Verona, Teatro Ristori: Enrico Dindo, tra Haydn e Beethoven

Verona, Teatro Ristori, Fondazione Arena. Stagione Sinfonica 2013-2014
Orchestra dell’Arena di Verona
Direttore e violoncello Enrico Dindo
Franz Joseph Haydn: Concerto per violoncello e orchestra Hob. VIIb:2 in re maggiore,  Concerto per violoncello e orchestra Hob. VIIb:1 in do maggiore
Ludwig van Beethoven:  Sinfonia n. 8 in fa maggiore op.93
Verona, 23 Novembre 2013
Protagonista del terzo appuntamento della rassegna sinfonica della Fondazione Arena – che nella cornice del Teatro Ristori propone una panoramica delle opere maggiori dei grandi padri del classicismo- è il violoncellista Enrico Dindo nella duplice veste di direttore e solista.  In apertura di concerto Dindo dà prova di grande resistenza e  solidità tecnica, e dimostra una ragguardevole personalità musicale affrontando d’un fiato i due concerti per violoncello e orchestra di Franz Joseph Haydn.
Nel concerto in re maggiore Hob. VIIb:2, il solista risolve con grande disinvoltura i complessi passaggi tecnici trovando nella compagine orchestrale areniana un valido supporto alle proprie idee musicali. Seppure alcune transizioni nel registro acuto dello strumento non siano sempre perfette per intonazione, la coerenza del discorso musicale rende apprezzabilissima l’interpretazione del violoncellista torinese, in un’attitudine espressiva forse sopra le righe dei canoni interpretativi classici ma applauditissima dal pubblico presente in sala. Se il concerto in re maggiore (scritto da Haydn nel 1783, in periodo di ormai raggiunta maturità musicale) è caratterizzato da una fluidità e chiarezza di scrittura tipicamente classica, il concerto in do maggiore Hob. VIIb:1 (scritto quasi vent’anni prima) vede ancora prevalere la struttura barocca di un concerto basato sull’alternanza di solo e tutti. Per quanto forse tecnicamente meno impegnativo del concerto n. 2, anche quello in do maggiore presenta passaggi di virtuosismo brillante seppur mai ostentato: qui Dindo ci pare maggiormente a suo agio, conciliando in maniera più convincente il ruolo solistico con quello di direttore e riscuotendo un entusiastico e prolungato consenso da parte del pubblico. Prima dell’intervallo due encore tratti dal repertorio bachiano, l’Allemanda dalla suite n. 6 BWV 1012 e il celebre Preludio dalla suite n. 1 BWV 1007, eseguiti col gusto e l’eleganza di un interprete nel pieno della sua maturità artistica.
Nella seconda parte della serata – deposto il violoncello – Dindo impugna la bacchetta per assumere la guida dell’orchestra nella Sinfonia n. 8 in fa maggiore, op. 93 di Ludwig van Beethoven, scelta di programma consequenzialmente logica e coerente. Purtroppo il risultato non ci pare all’altezza di quanto ascoltato nella prima parte del concerto, a partire dall’incipit del sinfonia: Dindo attacca in modo poco chiaro e l’orchestra inizia in modo scomposto e tutt’altro che compatto. Nonostante gli ottimi spunti musicali proposti, che confermano l’indiscutibile carattere dell’interprete soprattutto nel Tempo di minuetto centrale, sembra mancare ancora in parte il controllo dei piani sonori e delle sezioni orchestrali necessario per la direzione del repertorio beethoveniano. Segnaliamo inoltre un aspetto che si è rivelato una costante delle tre performance finora ascoltate, i problemi di intonazione che interessano la sezione degli archi. Caloroso congedo per Enrico Dindo, salutato dai molti applausi di una platea al completo. Foto Ennevi per Fondazione Arena