Verona, Arena, Festival del Centenario 2013
Orchestra e Coro dell’Arena di Verona
Direttore Daniel Oren
Maestro del Coro Armando Tasso
Soprani: Inva Mula, Pretty Yende, Irina Lungu, Ana Maria Martinez, Carmen Giannatasio
Tenori: Giuseppe Filianoti, Stefan Pop
Baritono: Placido Domingo
Bassi: Orlin Anastassov, Vitalij Kowaljow
Musiche di: Giuseppe Verdi, Umberto Giordano, Gaetano Donizetti, Francesco Cilea, Charles Gounod, Georges Bizet, Giacomo Puccini, Manuel Penella
Verona, 20 agosto 2013
Si è celebrato in Arena il ventesimo anniversario del prestigioso concorso lirico internazionale Operalia. Il Gala ha visto come protagonisti Placido Domingo –ideatore e creatore della competizione – e alcuni degli artisti che negli anni ne sono risultati i vincitori, ora lanciati verso una carriera internazionale. Palcoscenico totalmente vuoto e spoglio per il Maestro e per i suoi pupilli, in una serata che sulla carta pareva essere all’insegna della grande qualità, ma che ha riservato in questo senso non poche sorprese. Già dalle prime note della sinfonia di Nabucco – in apertura del programma diretto da Daniel Oren- risulta evidente un eccessivo uso di amplificazione, che appiattisce gli impasti sonori delle sezioni orchestrali, dandoci quasi l’impressione di un playback e creando alcuni problemi di eco all’interno dell’anfiteatro, complice forse anche la totale assenza di scene. Con l’ingresso in scena dei solisti la situazione non migliora, le voci rimarranno massicciamente amplificate per tutto il corso della serata, sfalsando ogni in tipo di considerazione e giudizio in merito a questioni di volume e proiezione vocale reali in rapporto allo spazio areniano.
Domingo sale per primo sul palco, offrendo un’interpretazione di “Nemico della patria?!” (Andrea Chénier) senza sbavature e di grande maturità musicale, drammatica e intensa. Se però durante il Gala del 15 Agosto il piglio ed i colori vocali di tenore – che sempre e comunque caratterizzano il suo approccio al repertorio baritonale – si erano rivelati abbastanza efficaci per le pagine dal Simon Boccanegra in programma, questi non sono stati altrettanto convincenti nell’aria dallo Chénier, la cui resa accettabile passa, a nostro avviso, necessariamente attraverso quel timbro scuro, ma al contempo pieno e intenso tipico del vero baritono drammatico e che con la vocalità di Domingo ha poco a che fare. Complice forse la stanchezza dovuta a un periodo quanto mai ricco di impegni, il Maestro – nonostante un’immensa presenza scenica e una personalità musicale tale da adombrare chiunque tra gli altri protagonisti della serata – ha affrontato le pagine in duetto in programma con voce spesso poco centrata e piuttosto monocorde, da cui è sembrato riprendersi per ritrovare il giusto smalto soltanto nel bis, tratto dall’opera El Gato Montès di Manuel Penella.
Anche le altre voci maschili si sono rivelate al di sotto delle aspettative. Delude Giuseppe Filanoti ne “È la solita storia del pastore” dall’Arlesiana di Cilea. Si apprezza il colore luminoso della voce, al quale però fa da contraltare una intonazione incerta e una linea di canto marcatamente stentorea che va a ledere il carattere stesso della pagina. Più morbido il suo approccio nel duetto con Domingo da La Bohème (In un coupè?), ma permangono evidenti i problemi di intonazione. Nel Macbeth, Orlin Anastassov è un Banco poco interessante per “Studia il passo, o mio figlio!… Come dal ciel precipita”, appare in affanno e – a un cenno di Oren – è costretto, dopo poche note, a farsi ancora più vicino ai microfoni posti sul bordo del proscenio. Alla stessa tecnica di “fade-in” deve ricorrere anche il giovane tenore Stefan Pop, piuttosto a disagio sul palco areniano. La voce di Pop si presenta po’ immatura nel duetto dai Pescatori di Perle di Bizet cantato con Domingo. Si nota una certa difficoltà, soprattuto nel porgere le frasi e nel controllo del canto legato. Nella “Gelida manina” pucciniana (che ha regalato a Pop la vittoria dell’edizione 2010 di Operalia) si evidenzia una voce di scarsa espansione e con un registro acuto che tende a “sbiancarsi”. La migliore performance tra le voci maschili è quella di Vitalij Kowaljow, efficace in “Vieni: la mia vendetta… Qualunque sia l’evento” (Lucrezia Borgia di Donizetti) a lui ancor più congeniale del “Leb Wohl” interpretato in occasione del Gala Domingo-Harding. La voce ci è apparsa qui più centrata, accompagnata da ottima proprietà di fraseggio e omogenea nell’emissione.
Complessivamente migliori le voci femminili. Pretty Yende – unica interprete (forse soltanto per sbaglio?) totalmente non amplificata – con una voce piuttosto piccola, ma ben emessa, raffinata nel fraseggio, ha ben cesellato “O luce di quest’anima” dalla donizettiana Linda di Chamounix (seppur commettendo qualche imprecisione nell’intonazione dei sovracuti). Irina Lungu interpreta con eleganza stilistica e il giusto pathos: “Dieu!… Amour ranime mon courage” dal Roméo et Juliette di Gounod. Nella successiva, celebre scena di Violetta de La Traviata (“È strano!… è strano… Follie! Follie! … Sempre libera”) fraseggia con varietà di accenti e colori. La voce è piena e omogenea e risolve la cabaletta con un dominio pressochè assoluto delle agilità, riscuotendo ovazioni di pubblico. Complessivamente positiva la prova di Inva Mula, impegnata in “O Dieu! Que de bijoux!… Ah! Je ris” dal Faust. La Mula è indubbiamente una cantante di classe e anche qui, nonostante un evidente affievolimento dello strumento, evidenzia la sua capacità di caratterizzazione della pagina, grazie anche a un fraseggio rifinito e intellegibile. Ana Maria Martinez nel duetto da Traviata, si domostra una Violetta espressivamente duttile e partecipe accanto al Germont piuttosto spaesato di Domingo. La Martinez ha comunque dato il meglio di sè nel duetto (sempre con Domingo) dalla zarzuela El Gato Montes di Penella (non a caso la cantante era stata la vincitrice di questa sezione all’Operalia del 1995). Ultima interprete a salire sul palco è Carmen Giannattasio: una Leonora del Trovatore intensa negli accenti nell’interpretazione di “Tacea la notte placida…”, grazie a un bel timbro scuro, pieno e raffinato, unito a grande lirismo nell’evidenziare la linea del canto. Sicura nelle agilità della cabaletta (“Di tale amor “), la Giannattassio ha confermato queste qualità nel successivo duetto con Domingo (“Mira di acerbe lagrime”) sempre dal Trovatore. Sicuramente è stata una delle voci più interessanti della serata. Daniel Oren dirige l’Orchestra della Fondazione Arena col consueto piglio energico, propendendo per i consueti tempi esasperatamente lenti. L’intesa tra direttore, orchestra e solisti rende spesso e volentieri piuttosto evidente l’altrettanto consueta quasi totale assenza di prove. Tutti i solisti insieme sul palco per il bis finale con il sestetto “Chi mi frena in tal momento” dalla Lucia di Lammermoor (con una un po’ troppo massiccia presenza sopranile) hanno ricevuto l’ultimo caloroso abbraccio di un’Arena non certo da “tutto esaurito”, ma prodiga di applausi e partecipe. Foto Ennevi per Fondazione Arena