenuante uscita di scena che, se inizialmente appare molto suggestiva, un fuggire via dal suo mondo anziché darsi la morte, poi si è prolungata un po’ troppo, realizzando un effetto leggermente stucchevole. Nel complesso, comunque la serata è risultata godibilissima.
Ottima la direzione d’orchestra del maestro inglese Jonathan Webb, che, nonostante la posizione laterale dell’orchestra, è riuscito ad ottenere una sintonia molto efficace con il palcoscenico. Il Maestro, profondo conoscitore dell’opera inglese, in particolare di Britten, moderno prosecutore dell’opera di Purcell, è riuscito ad evocare delle sonorità talora misteriose, talora profondamente liriche  o di carattere più leggero, quasi da commedia, nella scena delle streghe, anche in una situazione particolare come è quella del teatro all’aperto, con i connessi problemi di amplificazione. Buona la prestazione del Coro, guidato dal Maestro Roberto Gabbiani.
Tra i cantanti si è imposta la prestazione del giovane baritono sudafricano Jacques Imbrailo, nel ruolo di Aeneas. Dotato di un bel timbro virile, ma carezzevole nello stesso tempo, ha creato un personaggio molto aderente alle caratteristiche richieste per il ruolo, complice anche una prestanza fisica non indifferente e una padronanza scenica di livello tale da spiegare la folle attrazione di Didone per il principe troiano. Nei panni della regina di Cartagine, il giovanissimo soprano Serena Malfi, è apparsa lievemente incerta all’inizio, quindi nel corso dell’opera è cresciuta, sfoggiando doti di lirismo appassionato e dolente, nel duetto con Enea e soprattutto nel finale dell’opera. Peccato una ingenuità recitativa che, oltre al finale già menzionato, in più parti dell’opera la rendevano un po’ enfatica, con pose statuarie alla Francesca Bertini. Ottima la Belinda di Kiandra Howarth: la cantante australiana ha offerto una grande prova di capacità sia vocale che scenica rendendo fortemente appassionata la confidente di Didone. La maga di Alda Caiello è apparsa pienamente a suo agio in un ruolo fondamentale nello sviluppo del dramma e volutamente sopra le righe, sia dal punto di vista vocale che scenico. Discreti gli altri personaggi, con una menzione particolare per il giovane controtenore Riccardo Angelo Strano, nel brevissimo ma importante ruolo dello Spirito. Alla fine calorosi applausi per tutti.